Tre anni fa, girando su Twitter, alcuni commenti volgevano l’ultimo saluto a Christopher Clark, attivista scozzese fondatore della Riserva naturale di Xixuau-Xiparina, in Amazzonia. Il polmone verde, infatti, il 10 luglio del 2020, perdeva un fratello, il suo “guerriero” e più fedele alleato, che aveva dedicato una vita intera a difenderla, anche quando il cancro lo aveva costretto ad abbandonare il Brasile per curarsi nel Regno Unito.
Oggi il suo operato viene omaggiato in un documentario di Edoardo Morabito, dal titolo L’avamposto, che debutterà nelle Giornate degli Autori in occasione della 80° mostra del Cinema di Venezia, poi in uscita con Luce Cinecittà.
Il lungometraggio, in collaborazione con Dugong Films e Rai Cinema, che lo hanno prodotto, è girato negli anni precedenti alla realizzazione del grande sogno di Clark, l’ultimo: quello di coinvolgere i Pink Floyd per un enorme concerto di beneficenza che salvasse l’Amazzonia.
Nel corso di uno sceneggiato che immerge lo spettatore nelle affascinanti foreste ammazzoni, il regista vuole anche rendere omaggio all’amico attivista con il racconto delle sue battaglie che successivamente hanno portato alla creazione di una Riserva.
Prima che il governo brasiliano proclamasse quel territorio di oltre 630 mila ettari riserva naturale del Basso Rio Branco-Jauaperi, infatti, Clark ha dedicato 20 anni della sua vita a proteggere la biodiversità di quelle foreste e a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, sensibilizzando i capi dei paesi interessati a tutelare tale patrimonio ambientale troppo spesso minacciato da sregolate attività economiche, leggi inadeguate e mancata sensibilità all’argomento.
Quando Clark decise di lasciare il lavoro e la Toscana, dove si era dedicato come imprenditore a restaurare casali per rivenderli a ricchi inglesi, cominciò a viaggiare per il mondo. Quando, poi, vide per la prima volta l’Amazzonia, nella seconda metà degli anni ’80, scelse di restare a vivere tra le comunità della valle del Rio Jauaperi. Lì rimase affascinato dal modo di vivere di quelle popolazioni, considerate un modello di società utopica. Così contribuì a creare un villaggio, nello Xixuaù, grazie all’aiuto di una comunità di Caboclos, designandoli guardiani della foresta.
Attraverso questo documentario Morabito quindiracconta il sogno dell’amico di lunga data, quello di realizzare uno spettacolare concerto dei Pink Floyd proprio in quei luoghi, riportando allo stesso tempo alla mente dei governi temi di assoluta urgenza che non devono mai finire in secondo piano.
Perché oltre a quelle foreste, sempre più in difficoltà, le stesse comunità che la abitano e alle quali lui tanto era legato, sembrano crollare a causa dei sempre più diffusi incendi che colpiscono quelle zone, insieme all’aumento di attività illecite, in grande parte derivanti dalle azioni sconsiderate di tante multinazionali che speculano sulla vita, e sui diritti, delle popolazioni autoctone.
Eppure, racconta il regista: “Il sogno del live dei Pink Floyd era una delle sue tante idee. Quella che io ho seguito perché permetteva di raccontare anche determinate contraddizioni. E’ un forte simbolo di un modo di essere idealisti ma lui era anche concreto, la realtà è rappresentata dalla riserva che alla fine è riuscito ad ottenere”.
Un modo, dunque, per Morabito, per rilanciare l’interesse globale sull’Amazzonia e continuare a fare pressione sul governo brasiliano, così che non si dimentichi per cosa è ancora importante lottare.