Vitaldo Conte, lei teorizza la Casa d’artista come proposta, addirittura in alternativa alle gallerie. E’ un’ipotesi sicuramente affascinante. Ritiene sia praticabile?
La dimora degli artisti può divenire luogo e proposta d’arte. Oggi questa tendenza, come ho già rilevato su ‘Fyinpaper’, è un fenomeno che si sta diffondendo sempre di più, anche per l’attuale scarsa incidenza di molte gallerie nei confronti del mercato globalizzato e della diffusione pubblicitaria dell’arte. Questa crisi è attestata anche dalla loro frequente breve esistenza. Questi ambienti privati, che “si aprono all’esterno”, possono divenire luoghi alchemici di esistenza “filosofale e immaginale”, differenziandosi dalle spesso neutre e fredde pareti degli spazi d’arte, talvolta soggette anche a un pagamento per chi espone.
Io stesso, poco interessato a esporre in generiche mostre personali, trasmuto, negli ultimi decenni, le mie camere da letto in ambienti d’arte e gli appartamenti in case d’arte: a Roma, a Catania, e poi ancora a Roma. Questi momenti hanno sempre la Camera da letto come il loro epicentro, animato da colori del desiderio e da presenze del sogno.
La narrazione dei miei ambienti d’arte è un modo per presentare oggi questa possibile proposta alternativa alla galleria d’arte, che accompagno, a proposito nei testi, con testimonianze esterne. I miei luoghi d’arte sono sostanzialmente quattro: tre a Roma, uno a Catania. Hanno però un diverso concepimento. Due hanno la Camera da letto come opera-ambiente, pur avendo contributi di creazione esterna: come le sculture di mio padre, Pino Conte. Due vogliono essere invece una Casa d’arte “aperta” alla creazione esterna, in cui entra anche la mia Camera.
Quali sono stati i suoi primi luoghi d’arte a Roma?
La Camera del Campaldino, a Roma, è la prima mia stanza da letto che concepisco nel 1989-91 come creazione-ambiente, nello specifico del bianco. Prende il nome della via in cui è collocato il mio appartamento con ingresso indipendente. Un tempo forse era stato unbordello. Vuole vivere per l’appunto nel bianco: pareti e mobili; tappeti e arredi; pagine scritte e piccole composizioni aeree. E poi, i miei quadri ovali con corde e frammenti di stoffa, una testavelata di bambola in polistirolo, una zanzariera velata che avvolge, partendo dal soffitto, il mio letto tondo. Talvolta questi oggetti d’arte “fuoriescono”, per un po’ di tempo, dalla stanza per esposizioni esterne. La Camera del Campaldino è presente, con le sue foto e le sue bianche creazioni, in mostre e pubblicazioni.
La ritrovo, per esempio, anche nella scheda a me dedicata ne La Pittura in Italia – Il Novecento/ 2, 1945-1990. Qui si sottolinea che il mio risalire alla memoria del bianco ha il suo culmine nelle ricerche di sconfinamento tra arte, ambiente e design, concretizzate nel dècor della mia camera da letto. Questa è riprodotta nel catalogo della mostra collettiva Bianco poetare, a Palazzo dei Papi ad Avignone e poi allo Studio Bocchi di Roma.
La curatrice della sopracitata mostra è il critico d’arte Vittoria Biasi, che scrive nel catalogo che la “stanza” è anche un fare poetico. Chioda è una mia Casa d’arte, a Romanel quartiere di San Lorenzo, dal 1998 al 2003: in precedenza era stato lo studio di mio padrescultore. Il nome Chioda, nelle mie intenzioni, vuole significare una indecifrabile e itinerante “parola-simbolo” al femminile. Edifico, all’interno di una sua grande sala, una piccola stanzacon una pedana, costruita con spesse mattonelle esagonali, su cui metto un letto. Questa stanza diviene una mia Camera da letto per incontri segreti di desiderio come arte.
Chioda, come spazio d’arte, ospita, nel maggio 1999, una grande esposizione di opere, frammenti, documentazione sulla Scrittura-Desiderio, da me curata, con il patrocinio del Comune di Roma e di Campi Salentina e delle Accademie di BB.AA. di Roma e Lecce. La miaopera-ambiente, presentata (con modifiche) in successive esposizioni, è la mia Camera da letto, a cui offro una rosa rossa, fra i cuscini, sulle lenzuola bianche del letto disfatto, con pagine segnate a mano e un poster. Questo ha l’immagine di un corpo di donna nudo, scrittoda me come pagina di desiderio. Con la mostra ExtremeBianco Anomalia si conclude, nel 2003, la quinquennale attività di Chioda. Il bianco celebra così la fine di una esperienza creativo-espositiva, felicemente dispersa e marginale, per continuare a vivere in altri contesti. Le esperienze palpitanti esigono talvolta una esistenza breve, perché vogliono rigenerarsi altrove.
ChiodaLive, il suo spazio a Catania, è dominato dalla rosa rossa nel bianco, anche come espressione dell’Eros. E’ una suggestione cercata?
Faccio rivivere la rosa rossa, come alchemica opera-ambiente, in un appartamento del centro storico di Catania, negli anni del mio insegnamento in questa città. Nella mia ideazione c’è il pensiero ad Aleister Crowley quando edificò la sua Thélema in Sicilia, a Cefalù, per vivere la sua rossa alchimia erotica con le Donne Scarlatte, amanti sacerdotesse. Ho parlato di questo possibile collegamento in un recente testo su ‘Pagine Filosofali’. Il mio eros alchemico ricerca il corpo di una estrema rosa rossa che possa “vivere” nel bianco della casa: attraverso il colore delle pareti, dei pavimenti e degli arredi d’artista, creati per il luogo. Questo spazio vive la propria stagione di tempio della Rosa Rossa con i suoi rituali di eros-arte-vita.
Le molteplici espressioni della rosa rossa diventano a ChiodaLive, nel tempo, una particolare collezione d’arte con i lavori donati dagli artisti. Le sue presenze includono: lampade e strutture, figurazioni e scritture pittoriche, oggetti e maschere, corporeità e libri del desiderio.
La relazione della rosa rossa con il bianco “vive” soprattutto nell’opera-ambiente della camera da letto, che, pur ideata da me, è espressa attraverso altri artisti: la grande rosa rossa dipinta da Salvo Russo su una parete; la tenda bianca, percorsa da filamenti, diGabriella Ferrera; la grande tela di Tiziana Pertoso su L’occhio-rito della rosarossa. Tra le numerosissime opere esposte negli spazi della Casa, cito solo qualcuna fra le più “visibili”: le strutture di Franco Politano; i “percorsi dispersi” di Laura Baldieri; Il bianco invecchia, una grande tela di Pablo Echaurren con i suoi teschi; Emilio Villa è presente con sfere liquide di parola e carte-desiderio, talvolta in collaborazione con Giorgio Cegna.
L’apertura” di ChiodaLive avviene nel febbraio 2005 con l’esposizione Dal bianco una rosa rossa, che vuole essere la mia dedica a questo ambiente, in cui talvolta vivo. I suoi molteplici sguardi fra bianco e rosso costituiscono la mia “collezione segreta di contaminazioni e scritture”.
Ha recentemente aperto Casa Conte a ospiti che erano anche visitatori…
Ogni anno, tra il 21 e il 24 giugno, vi organizzo una cena-evento, che quest’anno coincide conla Notte delle Streghe. L’evento si snoda fra opere e maschere d’arte, immagini e scritture fantastiche, sculture di Pino Conte (mio padre), bambole e pupazzi di peluche e tutto l’immaginabile. Tutto si svolge negli ambienti della casa e nel terrazzo-giardino, che ha, fra le piante, un gazebo. Questo, nei giorni successivi all’evento, diviene un contenitore aperto di “arte dispersa”, ospitando pannelli forex con scritture su muri e attraversamenti di opere passate, insieme a “stoffe vissute” di varia natura. Ho presentato le mie bambole di alchimia-arte desiderante, che vivono nella mia Camera da letto, trasmutatasi in un ambiente d’arte. Il mio letto tondo è la presenza dominante della stanza, intono a cui si muovono le presenze del Sogno e Desiderio.