La Giselle una favola triste, un balletto davvero da incanto quello andato in scena al Teatro Costanzi di Roma. L’ultimo balletto della stagione 2022, un evento da non perdere per chi decide di estraniarsi per qualche ora dalla vita quotidiana, per sognare al Teatro dell’Opera di Roma.
Come sempre ai balletti la Capitale risponde con qualche poltrona e qualche palco vuoto, abiti meno eccentrici ma tanta gioventù, e viva la sincerità, bellissima gioventù. L’odore del velluto, l’atmosfera di un luogo dove la voce dei singoli scende di un tono per dare voce invece all’arte, alla bellezza.
Non accade sempre ma questa volta la prima della Giselle è stata introdotta da Eleonora Abbagnato, Direttore del corpo di ballo e della scuola del Teatro dell’Opera di Roma e Francesco Giambrone Sovrintendente del teatro. Un annuncio importante a sipario chiuso, una targa in memoria di Carla Fracci, legata al teatro capitolino non solo come artista ma anche come direttore dello stesso corpo di ballo, per un decennio. La versione andata in scena è la stessa che Carla Fracci creò nel 2004 per il Teatro dell’Opera di cui all’epoca era direttrice, ripresa dal ballerino e coreografo Julio Bocca, suo ultimo partner in questo balletto, e Gillian Whittingham.
È giusto ricordare come la Fracci definì la coreografia: “il balletto romantico per antonomasia, che mette malinconia, la malinconia di chi si vede sfuggire qualcosa che vorrebbe conservare: la malinconia per l’effimero. Forse il pubblico lo ama per il desiderio di partecipare a una saga d’amore con il suo inganno, la sua cattiveria e la sua redenzione”. L’angelo danzante fu sicuramente la più grande Giselle della storia del balletto classico, come dimenticare la sua leggerezza, la sua perfezione, la sua intensità in compagnia del “corvo bianco” Rudolph Nureyev.
Per rendere omaggio alla divina Fracci, nei ruoli principali si alternano i danzatori di punta dell’Opera di Roma Susanna Salvi, Rebecca Bianchi, Michele Satriano, Alessio Rezza, Claudio Cocino a due étoile ospiti: Natalia Osipova, al suo debutto al Costanzi, e Jacopo Tissi che ha lasciato il Bolshoi di Mosca dopo l’inizio della guerra in Ucraina e ora è artista ospite alla Scala di Milano dove ha danzato proprio nel ruolo di Albrecht lo scorso luglio. Direzione impeccabile di Kevin Rhodes sulla musica di Adolphe-Charles Adam.
Quadri bellissimi soprattutto nel secondo atto, una magica armonia del Corpo di ballo e tanti applausi a scena aperta dopo alcuni assoli. La bellezza di questo balletto rende anche la trama che è pur sempre una tragedia struggente, più leggera e più delicata, la morte che dovrebbe essere la protagonista insieme all’amore diventa un sogno dai toni cupi ma che tocca il cuore. La voglia di non voler uscire dal palco e di sperare che il sipario non si chiuda mai e che tutto ricominci. Al Costanzi c’era anche il compagno di tutta una vita Beppe Menegatti con il figlio.
“La danza è poesia perché il suo fine ultimo è esprimere sentimenti, anche se attraverso una rigida tecnica. Il nostro compito è quello di far passare la parola attraverso il gesto. “ Carla Fracci