Storie di musica al cinema: un libro sul binomio tra due arti suggestive

Un dizionario dei grandi film sulla musica colma una lacuna nella storiografia cinematografica

Storie di musica al cinema: un libro sul binomio tra due arti suggestive
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Giuseppe Costigliola Modifica articolo

24 Aprile 2023 - 11.03


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Dizionari e repertori di generi cinematografici ve ne sono tanti in commercio: dedicati a film western, gialli, erotici, horror e così via. Se ben preparati, si rivelano per lo studioso o anche per il semplice appassionato un prezioso strumento per orientarsi in campi spesso sconfinati. Mancava però un volume che si soffermasse sui film di argomento musicale: non sul musical in senso stretto, ma su quelle pellicole che pongono al centro della narrazione le vite di musicisti o la musica nelle sue più varie articolazioni. Orbene, il vuoto è stato colmato da Eugenio Tassitano, con il suo Storie di musica al cinema. Dizionario dei grandi film sulla musica, pubblicato da Arcana (pp.270, € 21), editore da decenni specializzato nella storiografia musicale.

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Compositore per il teatro e per il cinema, diplomato al Conservatorio in Musica applicata, l’autore unisce la pratica alla teoria, ed il suo studio si inserisce nella riflessione, sviluppata in particolare nell’ultimo quarantennio, sulle complesse interazioni tra colonne musicali e arte cinematografica. Provvisto di una intelligente prefazione del critico musicale Andrea Silenzi, il volume si apre con un’introduzione di ammirevole chiarezza metodologica, nella quale si motivano ed esplicitano le scelte operate nella selezione e nella valutazione dei film. Opportuna la distinzione operata tra biopic musicali, cioè pellicole centrate sulla vita di musicisti realmente esistiti, con un grado più o meno ampio di libera ispirazione, e film di pura finzione in cui la musica è il motore principale della storia e i protagonisti sono musicisti o svolgono un’attività ad essa connessa. Salvo qualche giustificata eccezione, sono esclusi dalla trattazione, oltre ai musical, i documentari, i cortometraggi (inferiori all’ora di durata), i film-concerto, i film-opera, quelli su danza e danzatori, che avrebbero ampliato on ben altra misura il campo d’indagine.

Il volume è diviso in tre parti: i film indispensabili, i consigliati, i segnalati, ed è chiuso da un’appendice con un elenco di pellicole in cui la musica svolge un ruolo di una certa rilevanza, pur non essendo l’argomento principale. Il testo è organizzato in schede, presentate in ordine alfabetico; si forniscono le informazioni fondamentali (titolo, regista, genere, durata, produzione, eventuale divieto ai minori, autore della colonna musicale e personaggio protagonista), seguite da una breve sinossi, che tende a non svelare troppi particolari della trama (del resto, siamo in epoca di “spoilerfobia”), e un commento. Apprezzabile l’approccio alla materia: “Chi scrive non si considera un critico cinematografico, ma uno spettatore/musicista che lavora da molti anni nel campo della musica applicata e che studia da tempo il rapporto tra musica e immagine”. Notazione non da poco, poiché il libro è invero fruibile: Tassitano impiega una scrittura immediata ed efficace, pur senza perdere la specificità del linguaggio critico, nell’ottica di un’apertura al dialogo, al confronto con il lettore, che poi è il cuore di ogni discorso di crescita culturale. Modalità anche attestata dall’invito dell’autore ad interagire con lui qualora si volessero segnalare imprecisioni, film non schedati né elencati. L’obiettivo primario è insomma quello di veicolare informazioni, suscitare la curiosità, spingere a vedere i film recensiti e approfondirne la conoscenza, magari abbozzando un giudizio personale.

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In definitiva, a leggere queste pagine si ha l’impressione che la competenza in esse espressa venga, per così dire, da lontano, sia cioè frutto di una lunga frequentazione cinematografica e di letture critiche ben meditate. Riflessione, questa, meno banale di quel che appare, poiché non sono poche le pubblicazioni di questo ed altro tenore che appaiono risultato di improvvisazione e pressapochismo, testi insomma privi di quello spessore conoscitivo e culturale che solo può produrre opere come questa.

Un ultimo aspetto su cui vale la pena soffermarsi è proprio l’evidenza da cui siamo partiti: riempiendo una lacuna nel pur vasto panorama della storiografia cinematografica, questo volume si configura come un’operazione culturale assai interessante. Il campo di ricerca che affronta è quanto mai vasto, ed è auspicabile che un tale lavoro per più d’un verso seminale dia origine ad altri consimili, essendo numerosi gli spazi da riempire, i percorsi ed i film su cui indagare e riflettere.

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