Guerra a Gaza, Israele punta ai "piani alti" di Hamas. Ma a morire sono i bambini
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Guerra a Gaza, Israele punta ai "piani alti" di Hamas. Ma a morire sono i bambini

Gaza, la guerra è entrata nel suo quinto giorno. E Israele punta ai “piani alti” di Hamas. Nella più grande operazione contro Gaza effettuati 50 'round' di bombardamenti terrestri e aerei in 40 minuti.

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

14 Maggio 2021 - 16.25


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Gaza, la guerra è entrata nel suo quinto giorno. E Israele punta ai “piani alti” di Hamas. Nella più grande operazione contro Gaza dall’inizio della nuova escalation militare, Israele ha effettuato 50 ‘round’ di bombardamenti terrestri e aerei in 40 minuti. Lo ha riferito l’esercito – come riporta l’Agi – spiegando che negli attacchi sono stati utilizzati 160 aerei, artiglieria e fanteria. Le milizie palestinesi hanno lanciato all’alba altri 50 razzi verso Israele.   Secondo i media arabi, gli aerei israeliani stanno prendendo di mira le case della Striscia di Gaza degli alti comandanti di Hamas, compreso il vice comandante del braccio armato del gruppo. “Gli aerei da guerra israeliani hanno bombardato le case del vice comandante delle Brigate Al Qassam, Marwan Issa, e del comandante, Ayman Nofal, nel campo profughi di Al Bureij a Gaza City”, ha riferito la tv Al Araby.

Raid senza fine

 Non è chiaro se Issa o Nofal siano stati uccisi. “Sono 119 i civili palestinesi che sono stati uccisi a Gaza, compresi 31 bambini, e nel sud di Israele sono stati uccisi 7 civili israeliani, compresi 2 bambini”, annuncia Save the Children in un comunicato. Save the Children denuncia che “mentre i bombardamenti a Gaza e nel sud di Israele continuano, si conferma che almeno 31 scuole e una struttura sanitaria a Gaza sono state danneggiate dagli attacchi aerei israeliani. Le 31 scuole di Gaza sono frequentate da oltre 24mila bambini. Una scuola è stata danneggiata da razzi nel sud di Israele, dove tutte le lezioni sono state sospese a causa di questa violenza che ha colpito migliaia di bambini. 

I palestinesi che vivono lungo i confini nord ed est di Gaza stanno scappando da intensi bombardamenti israeliani. Portando con sé in spalla rifornimenti, si sono spostati in rifugi temporanei a Gaza City, mentre i colpi dell’artiglieria israeliana si abbattono su Gaza nel tentativo di distruggere una vasta rete di tunnel dei militanti. L’assalto ha portato le linee del fronte più vicine a zone densamente abitate da civili e spiana la strada per una potenziale invasione di terra. Le famiglie in fuga arrivano a bordo di pickup, asini e a piedi in una scuola gestita dalle Nazioni Unite, portando con sé cuscini, padelle, coperte e pane.

 In totale sono oltre 2mila i razzi partiti dall’enclave dall’inizio delle ostilità. Dall’altra parte, per tutta la notte circa 160 aerei dell’Idf (le Forze di difesa israeliane) hanno colpito oltre 150 “obiettivi sotterranei” nel nord della Striscia di Gaza, come si legge in un comunicato delle Forze armate. Mentre continua a crescere il numero delle vittime.

Proseguono anche le violenze tra la popolazione araba della Cisgiordania e la polizia: un altro palestinese di 25 anni è stato ucciso oggi dal fuoco di militari israeliani durante gli incidenti a Yabed. Si tratta della seconda vittima della giornata.

 L’esercito israeliano ha confermato che le sue truppe non sono entrate nella Striscia, dopo le notizie che indicavano l’inizio di un’offensiva di terra. “C’è stata una mancanza di comunicazione interna”, ha dichiarato il portavoce militare Jonathan Conricus, che si è assunto la responsabilità. Il ministero della sanità di Gaza ha fatto sapere che i morti nella Striscia sono saliti a 119, di questi 31 sono bambini e 19 donne. I feriti sono 830.  Entra dunque in una nuova fase la guerra tra Israele e Hamas con l’offensiva lanciata nella notte dalle forze aeree e terrestri dello Stato contro l’enclave palestinese. Non un’invasione, come ha precisato l’esercito dopo “un errore di comunicazione” sull’ingresso di truppe nella Striscia di Gaza, ma intensi bombardamenti dell’artiglieria e dei caccia a cui il movimento islamico ha risposto con il lancio di oltre 50 razzi verso le città costiere di Ashdod e Ashkelon e vicino all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv.      “Ho detto che avremmo fatto pagare un prezzo molto alto ad Hamas, lo facciamo e continueremo a farlo con grande intensità”, ha assicurato il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, “l’ultima parola non è stata detta e questa operazione proseguirà per tutto il tempo necessario”. Ad aggravare il quadro c’è stato anche il lancio dal Libano di razzi diretti verso Israele ma finiti in mare.     

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Diplomazia cercasi

 La diplomazia, intanto, stenta a far sentire la sua voce. Per domenica pomeriggio è stata convocata una riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu in videoconferenza che si sarebbe dovuta tenere venerdì, come richiesto da Tunisia, Norvegia e Cina. Erano stati gli Stati Uniti a opporsi a questa data chiedendo uno slittamento alla prossima settimana “per dare tempo alla diplomazia”.    Guterres, Onu: “Cessino immediatamente le ostilità a Gaza” “In segno di rispetto per lo spirito di Eid, chiedo un’immediata cessazione delle ostilità a Gaza e in Israele”. Lo scrive in un tweet il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, facendo riferimento alla festa musulmana di Eid al-Fitr, che arriva alla fine del mese di digiuno del ramadan. “Troppi civili innocenti sono già morti”, aggiunge Guterres, che sottolinea inoltre come “questo conflitto non può che aumentare la radicalizzazione e l’estremismo in tutta la regione”.  Washington appare in una posizione di imbarazzo – scrive l’Agi -, stretta fra l’appoggio all’alleato israeliano e la necessità di mantenere una posizione equilibrata per evitare l’isolamento.Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha espresso “profonda preoccupazione per la violenza nelle strade di Israele”. “Riteniamo che israeliani e palestinesi abbiano diritto in eguale misura a libertà, sicurezza, dignità e prosperità”, ha aggiunto il capo della diplomazia Usa.  Gli Stati Uniti hanno invitato i propri cittadini a riconsiderare eventuali viaggi verso Israele e i Territori palestinesi alla luce dell’escalation di violenze e combattimenti nella regione. Il Dipartimento di Stato l’allerta viaggi dal livello due a quello tre, che prevede appunto di “riconsiderare” i viaggi. “Proteste e violenze possono continuare, alcune senza nessun preavviso”, si legge nel ‘warning’. È di 374 arresti il bilancio degli scontri fra israeliani e palestinesi e dei disordini fomentati da militanti di estrema destra dello Stato ebraico in diverse città di Israele, sullo sfondo dell’escalation militare con Hamas iniziata lunedì. Le violenze proseguono in molte città con forte presenza araba come Lod, Acre e Haifa.    A Musmus, vicino Haifa, la polizia ha arrestato 12 residenti per sassaiole e danneggiamenti. Due persone armate di coltello sono state arrestate a Tel Aviv e altri 13 arresti sono stati eseguiti a Beersheba. A Bat Yam, vicono a Tel Aviv, è stato diffuso il video dell’aggressione di estremisti israeliani a un arabo che rimane per terra privo di sensi. Le sue condizioni sono gravi ma stabili, ha riferito l’ospedale Ichilov di Tel Aviv.    A Lod è stato dichiarato lo stato d’emergenza dopo gli attacchi a una sinagoga e a proprietà di ebrei e l’uccisione di un arabo. Soldati di Israele sparano su manifestanti in Cisgiordania Decine di palestinesi feriti dalle forze di occupazione israeliane in tutta la Cisgiordania occupata, nelle proteste contro l’aggressione israeliana su Gaza e Gerusalemme, secondo fonti mediche scrive l’agenzia di stampa palestinese Wafa. A Jenin, nel nord della Cisgiordania occupata, l’esercito di occupazione israeliano ha aperto il fuoco contro i palestinesi che manifestavano al checkpoint di al-Jalameh, a nord di Jenin, ferendo dieci palestinesi con proiettili vivi e causando molti casi di intossicazione per inalazione di gas. Altre sparatorie a  Ulkarm, nel nord-ovest della Cisgiordania, e a Nablus, al checkpoint di Huwwara, a sud della città: i soldati hanno sparato proiettili veri e proiettili di acciaio rivestito di gomma, ferendo due palestinesi con munizioni vere e molti altri con quelle di gomma.  

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Stanotte la notizia dell’inizio di un’invasione di terra aveva riportato alla memoria la sanguinosa operazione Protective Edge del 2014. Ma un’ora dopo, intorno all’1 di notte, l’esercito di Israele ha smentito la notizia che i suoi portavoce avevano diffuso, specificando che i suoi soldati avrebbero continuato a sferrare attacchi aerei come fatto fino ad oggi, in risposta ai razzi lanciati da Hamas e dal Jihad Islamico dall’enclave palestinese.

Una gaffe comunicativa, quella di Tsahal, l’esercito dello Stato ebraico,  che però nasconde la tensione crescente tra le parti, con i soldati di Tel Aviv ormai da giorni ammassati al confine con la lingua di terra governata da Hamas, pronti all’invasione. Intorno alla mezzanotte, il portavoce militare Jonathan Conricus aveva fatto sapere che le truppe erano entrate dal nord della Striscia, pur non fornendo particolari sull’operazione e invitando chiunque si trovasse in territorio israeliano entro 4 chilometri dalla frontiera a entrare “in un rifugio e vi resti fino a nuovo ordine”. Ma poco dopo si è smentito dicendo che “attualmente non ci sono truppe di terra all’interno della Striscia di Gaza”: “L’aviazione e le truppe di terra stanno attualmente conducendo attacchi su obiettivi nella Striscia”, ha detto Conricus, adducendo “un problema di comunicazione interno“.

Il ministro israeliano della Difesa, Benny Gantz, ha incontrato il capo di Stato Maggiore , generale Aviv Kochavi, e il direttore generale del ministero della Difesa, Amir Eshel, insieme ad altri esponenti dell’apparato della difesa israeliano. Lo riporta il Jerusalem Post, mentre proseguono le operazioni contro Hamas nella Striscia di Gaza e mentre in Israele continuano a scattare le sirene di allarme per attacchi con razzi dall’enclave palestinese. Il giornale parla di una riunione dopo gli attacchi della notte scorsa e «in vista del proseguimento dell’operazione `Guardiani delle mura´».

Israele ha rifiutato una richiesta di mediazione per arrivare a un «cessate il fuoco» avanzata da una delegazione ufficiale egiziana. Lo riferisce la tv araba Al Jazeera. Secondo la fonte il no israeliano sarebbe stato motivato con la volontà di indebolire la capacità offensiva di Hamas nella Striscia di Gaza. Solo una volta raggiunto questo obiettivo il dialogo potrà riprendere. Un invito a far tacere le armi è arrivato anche dal presidente francese Macron.

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Una guerra asimmetrica

La guerra in corso fra Israele e i gruppi palestinesi viene considerata “asimmetrica” perché le due parti non hanno a disposizione armi dello stesso livello:  Israele può contare su tecnologie militari molto avanzate, come droni sofisticati e sistemi per raccogliere informazioni di intelligence da usare per compiere attacchi aerei mirati su Gaza, e su un sistema di difesa antimissilistico, Iron Dome, che finora ha intercettato e distrutto la stragrande maggioranza dei razzi sparati dalla Striscia. Dall’inizio della guerra le persone uccise nella Striscia sono state 119, quelle uccise in Israele 8. I gruppi armati palestinesi, in particolare Hamas, stanno invece impiegando armi molto più rudimentali, che hanno efficacia e precisione molto ridotte: sono per lo più razzi terra-terra – quindi sparati da terra e diretti a terra, e non guidati, a differenza dei missili israeliani che sono guidati – spesso costruiti direttamente all’interno della Striscia. È impossibile dire con precisione quanti razzi e altre armi abbiano accumulato i gruppi armati palestinesi negli ultimi anni, nonostante l’embargo imposto da Israele sul territorio della Striscia (l’intelligence israeliana parla di 30mila razzi e proiettili di mortaio). Anche se l’arsenale di questi gruppi sembra aumentato e migliorato rispetto all’ultima guerra combattuta contro Israele, nel 2014, la differenza militare tecnologica tra le due parti è rimasta enorme, con conseguenze concrete sul conflitto.

Tensione al confine con il Libano
Intanto si registra un altro incidente in due giorni al confine fra Israele e Libano. “Carri armati hanno sparato oggi colpi di avvertimento in direzione di alcuni dimostranti provenienti dal territorio libanese che erano entrati in territorio israeliano. Quelle persone sospette – afferma un comunicato dell’esercito israeliano – hanno danneggiato i reticolati, hanno appiccato fuoco nell’area. Dopo di che hanno fatto ritorno in territorio libanese”. Ieri dal Libano, dove opera la milizia sciita anti-israeliana Hezbollah, erano stati sparati tre razzi verso Israele senza comunque provocare alcun danno. A centinaia anche dalla Giordania hanno raggiunto il confine con la West Bank per manifestare la propria vicinanza al popolo palestinese. In alcuni casi, riferiscono alcune fonti, si sono sentiti cori di sostegno ad Hamas. Nei video che circolano online si vedono persone che tentano di entrare in territorio palestinese ma che vengono poi messe in fuga dalle forze di polizia.

Il “Sultano” alza la voce

Tra le reazioni sul piano internazionale al precipitare degli eventi nella Striscia di Gaza, particolarmente veemente è quella del presidente turco Recep Tayyip Erdogan: «Siamo sia rattristati che furiosi di fronte alle crudeltà dello stato terrorista di Israele» ha detto in una dichiarazione ufficiale. “Chi resta in silenzio o appoggia Israele sappia che un giorno verrà il suo turno” ha proseguito il “Sultano” di Ankara.

 

 

 

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