#8marzo. "Black Magic Women", in mostra la fotografia africana
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#8marzo. "Black Magic Women", in mostra la fotografia africana

Dallo sfruttamento alle mutilazioni, dalle donne combattenti a quelle che trovano il modo di far valere i propri diritti

Foto di Jenevieve Aken
Foto di Jenevieve Aken
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8 Marzo 2019 - 13.17


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“Non avrei mai pensato di diventare un’artista. È la fotografia che mi ha scelto: la scintilla è scattata quando vidi un amico con una macchina fotografica, in quel momento è cominciata la mia carriera da autodidatta. Per specializzarmi ho frequentato un corso in Sudafrica, in Nigeria non ce n’erano”. Jenevieve Aken è un’artista nigeriana di 30 anni. Vive a Lagos, ma porta nel mondo la sua arte: da Berlino a New York, ha ottenuto importanti riconoscimenti. Jenevieve è una delle 6 fotografe protagoniste della mostra

“Black Magic Women” organizzata dalla ong modenese Bambini nel deserto nell’ambito del progetto “Vivere insieme in pari dignità”, portato avanti nel corso dell’anno insieme con Amref Italia e una serie di associazioni. Curata da Giulio Rimondi, l’esposizione – realizzata con il contributo della Fondazione del Monte – è allestita presso la Fondazione Pio istituto sordomute povere di Bologna, una location antica 500 anni, aperta al pubblico negli ultimi 60 anni un solo giorno all’anno, culla di orti urbani nel centro del capoluogo emiliano. La mostra inaugura venerdì 8 marzo e resterà aperta sino al 31 marzo. Cinque delle 6 esposte sono africane, una è italiana: “Sono fotografie di donne dell’Africa, dall’Africa, per l’Africa”, sintetizza Rimondi. Vari i temi affrontati: dallo sfruttamento del corpo della donna alla messa in discussione dei canoni di bellezza; dalle mutilazioni genitali alla prostituzione, dal terrorismo internazionale alle donne combattenti.

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Le fotografe. Per Jenevieve è la prima volta in Italia. A Bologna presenta “Monankim”, la sua serie dedicata al rituale Bakor – rituale dell’omonimo gruppo etnico minoritario in Nigeria di cui lei stessa fa parte – che prevede la mutilazione genitale delle ragazze per celebrarne l’ingresso nella piena identità femminile. Una Monakim deve avere da 14 a 18 anni e deve essere vergine: dopo la mutilazione e la cicatrizzazione viene presentata alla comunità e ammirata come simbolo di purezza e maturità sessuale. Rappresenta l’orgoglio della famiglia e una moglie desiderabile per i giovani della comunità: naturalmente, i rischi legati a questa pratica sono altissimi. “Nelle foto ho scelto di ritrarre la mia famiglia: ci sono mia madre e mia zia, che hanno subìto quella stessa pratica, e si battono perché le nuove generazione non debbano passare da quel rituale”.

Le prime foto che si incontrano nell’allestimento, collocate nella zona della limonaia, una veranda affacciata sugli orti del Pisp, sono opera di Lubee Abubakar, artista e regista ventiquattrenne nata e cresciuta a Port Harcourt, in Nigeria. In questa mostra presenta una serie di fotografie di giovani donne africane, immagini che in primo luogo vogliono denunciare ogni forma di sfruttamento sul corpo della donna e mettere in discussione i canoni di bellezza imposti dal mercato per rendere omaggio alle donne che non si conformano.

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Nicky Woo, è una fotografa polinesiana che vive tra New York e Africa orientale. Lo scorso anno ha vinto il prestigioso Premio Reuters per un reportage realizzato in Tanzania sul rapporto tra stregoneria, medicina tradizionale e medicina occidentale. In questa mostra presenta immagini di una piccola comunità di donne cristiane di Zanzibar costrette dalle difficili condizioni economiche e sociali a prostituirsi. Con la recente crescita del turismo sessuale, le ragazze appartenenti alla minoranza cristiana sono spesso costrette a lasciare le campagne della Tanzania per trasferirsi nell’isola, nella speranza di ottenere clienti occidentali ma, di fatto, trovandosi costrette a lavorare in pessime condizioni igienico-sanitarie con clienti locali.

Maheder Haileselassie è una fotografa ventottenne etiope. A Bologna porta i suoi scatti della manifestazione avvenuta ad Addis Abeba dopo il massacro di 29 cittadini etiopi cristiani da parte dell’Isis nel maggio del 2015. Ha recentemente fondato il Centro per la fotografia in Etiopia, una piattaforma di scambio e confronto per fotografi affermati ed emergenti.

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Francesca Tosarelli è una fotografa e autrice bolognese impegnata in tematiche di genere e luoghi di conflitto. Nella mostra racconta del Kivu, Repubblica democratica del Congo, regione controllata da una serie di gruppi ribelli dove vivono donne e ragazze che combattono nelle milizie, mettendo in discussione i ruoli tradizionali e stereotipati della donna.

Jessica Sarkodie è una fotografa ghanese: presenta la serie “Motordames” scattata nella provincia di Tamele, luogo povero e molto conservatore. I suoi scatti ritraggono donne alla guida, dato sorprendente in una società ampiamente patriarcale. “Voglio mostrare come le donne, pur in una situazione di oppressione, sappiano trovare maniere sempre nuove per esercitare i propri diritti e mostrare la propria soggettività”. (Ambra Notari)

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