Come ogni vero cittadino sa, ricorre oggi uno degli anniversari più infausti della storia d’Italia, l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Sono trascorsi 79 anni, lo spazio di tre generazioni, eppure le ferite di quel tragico evento sanguinano ancora: troppo profonde, troppo incomprensibili e animalesche le motivazioni che le determinarono perché possano finalmente cicatrizzarsi.
A far zampillare sangue da quelle ferite, però, sono anche i silenzi, come quello del leader della Lega Salvini, o le improvvide dichiarazioni del politico di turno che torna a cinguettare su quei tremendi fatti, eventi sui quali la storia ha da tempo espresso il suo inappellabile giudizio: fu un proditorio, deliberato, programmato massacro, e il sangue di 335 innocenti ricade sui macellai nazifascisti che tenevano sul collo di Roma e dell’Italia non ancora liberata il loro tallone di ferro.
La premier Giorgia Meloni, ha oggi dichiarato: “ «Oggi l’Italia onora le vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Settantanove anni fa 335 italiani sono stati barbaramente trucidati dalle truppe di occupazione naziste come rappresaglia dell’attacco partigiano di via Rasella. Una strage che ha segnato una delle ferite più profonde e dolorose inferte alla nostra comunità nazionale: 335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani. Spetta a tutti noi – Istituzioni, società civile, scuola e mondo dell’informazione – ricordare quei martiri e raccontare in particolare alle giovani generazioni cosa è successo in quel terribile 24 marzo 1944. La memoria non sia mai un puro esercizio di stile ma un dovere civico da esercitare ogni giorno».
Alcuni politici, si sa, sono maestri nell’ineffabile l’arte del dire oscurando verità, o nel non dire dando l’illusione di dire. Ormai da tempo Meloni, novella equilibrista, cammina sul filo sospeso dell’ambiguità, sempre sul punto di precipitare: vuole dare a intendere che lei e il suo partito sono pronti a prendere le distanze dall’ideologia fascista di cui sono l’ultimo prodotto, ma proprio non le riesce. Da lei non è mai venuta una parola autenticamente sentita, definitivamente chiarificatrice del concreto superamento di quella “fede”. Ad ogni evento, ogni argomento, ogni decisione politica che sollecita una netta presa di posizione in chiave antifascista Meloni scantona, non dà seguito alle parole abilmente seminate al vento, si confonde e confonde i suoi potenziali elettori che da lei si attendono scelte concrete e nette. Come una sfinge all’incrocio della storia, la leader s’imbizzarrisce, indecisa sulla direzione da prendere. E la storia, si sa, prima o poi punisce chi si ostina a non comprenderla.
Affermare che i 335 innocenti furono “trucidati dalle truppe di occupazione naziste solo perché italiani” è a un tempo un falso storico e una strumentalizzazione della storia, e non è un modo degno di “onorare le vittime”. A perpetrare l’eccidio non furono soltanto i nazisti, ma anche i fascisti. Senza la loro indispensabile, volenterosa ed entusiastica partecipazione alla tragica operazione i tedeschi non avrebbero potuto scegliere chirurgicamente le vittime come fecero. Quei martiri loro malgrado non furono trucidati “solo perché italiani”: le liste furono attentamente stilate e vagliate dalla polizia fascista, i primi a comparirvi furono ebrei, antifascisti e comunisti. Solo alla fine, come sempre accade nelle caotiche e drammatiche contingenze della storia, vi finirono altri sventurati detenuti per reati comuni. Fu il questore Caruso, punta di diamante del potere fascista nella capitale, a fornire quelle liste ai tedeschi. L’intera operazione fu dunque coordinata e portata a termine con una oscena collaborazione tra nazisti e fascisti: non ricordarlo con chiarezza è una scelta scellerata, fondata su un patente falso storico e una bassa strumentalizzazione della storia.
Eventi divisivi come l’eccidio delle Fosse Ardeatine sono il campo di prova a cui un leader che vuole dirsi significativo e davvero rappresentativo di una parte autenticamente democratica e civile non può non confrontarsi. Confrontarvisi significa prendere le distanze da un’ideologia di morte che ha prodotto una guerra mondiale e milioni di morti, che ha distrutto moralmente e fisicamente il nostro Paese. Giocare con le parole, continuare a saltellare sul filo come un’improvvida equilibrista attanagliata dalla paura di precipitare non conduce lontano. Soprattutto, riapre ferite in un corpo sociale ormai da tempo svenato. E dirlo nel tempo in cui una nuova guerra sta di nuovo insanguinando l’Europa, è ancor più grave.
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