Apprendiamo solo ora alle 12 del 1 marzo 2012 della morte del cantautore Lucio Dalla, colpito da un infarto mentre era in Svizzera per alcune date di un tour. Lunedì prossimo avrebbe compiuto 69 anni, essendo nato a Bologna il 4 marzo del 1943, come ricorda il titolo di uno dei suoi brani più belli, che porta la sua data di nascita e che fece scandalo e successo in un vecchio Sanremo in bianco e nero di tanti anni fa.
Provo personalmente dolore e sgomento perché, con lui, se ne va una delle figure più rappresentative della musica italiana popolare.
Cantautore principe, nel paese dei cantautori, era considerato un vero caposcuola. Proveniente dalla cultura jazz, Lucio suonava benissimo il clarinetto e il sassofono, e la sua produzione musicale è stata straordinariamente trasversale: partito dal beat dei ’60, ha attraversato sperimentazione fino al melodramma lirico, ottimamente rappresentato dal suo meraviglioso “Caruso”.
L’avevamo visto dirigere Sanremo come guest star e tutore del giovane Pierdavide Carone col suo pezzo Nani. In quel frangente fu polemico col festival e con Celentano: ”Non credo ci sia mai stato un Sanremo peggiore – disse in conferenza stampa – non perché la canzone di Pierdavide Carone è stata subito eliminata dalla giuria demoscopica, ma è inusuale un cantante che s’improvvisa sociologo e per cinquanta minuti tiene in ostaggio l’Ariston quando farebbe bene a cantare e basta.”
Conoscevo Lucio per le tante frequentazioni alla Rca romana e il dolore per la sua morte si mescola con ricordi piacevoli insieme. Uno, in particolare, mi riporta ai primi anni ’70, quando suonavo nel quartetto di Romano Mussolini insieme ad uno dei più grandi e famosi clarinettisti del mondo, Tony Scott. Una sera eravamo in un locale in Romagna dove c’era anche Lucio ad ascoltare il grande Maestro. Tony seppe della sua presenza e lo invitò a fare una “jam session” sul palco. Dalla non se lo fece ripetere due volte e saltò su col suo clarinetto. Ricordo che suonammo un blues tiratissimo e Lucio ci deliziò anche con il canto “scat” (modo di cantare senza parole, solo con suoni ad imitazione degli strumenti) tecnica nella quale Lucio era davvero grandissimo.
Ciao Lucio, per “la gente del porto sarai sempre Gesù bambino”.
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