Dalla P2 alla P4, trent’anni di torbidi intrecci

Un libro di Marco Marsili (Termidoro edizioni, Milano, pagg. 397, euro 18) in libreria dal 6 luglio.

Un libro di Marco Marsili su logge vecchie e nuove con depistaggi assortiti.
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29 Giugno 2011 - 09.49


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Un libro di Marco Marsili su logge vecchie e nuove con depistaggi assortiti. La storia della P2 e dei suoi affiliati si intreccia infatti con quella dei servizi deviati, dello stragismo di stato (frutto della strategia della tensione e della contrapposizione Est-Ovest), delle Br e del rapimento Moro; riguarda i rapporti tra imprenditori, politica, mafia, massoneria e Vaticano, passando dal “piano Solo” al golpe Borghese, dal crack del Banco ambrosiano alla morte di Calvi e Sindona, dalla banda della Magliana all’Opus Dei, da Tangentopoli al dossier Mitrokhin; eventi successivi ma legati ai personaggi della loggia segreta.

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“Dalla P2 alla P4. Trent’anni di politica e affari all’ombra di Berlusconi” (Termidoro edizioni, Milano, pagg. 397, euro 18), di Marco Marsili, in libreria dal 6 luglio, non vuole essere l’ennesima pubblicazione sulla storia della P2 e dei suoi iscritti, ma si propone di svelare come i membri della loggia segreta, che il Maestro Venerabile Licio Gelli chiamava “l’Istituzione”, siano sopravvissuti allo scandalo degli anni ’80, e abbiano trovato lavoro, aiuto e protezione all’ombra dell’impero di Berlusconi, che si fece strada come imprenditore, prima come costruttore, poi come editore, poi come politico, finendo per occuparsi infine pressoché di tutto, partendo proprio dal periodo di massima espansione della loggia di Licio Gelli.

Dopo le prime saltuarie esperienze lavorative giovanili come cantante e intrattenitore sulle navi da crociera insieme all’amico Fedele Confalonieri, e come venditore porta a porta di scope elettriche insieme all’amico Guido Possa, Berlusconi iniziò l’attività di agente immobiliare, per poi mettersi in proprio grazie ad anonimi ed ingenti capitali provenienti da misteriose finanziarie e fiduciarie svizzere.

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L’attività di costruttore del Cavaliere, tuttavia, incontra non poche difficoltà, finché non entra nel giro della P2 di Calvi e Sindona, che riciclano il denaro di dubbia provenienza attraverso la Banca Rasini di Milano, il cui direttore generale è il padre del futuro premier.

In questo giro vorticoso di denaro si intrecciano le vicende dello Ior di Paul Marcinkus ed il fallimento del Banco ambrosiano, coinvolti attraverso partecipazioni in fiduciarie off-shore alla costituzione della prima società di Berlusconi, l’Immobiliare San Martino, amministrata dal fiancheggiatore della mafia Marcello Dell’Utri, e costituita allo scopo di gestire la villa di Arcore acquistata tramite Cesare Previti. Antiche amicizie legate da affari comuni e segreti inconfessabili, come la corruzione del giudice del lodo Mondadori.

Dopo la bufera politica successiva al ritrovamento delle liste di Castiglion Fibocchi, si ebbe una sorta di temporanea epurazione degli aderenti alla loggia, in realtà agevolata dal ridotto desiderio degli interessati di restare sotto i riflettori, e molti piduisti, come il capogruppo dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, si eclissarono dalle cariche più in vista, o si fecero da parte per poi ripresentarsi qualche tempo dopo.

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Nonostante lo scioglimento, decretato dalla Legge 25 gennaio 1982, n. 17, la P2 è ancora attiva. Lo sono, perlomeno, molti dei suoi componenti. I piduisti che ricoprivano incarichi pubblici sono scomparsi per qualche tempo, per riaffacciarsi alla ribalta in coincidenza con la discesa in campo di Berlusconi, e la fondazione di Forza Italia.

Nel frattempo, sono stati tenuti a galla da una vera e propria rete di solidarietà. I magistrati della Procura di Roma che indagano sull’intreccio tra politica, mafia, affari e magistrati, che vede coinvolti esponenti politici di primo piano della maggioranza e del governo – tra i quali il coordinatore del Pdl Denis Verdini, il senatore Marcello Dell’Utri e il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo – hanno ribattezzato il fenomeno ‘Nuova P2′.

Sono passati oltre trent’anni dall’ingresso di Berlusconi nella P2, e, nonostante i tentativi del presidente del Consiglio di prendere le distanze, anche mentendo sulla sua affiliazione, è evidente che il legame con i «fratelli» è restato fortissimo. Il Cavaliere ha riportato gli ex piduisti nelle istituzioni che contano e nel suo vasto impero mediatico.

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A tal fine, basta ricordare ciò che Tina Anselmi, ex presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2, dichiarò nel 1898, quando, con un blitz, Berlusconi si impossessò del gruppo Mondadori-L’Espresso, estromettendo De Benedetti dalla gestione: “Gli uomini di Gelli hanno rimesso in piedi la struttura, il loro potere, hanno ristabilito una loro presenza in aree così significative che ora il problema riemerge”.

Dalle colonne di Repubblica, Eugenio Scalfari spiegò: “Se l’operazione andrà in porto, vedremo a capo del più grande gruppo multimediale un membro della Loggia P2 […]. Oggi un membro di quell’associazione segreta, sciolta per legge perché ritenuta sovversiva contro lo Stato, sta per assidersi al vertice della Mondadori, dopo aver monopolizzato tutte le reti televisive private esistenti […]. Se sta nascendo un regime col volto di Silvio Berlusconi, questo regime e quel volto avranno nei prossimi mesi la nostra attenzione”.

Parole profetiche, quelle di Scalfari: nel maggio 2006 l’avvocato-amico di Berlusconi, Cesare Previti, deputato azzurro dal 1996, e già ministro della Difesa, è stato condannato a sei anni per aver corrotto il giudice Vittorio Metta nella vicenda della guerra di Segrate, finendo in galera, e a seguito di questa sentenza nell’ottobre 2009 la Fininvest è stata condannata a risarcire la Cir di De Benedetti con 750 milioni di euro.

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L’ex presidente della Camera Luciano Violante, da presidente della Commissione parlamentare antimafia disse: “La P2 è stata sciolta da una legge, ma può essere sopravvissuto il suo sistema di relazioni politiche, finanziarie e criminali […] Quanto al dottor Berlusconi, il suo interventismo attuale è sintomo della reazione di una parte del vecchio regime che, avendo accumulato ricchezza e potere negli anni Ottanta, pretende di continuare a condizionare la vita politica anche negli anni Novanta”.

Questo “sistema di relazioni politiche, finanziarie e criminali” è particolarmente evidente all’ombra della Madonnina, dove il potere berlusconiano è nato e si è sviluppato, giungendo a toccare ogni ambito politico, finanziario, economico e sociale. È nel capoluogo lombardo, dove Luigi Berlusconi dirigeva la Banca Rasini, che finanziò i primi affari del figlio, che il premier affonda le sue radici.

Le vicende giudiziarie dell’estate 2010, che hanno visto coinvolti esponenti altolocati del Pdl, confermano che questo fil rouge non si è mai spezzato. La triade Dell’Utri-Verdini-Carboni, con l’aggiunta di altri personaggi di secondo piano, conferma la vitalità di rapporti di antica data, e di una forma mentis che rivive, trent’anni dopo, nella P3, reincarnazione della P2 di Gelli sopravvissuta e mantenuta all’ombra del potere berlusconiano.

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A conferma della sopravvivenza della P2 è arrivata l’inchiesta sulla P4, “un vero e proprio “sistema parallelo” e surrettizio gestito sia da soggetti formalmente estranei alle istituzioni pubbliche e alla pubblica amministrazione sia, invece, da soggetti espressione delle istituzioni dello Stato» che vede al centro dell’indagine Luigi Bisignani, ex piduista considerato tra i più influenti nei palazzi romani, legato da un rapporto di lunga data al sottosegretario Gianni Letta, «autorità delegata» del presidente del Consiglio Berlusconi ai servizi di informazione e sicurezza. Una nuova indagine che ha origini antiche.

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