Laura Antonelli, ciao alla grande bellezza

Icona erotica per il pubblico, aveva lavorato con i grandi del cinema. Dal boom con Malizia all'Innocente di Visconti, dal successo alla solitudine. [Francesco Troncarelli]

Laura Antonelli, ciao alla grande bellezza
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22 Giugno 2015 - 13.54


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di Francesco Troncarelli

Era bellissima Laura Antonelli, una bellezza unica, che non lasciava dubbi all’immaginazione. Quegli occhi tondi e intriganti che ti affondavano solo a guardarla su un fisico che una volta si sarebbe definito da”maggiorata”, come la Lollo e la Loren. Un’attrice esplosiva insomma, secondo i dettami del gossip mediatico che privilegiano da sempre l’esteriorità alla sostanza che peraltro in lei c’era.

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Era bella e corteggiata da tutti, sogno erotico degli italiani che avevano imparato a conoscerla quando esplose col film di Samperi “Malizia”, un titolo che era tutto un programma e dove l’ex profuga istriana insegnante di ginnastica era Angela, pudica cameriera che faceva ben presto perdere la testa al padrone di casa vedovo Turi Ferro e al figlio minorenne Alessandro Momo (e al pubblico), con le sue vestagliette, le calze nere con la righe e gli abiti leggeri e che le scivolavano addosso sapientemente ritratti dal futuro premio Oscar Vittorio Storaro.

Ma Laura Antonelli che se ne andata sola e dimenticata da tutti secondo un triste clichè che accompagna gli attori quando sono avviati sul viale del tramonto per indifferenza e menefreghismo dei più, oltre che una bella donna era soprattutto una brava attrice. Una “Divina creatura” che era riuscita nel corso della carriera a dimostrare le sue qualità di interprete brillante, vivace e dai tratti eleganti che maestri del calibro di Visconti, Bolognini e Patroni Griffi erano riusciti ad evidenziare e valorizzare.

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Bella con l’anima dunque la dolce Laura, anche se troppo imprigionata in quel fisico che all’apice del successo aveva mandato al manicomio Jean Paul Belmondo che fece coppia con lei per nove anni tra alti e bassi, liti e riappacificazioni, dolci baci e languide carezze. E qualche ceffone di troppo.

Dai caroselli per la bibita gassata più famosa del mondo al Nastro d’argento conferitole da critici cinematografici, dal “Merlo maschio” con Buzzanca all’”Avaro” con Alberto Sordi, dalla seducente “Venexiana” di Bolognini alla irresistibile e comica Noce Bovi in “Rimini Rimini” con Maurizio Micheli che la faceva impazzire al ritmo di “Champagne”.

Poi le storie di droga che assestano il primo colpo alla sua vicenda umana di donna spremuta dagli eventi e usata dagli uomini per la sua fisicità e la storie ancor più drammatiche di quegli interventi di chirurgia plastica praticati nell’illusoria speranza di fermare il tempo, che aggravano una personalità fragile bisognosa di affetti che nessuno voleva più darle perché passata di moda. Come fosse un oggetto da mettere via.

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Tra i pochi a starle vicino invocando il ricorso della legge Bacchelli per darle un aiuto concreto, Lino Banfi. E non è un caso che sia stato il comico pugliese a fare questo passo rimasto senza seguito anche per volontà della Antonelli, non solo perché Banfi era suo amico da sempre, ma anche perché provenendo dall’avanspettacolo, conosce molto bene quel cono d’ombra in cui piombano molte stelle del palcoscenico, dopo i fasti della notorietà.

Laura Antonelli avrebbe compiuto 74 anni a novembre in solitudine, come stava vivendo questi ultimi tempi circondata da fantasmi e miserie umane che si erano impossessate della sua quotidianeità. Adesso che un infarto l’ha portata via, come ha scritto sul suo profilo Twitter Simone Cristicchi che le aveva dedicato un brano, finalmente cammina libera e si perde tra la gente con il nome di una donna come tante…Laura. Il nome di una donna che ha dovuto fare i conti con la sua grande bellezza, per lei più croce che delizia e solo malizia per i più.

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