di Alessia de Antoniis
Filippo Arlia, direttore del Conservatorio di Catanzaro, si divide in questi giorni tra festival di musica classica e studi legali per dare a Catanzaro il suo diritto alla cultura.
Si è appena conclusa a Catanzaro la terza edizione del Mediterraneo Radio Festival, organizzato dal Conservatorio “P.I. Tchaikovsky”, con la direzione artistica del Maestro Filippo Arlia, in media partnership con Radio Rai 3.
Il Festival si è concluso con l’Omaggio ai 100 anni di Renata Tebaldi, con arie che hanno visto impegnati il soprano Alessandra Di Giorgio e il tenore Walter Fraccaro. La manifestazione ha ospitato i solisti del Teatro della Scala e del Teatro San Carlo, Roberto Cappello, Fabrizio Meloni, Vincenzo Mariozzi e tanti altri.
Dopo l’edizione del 2021, andata in scena senza pubblico, il Mediterraneo Radio Festival torna ad essere applaudito dal vivo, grazie al coraggio di chi non si è arreso neanche mentre la Calabria era in zona rossa.
“Più che coraggiosi, siamo dei matti perché senza il palcoscenico non riusciamo a sopravvivere. In qualsiasi modo, con la gente o senza, siamo continuamente mossi da un motore immobile che ci spinge ad andare sul palco a suonare: la passione.
A parlare è il Maestro Filippo Arlia, che in questi giorni si è diviso tra il Festival da lui organizzato e gli studi legali che lo assistono per difendere un tesoro custodito nella Catanzaro vecchia: il Conservatorio Tchaikovsky a Palazzo Ex-Stella. Una contesa politica che nuoce a giovani studenti, dipendenti e cittadini. Il 19 marzo si era infatti conclusa l’istruttoria della statizzazione del Conservatorio di Musica “P. I. Tchaikovsky”, con la quale lo Stato aveva anche definitivo l’importante organico di personale docente e amministrativo assegnato al Tchaikovsky, pari a 69 unità dipendenti per un costo totale a carico del Mef di 3.437.754 Euro. Erano contestualmente state trasmesse le convenzioni per gli immobili agli Enti Locali, Comune di Nocera Terinese e Amministrazione Provinciale di Catanzaro, per formalizzare gli impegni già assunti nella meticolosa istruttoria di statizzazione.
Maestro, lo scorso anno il festival era dedicato ad Astor Piazzolla. Un autore sui generis per un conservatorio…
Sono molto affezionato a Piazzola. Non si studia al conservatorio perché la sua musica è ritenuta adatta a milonghe e balere. Invece brani come “Lo Squalo” o “Contrabajeando”, richiedono una preparazione fuori dal comune. Purtroppo, quando arrivò in Italia, gli fu detto che per piacere agli italiani doveva comporre qualcosa che si potesse fischiettare. Così nacque Libertango, brano che lo ha consegnato alla storia, ma che è una delle sue produzioni più banali. La missione del nostro conservatorio è far conoscere il repertorio di un genio del Novecento che deve avere il giusto posto nell’Olimpo dei compositori.
Quest’anno il Mediterraneo Radio Festival omaggia Renata Tebaldi. Il New York Times scrisse: “She started at the top and she remained there”. Una carriera che l’ha vista trionfare ininterrottamente dal 1945 al 1973. Se il Casta Diva della Callas è rimasto nell’immaginario collettivo, chi è stata una “casta diva”, devota al suo lavoro, è stata la Tebaldi.
La Tebaldi è una figura particolare alla quale sono molto affezionato. La mia passione per la lirica nasce grazie a un suo autografo che mio nonno mi portò dal Brasile. Scegliere tra due artiste del loro calibro, è complicato. Personalmente, opterei per la Tebaldi, ma solo per una questione affettiva. Quando sei davanti a due simili mostri sacri, non si può decidere chi sia la migliore.
Quando la Callas fece la prima audizione con Toscanini, il grande maestro la mandò a casa: disse che non gli piaceva la sua voce. Per questo mi impegno sempre affinché le istituzioni contribuiscano a creare un tessuto sociale e istituzionale per garantire ai giovani artisti una preparazione adeguata, perché se la Callas fu rifiutata da Toscanini, i nostri giovani artisti hanno sì davanti a loro infinite possibilità, ma anche tanti rifiuti. La carriera delle persone è fatta anche di incontri.
Avevate appena brindato a una grande conquista per la città di Catanzaro, la statizzazione del “Tchaikovsky”, che avrebbe assicurato alla città di Catanzaro il suo Conservatorio di Musica di Stato nel cuore del centro storico. Ora, invece, sembra che la sede non ci sia…
Purtroppo no. Il sogno del conservatorio di Catanzaro è durato tre giorni. Dalla comunicazione del Miur al momento in cui la Provincia mi ha comunicato che non firmeranno la convenzione perché sostengono sia un danno all’Erario dello Stato. Non è così, come chiarito dalla giurisprudenza della Corte dei Conti. Questa sede è un segno di speranza per la città di Catanzaro e per tutti gli studenti che si iscrivono. Abbiamo migliaia di giovani che studiano la musica classica in Calabria. Attraverso questo palazzo si realizza un utile sociale, un utile culturale ed economico, perché gran parte dei ragazzi che frequentano il conservatorio alloggiano in strutture vicine. È un modo per ripopolare un centro storico, quello della città di Catanzaro, che al momento è vuoto. Se venisse a mancare, le conseguenze sarebbero drammatiche. Non dobbiamo dimenticare che in qualsiasi ente pubblico decentrato dello Stato, lo scopo sociale è sempre più importante della patrimonializzazione.
Spero che la vicenda si concluda positivamente, perché sarebbe ridicolo vanificare gli sforzi degli ultimi dieci anni per la non comprensione di un atto che è già dovuto per un impegno preso anni fa.
Il conservatorio che dirige è intitolato a Tchaikovsky. In questa follia dilagante della cancel culture, anche il vostro nome è simbolo di resistenza.
Cosa c’entra Dostoevskij con Putin? Questa è una follia. Non possiamo pensare che non faccio laureare gli studenti che suonano Tchaikovsky o Rachmaninov perché, siccome c’è un matto che ha scatenato una guerra, noi combattiamo tutta la cultura russa. La cultura non c’entra con la guerra. In un momento in cui la guerra, che è una tragedia di proporzioni epiche, divide i popoli, la cultura deve tentare di unirli. Non possiamo condannare Gergiev (direttore d’orchestra licenziato dalla Filarmonica di Monaco – nda) che non si è espresso contro Putin, perché sappiamo come funzionano là le cose. È facile, per un direttore di orchestra russo emigrato in Francia, opporsi liberamente a Putin. Un altro, che magari è dipendente del balletto di San Pietroburgo, lo arrestano. Questo fa parte di quel perbenismo radical chic che cerca soluzioni attraverso canali che non attengono alla politica. La cultura deve essere libera. Io farei il contrario. Farei un inno a Dostoevskij, Rackmaninov, Tchaikovsky dicendo a Putin: guarda come stai distruggendo la tua stessa cultura, la tua stessa nazione. Non metterei al bando una cultura millenaria. Non possiamo dire che cancelliamo Beethoven perché Hitler era matto. È assurdo. La cultura, tutta, è un patrimonio dell’umanità e va difesa.
È stato nominato consulente artistico del Festival di Musica Sinfonica di El Jem. Dal sud Italia parte un ponte culturale con il mondo arabo?
È una cosa che mi emoziona molto. Con questo accordo la collaborazione del conservatorio diventerà più organica. L’anfiteatro di El Jem è l’anfiteatro più grande del mondo dopo il Colosseo, 35.000 posti a sedere, patrimonio dell’UNESCO. Anticipo che nel calendario porteremo un po’ di Calabria, perché eseguiremo “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo, ambientati a Montalto Uffugo, un paesino in provincia di Cosenza. Una data, poi, sarà dedicata a Pierpaolo Pasolini in occasione del centenario della nascita: proporremo la recitazione di versi del grande scrittore e brani di musica classica tratti dalle colonne sonore dei suoi film.
Il prossimo anno saranno cent’anni dalla nascita di Maria Callas. Abbiamo già il titolo del prossimo Mediterraneo Radio Festival?
Sicuramente ci sarà qualcosa dedicato a lei. Nel frattempo abbiamo in programma anche spettacoli per il centenario della morte di Giovanni Verga con Cavalleria Rusticana di Mascagni, il cui libretto è tratto da una novella di Verga.