Noam Chomsky, il celebre linguista americano di origini ucraine, non ha mai fatto mancare le sue riflessioni sulla contemporaneità della nostra società. Chomsky ha commentato anche le vicende legate al conflitto russo-ucraino, parlando nello specifico della resistenza del popolo di Kiev.
Nonostante le “molte differenze” tra la resistenza italiana al nazifascismo e quella ucraina all’invasione russa, la “somiglianza cruciale – afferma Chomsky – è che entrambe sono eroiche e pienamente giustificate”.
Nella lunga intervista, non mancano i continui rimproveri e le caustiche frecciatine al suo Paese che – per Chomsky – ha sempre un peso e quindi una responsabilità rilevante negli affari internazionali. Nell’individuare precedenti storici simili all’invasione russa dell’Ucraina, il riferimento all’aggresione americana dell’Iraq è immediato e quasi obbligato. Queste – al pari di quella nazista prima e sovietica poi della Polonia – sono un esempio “da manuale” di ciò che il Tribunale di Norimberga ha definito “crimine internazionale supremo che contiene in sé la somma di tutti i mali”. Questo implica che i criminali di guerra vengano arrestati e processati, in teoria. Ma la realtà è molto più drammatica e ingiusta: “i potenti sono autoimmuni”, e ad essere processati per i loro crimini sono solo “i deboli e i vinti”.
E riguardo a coloro che guidano la resistenza da una parte e l’aggressione dall’altra, Chomsky, come sempre, dà giudizi netti. Per il linguista, Zelensky fino ad ora ha mostrato “grande coraggio e integrità”. Putin, pur con “una mente contorta”, non ha però mai fatto mistero delle sue reali intenzioni e dei suoi reali interessi. Il Cremlino aveva tracciato chiaramente la red line insuperabile: nessuna adesione alla Nato per Georgia e Ucraina. “Per 30 anni il governo degli Usa è stato avvertito, in modo fermo e chiaro, che stava perseguendo un percorso pericoloso e inquietante respingendo le preoccupazioni della Russia in materia di sicurezza”.
Avvertimenti sono arrivati dall’intelligence, da autorevoli diplomatici. Ma la Casa Bianca li ha sistematicamente ignorati, violando “la ferma e inequivocabile promessa fatta a Gorbaciov che la Nato non si sarebbe allargata di un pollice ad est” (della Germania).
In ogni caso, sottolinea ancora Chomsky, “le guerre possono finire con la distruzione di una parte in causa, come in Cecenia o Iraq, o con una soluzione diplomatica”. E per il linguista, la strada da seguire è quindi piuttosto chiara, seppur complessa.