I funerali dell’anarchico Pinelli finiranno nel Museo del Novecento?

L'opera monumentale di Enrico Baj deve restare a Milano. Realizzata dopo i funerali di Pinelli, è dedicata alla moglie e alle figlie. Ora è in un deposito.

I funerali dell'anarchico PInelli di Enrico Baj
I funerali dell'anarchico PInelli di Enrico Baj
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15 Dicembre 2015 - 23.11


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di Francesca Zappa

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Oggi è il 15 dicembre. Quarantasei anni fa, pochi giorni dopo una strage neofascista con profondi implicazioni di Stato, moriva cadendo dalla finestra della questura di Milano l’anarchico Giuseppe Pinelli, partigiano e ferroviere italiano, animatore del circolo anarchico Ponte della Ghisolfa. Una morte che le inchieste hanno archiviato come accidentale: un malore. Una morte che ancora rappresenta uno dei momenti più oscuri dell’Italia dei misteri.

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Franco Fortini raccontò i funerali di Pinelli, che si svolsero il 20 dicembre 1969 al cimitero di Musocco: “Il gelo del cimitero, la pietà dei canti stonati, delle bandiere sulla fossa ingiusta, la sera di noi gravati dal senso di un capitolo di storia che si chiude, di un triste futuro di persecuzione e di silenzi…” scrisse. Concludendo con questa sintesi: la paura è veloce, chissà che cosa ci porta il domani”. In questo clima Enrico Baj costruì l’opera “I funerali dell’anarchico Pinelli”: un’opera dalle dimensioni monumentali di 3 metri di altezza e 12 di lunghezza, con 18 figure ritagliate nel legno e unite in cordoglio con la tecnica del collage. Terminata nel 1972, racconta la storia di una moglie e due figlie che hanno perso un marito e un padre, sospettato ingiustamente di essere l’autore della strage di piazza Fontana. Disse Baj: “Mi si reclamava insomma una rappresentazione, e rappresentazione ho fatto, affinché testimonianza resti del fatto, di lui, delle violenze subite, del dolore di Licia, di Claudia e di Silvia”.

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Avrebbe dovuto essere esposta a Palazzo Reale, il 17 maggio 1972. Ma tutto saltò per l’uccisione del commissario Luigi Calabresi. Niente presentazione, niente esposizione. L’opera girò in Europa, ma riapparve a Milano solo nel 2003 a Brera. La storia dell’opera è questa: Baj la regalò a Licia, la vedova di Pinelli, che non sapeva dove tenerla, così l’artista riuscì a venderla alla Fondazione Giorgio Marconi donando il ricavato alla famiglia Pinelli. Dopo quarant’anni , nel 2012, l’opera è stata esposta finalmente a Palazzo Reale, nella sala delle Cariatidi, per iniziativa del sindaco Giuliano Pisapia.

 

Da allora l’opera aspetta di essere accolta definitivamente da Milano. La galleria Marconi, che è la proprietaria, la tiene in un deposito e sta aspettando che si trovi una soluzione. Nel frattempo si sono fatte avanti gallerie internazionali, ma oggi il Giorno anticipa una buona notizia: un comitato di esperti sta studiando il posizionamento nel Museo del Novecento. Sarebbe giusto.

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