Un mito che non vuole morire: perché Mussolini e le bufale sul fascismo trovano ancora consensi

Con un approccio pluralista, una raccolta di voci diverse e varie si giunge ad una sintesi che spiega i motivi della permanenza di racconti irreali sul lascito fascista. Un libro interessante

Un mito che non vuole morire: perché Mussolini e le bufale sul fascismo trovano ancora consensi
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Giuseppe Costigliola Modifica articolo

13 Aprile 2023 - 09.34


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“Perché a settantasette anni dalla morte, Mussolini non muore?” Per rispondere a questa semplice domanda ma dalle risposte complesse la giornalista Sara Lucaroni ha condotto uno studio articolato, i cui risultati sono confluiti in un libro, Sempre lui. Perché Mussolini non muore mai, edito dalla Libreria Pienogiorno (pp. 381, € 18,90 a stampa, € 10,99 ePub). L’autrice tesse un’indagine a cavallo tra giornalismo d’inchiesta e ricerca storica, nel lodevole tentativo di investigare a fondo, come si legge nella prefazione, “la pervasività di un mito cucito addosso agli italiani perché in fondo a loro assomiglia”, il quale inopinatamente ha rioccupato le nostre coscienze “ridando corpo ad archetipi e fantasmi” che ci eravamo illusi di aver superato. L’attualità è analizzata alla luce della storia nazionale, nella volontà di gettare lumi sulla strada buia che abbiamo imboccato, come corpo civile e consesso politico, ignari e inconsapevoli degli ammonimenti della nostra storia, recente e lontana, che pur qualcosa dovrebbe averci insegnato.

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In quest’ottica, Lucaroni si pone e pone ulteriori cogenti domande: Cos’è esattamente il fascismo? Chi è fascista? Ha senso parlare oggi di fascismo? Se sì, quali forme assume? È dunque evidente lo sforzo ermeneutico che regge questo libro non poco interessante: comprendere l’oggi tramite lo studio di ciò che è trascorso, rintracciare i fili rossi che determinano il nostro presente. Perché è chiaro: quel che accade non nasce dal nulla, ha un suo preciso svolgimento, e se vogliamo risolvere i drammatici problemi che ci assillano è anche alla comprensione del passato che dobbiamo rivolgerci. Soprattutto, a quel passato rimosso e mai decisamente affrontato, che dunque non passa.

Sono molteplici i temi affrontati: le idee e forme di potere che insidiano i principi della democrazia su cui si fondano – o dovrebbero fondarsi – i nostri governi, le perniciose dottrine sovraniste, l’erosione dei diritti, il collasso della partecipazione elettorale, i danni del populismo, la globalizzazione e le paure che produce, le migrazioni umane, i bisogni identitari, le sicurezze perdute. E ancora, i meccanismi della trasmissione della memoria, la creazione del consenso, le tante bufale che ancora bellamente si raccontano sul fascismo, e che trovano credito tra consistenti schiere di babbei.

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In Italia queste ed altre problematiche sono poi acuite da mali atavici, come il trasformismo e il conformismo, una radicata ignoranza delle dinamiche storiche, un egoismo e una mancanza di senso civico beceri e miopi. Ecco allora che un personaggio fosco, condannato senza appello dalla storia come Mussolini diventa “mainstream”, ecco che in tutto il Paese si tenta di ripristinare la “toponomastica originaria” del fascismo, ecco che sui social e nei comportamenti quotidiani “si occhieggia al Ventennio o se ne condivide la retorica e i simboli”, ecco che movimenti e gruppi un tempo marginali e marginalizzati “ora attaccano frontalmente organizzazioni e istituzioni o si mescolano a chi si candida a governarle”: insomma, di Mussolini e del fetido passato che rappresenta non ci siamo mai davvero liberati.

Per trovare una ragione a questa pericolosa deriva democratica, si analizzano le mutevoli forme di un certo sentire fascista che avvelena la società e le istituzioni, si esplora il mito del duce, se ne ricostruisce agilmente la sua vicenda pubblica e privata, la sua “multiforme” figura, che ha sempre avuto una grande presa sull’opinione pubblica italiana, il suo inscindibile legame col fascismo, che in quanto dittatura ha la colpa prima nell’aver scavato “un abisso tra la realtà e la sua rappresentazione, tra i fatti e le parole, e di schiacciare le persone col potere”. È proprio questo abisso che Lucaroni indaga, soffermandosi anche su fenomeni socio-antropologici come quello delle tifoserie calcistiche di matrice fascista (cui è dedicato un capitolo, “Un calcio alla politica”), dei gruppi di destra che imperversano e avvelenano il panorama politico e istituzionale, affrontando nodi gordiani come quello tra sesso e potere (“Tutte le donne del Presidente”), imbarcandosi in un inquietante viaggio nella pervasiva economia basata sui gadget di stampo fascista e sul suo retaggio (“Gita a Predappio”).

Come accennato, Lucaroni opera mettendo in feconda unione ricerca storica e interviste condotte sul campo, indagini storiografiche e interpretazioni di storici, sociologi, filosofi, scrittori e studiosi a vario titolo, per smascherare i tentativi di revisionismo che hanno provato a capovolgere eventi e significati, avvelenando le fonti del dibattito pubblico. Ed è proprio in tale approccio pluralista, in questa raccolta di voci diverse e varie che intende giungere ad una sintesi in grado di rispondere alle domande poste, che giace il maggior valore di questo libro, pensato e realizzato, programmaticamente, “senza partigianerie, senza conformismi, senza sconti” – così come avviene in una storiografia di livello.

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La storia è sempre fatta di e da individui in carne e ossa, dimenticarla significa obliare noi stessi, concedere spazio ai mali che ci hanno assalito, di cui il fascismo, orrido “virus mutante”, è emblema esemplare. Distorcere il passato significa condannarsi a rivivere barbari fatti di sangue come quello di Civitanova Marche, seguire come zombi sanguinari miti e leggende e non affrontare con maturo coraggio la realtà. Ci ricorda Lucaroni che colse nel vero, con lucidità prodigiosa, il giornalista inglese Herbert Matthews quando nel 1945 avvisò gli italiani: “Non l’avete ucciso!” Ebbene, questo libro è qui per ricordarci che è davvero giunto il momento di fare i conti con la nostra storia, di spazzare via una volta per tutte truci favole per gonzi e creduloni e costruire finalmente una democrazia sana e inclusiva degna di una nazione civilmente evoluta.

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