Mi trovo in vacanza in Puglia (vacanza si fa per dire perché sto preparando un concerto, vabbè), e la settimana scorsa, il 14 luglio, abbiamo fatto un giretto a Ostuni, bellissima cittadina celebre per le bianche case, i vicoli stretti e l’invidiabile posizione su un colle con una incredibile vista mare.
Ora, io non avrei nessuna voglia di parlare ancora di ciò che segue (certi argomenti sono già stati ampiamente sviscerati in un altro post qui su Globalist), ma una maledetta locandina ha attirato la mia attenzione.
Il manifestino, esposto nei negozi di Ostuni, pubblicizzava per la sera stessa il concerto di Giovanni Allevi; e fin qui, diciamo così, tutto nella norma: dopo il concerto in Senato e la direzione (sic) dell’Inno di Mameli con la Sinfonica della RAI ci siamo dovuti abituare all’onnipresenza del finto adolescente, che ha invece 42 anni suonati (non vogliamo dire se suonati bene o male).
Ma vediamo cosa dice la locandina (che ho poi trovato su internet e guardato con calma).
Bene, ho provato a digitare in internet “ostuni ars nuova music festival” e google mi ha risposto “forse cercavi: ostuni ars nova festival” (persino lui ha colto l’intollerabile dissonanza, almeno quella tra italiano e latino). Un sito di questo festival non esiste, ma si trova ospitato in quello di GDP Productions (di Ostuni) che organizza il tutto ed è un’agenzia di rappresentanza per artisti di vario genere (da maghi a showgirl, da attori di cinema a cantanti pop), tra i quali fanno bella mostra di sè anche Lele Mora con tutti i suoi.
Andiamo avanti: “1° Festival della Nuova Musica Classica”. Nientepopodimeno. Chiunque minimamente sappia cosa sia la musica classica sa perfettamente che Allevi non ci ha nulla a che vedere, come anche gli altri artisti in cartellone (elencati in ordine di date nonché di biglietto d’ingresso decrescente): Roberto Cacciapaglia (che ha un notevole curriculum ed è noto tra l’altro per aver composto la musica per spot di Fujitsu, Emergency e Umberto Veronesi – il famoso oncologo esperto anche di purezza negli orientamenti sessuali), Maurizio Mastrini (che suona Per Elisa di Beethoven dall’ultima nota alla prima – che è come recitare L’infinito di Leopardi dall’ultima parola alla prima: mare questo in dolce è mi naufragar il e eccetera), e Felice Pitolo (che così scrive su Myspace: “Il Carnevale di Vienna di R: Shumann“).
Tutti gli artisti sfoggiano un significativo titolo di “M°” (che sarebbe come scrivere il M° Francesco De Gregori oppure il M° Lou Reed): che i succitati siano o non siano maestri, abbiano o no il diploma del Conservatorio è comunque un particolare di assai poco conto. Notiamo soltanto una certa ansia di nobilitazione (sui programmi dei concerti di musica classica, quella vera, mai si trova questo appellativo). Inoltre gli estensori della locandina ignorano anche che “piano” sia solo un anglismo abbreviativo per “pianoforte” (ché in lingua italiana così si chiama lo strumento). Ma questo è il minimo.
Poi la bordata finale: Manifestazione dedicata alla corrente musicale di Allevi, Mastrini ed Einaudi soprannominata dalla critica musicale italiana “LA NUOVA MUSICA CLASSICA”. A parte il fatto che la corrente o, per meglio dire, la pratica (o il concept consistente nel pianista che fa i concerti da solo eseguendo i suoi pezzi pop/new-age) è stata inaugurata anni fa da Ludovico Einaudi in primis (non si vede quindi perché venga citato per terzo, dopo i suoi meno autorevoli colleghi), è del tutto falso che la critica musicale italiana (o meglio, quel che ne rimane) abbia usato un tale locuzione nel caso di Allevi o Einaudi (si veda l’ammirevole voce Wikipedia su Allevi, che spiega veramente tutto molto molto bene). Al contrario i critici (italiani e non) si sono praticamente tutti (e con ragione) molto arrabbiati.
E si sono arrabbiati perché Allevi stesso (o chi si occupa della diffusione del brand) si sta promuovendo come musicista “classico” (quando i suoi prodotti, ribadiamo, non lo sono punto né poco). Einaudi ad esempio, molto più onestamente, non si balocca con definizioni di qualche tipo, ma si “limita” a scrivere, suonare, incidere la propria musica e incassare lautamente i cachet dei concerti e i diritti. Senza rompere i cabbasisi alla musica classica, che sarà pure un mondo troppo a sé, sclerotico, in disfacimento, retto da una casta di intoccabili (come dice giustamente anche Allevi), tuttavia ancora l’unico vero suo habitat.
Intendiamoci, tutti questi steccati sembra che al giorno d’oggi abbiano sempre meno senso, ma è una truffa bella e buona volersi appropriare di un blasone che non ti appartiene, complice l’ignoranza dei più, per vendere un prodotto in definitiva molto modesto in sé, e ancor di più se paragonato al solco cui pretende di appartenere (quello di Mozart, Verdi, Wagner, Puccini, Debussy, ecc.).
Parlare di Allevi (anche se suona bene il “piano”) come del nuovo Mozart è come dire che i testi di Jovanotti rappresentano la prosecuzione di Dante, Foscolo e Montale. Et de hoc satis.
PS: Godetevi questa gustosissima imitazione, rivelatrice oltreché superiore in tutto all’originale.