L’Acampamento Terra Livre (Atl), promosso da Mobilização Nacional Indígena, si è ufficialmente concluso a Brasilia lo scorso 28 aprile, con la partecipazione di 4 mila persone.
Incontro e manifestazioni per denunciare l’offensiva anti-indigena dello Stato brasiliano e trovare un’unità di azione tra i rappresentanti dei diversi popoli nativi del Brasile.
Ma proprio adesso che l’accampamento è finito cominciano le vere lotte perché nel mirino del governo di destra brasiliano ci sono gli agenti della Fundação Nacional do Índio (Funai) che secondo Survival e le altre organizzazioni che difendono i diritti degli indios, «svolgono un ruolo fondamentale nel proteggere i territori dei popoli incontattati da taglialegna, allevatori, minatori e altri invasori».
Survival ha denunciato: «Alcune squadre sul campo sono già state ritirate, e ulteriori riduzioni sono pianificate nel prossimo futuro. Probabilmente, non appena la protezione sarà annullata, migliaia di invasori si precipiteranno all’interno di questi territori».
In Brasile ci sono più di 100 tribù cosiddette ‘incontattate’, oltre due terzi della popolazione globale di popoli incontattati. E Survival ha spiegato perché danno così “fastidio”: « Molti di loro vivono all’interno di territori indigeni, per un totale di 54,3 milioni di ettari di foresta pluviale protetta, un’area grande quanto la Francia», un territorio enorme che fa gola a chi vuole disboscare, creare pascoli per il bestiame e piantare soia e mais Ogm.
Survival ha ricordato che «Questi territori sono monitorati da appena 19 squadre del Funai appositamente dedicate. È possibile che tutte e 19 le squadre siano eliminate dal budget statale brasiliano, nonostante i fondi necessari per mantenerle siano pari al salario medio e ai benefit annuali pagati a due soli membri del Congresso brasiliano. Queste proposte sono le ultime di una lunga lista di azioni intraprese dal governo Temer, salito al potere nel 2016 dopo l’impeachment di Dilma Rousseff, che potrebbero avere conseguenze catastrofiche per i popoli indigeni».