Di Marcello Cecconi
Sono passati 70 anni dalla fine dei lavori della “Commissione parlamentare d’inchiesta sulla miseria”. Quei lavori, e i dati relativi, divennero il tema di uno straordinario documentario dell’Istituto Luce. Quelle immagini verranno proiettato alla 80a Mostra internazionale d’Arte Cinematografica in corso a Venezia. Sarà così possibile la versione restaurata del documentario che illustrò gli esiti dell’indagine. Questo è stato reso possibile grazie al Comitato per la Documentazione della Camera. Alla presenza della Vicepresidente della Camera, Anna Ascani, la proiezione è programmata per venerdì 8 settembre alle 18, presso l’Hotel Excelsior del Lido.
La regia del lungometraggio fu affidata, dall’Istituto Luce che l’ha realizzato, a Giorgio Ferroni (Il Colosso di Roma – 1964, La battaglia di El Elamein- 1968). Sono 27 minuti di immagini, restaurate dall’Archivio Luce presso i laboratori di Cinecittà, che sintetizzano il contenuto degli atti che riempiono 14 volumi editati a cura dell’Ufficio studi e pubblicazioni della Camera dei deputati, nel 1958.
Come si può leggere nella relativa nota dell’Archivio storico della Camera dei Deputati «Nell’impossibilità di svolgere un’inchiesta a livello nazionale, a causa dell’ampiezza del fenomeno e della ristrettezza dei tempi a disposizione, furono esaminate nove aree nelle quali il fenomeno della miseria appariva “in forme più penose o caratteristiche”: zona montana-alpina; delta padano; zona montana-abruzzese; Puglia; Basilicata; Calabria; Sicilia; Sardegna; suburbi delle grandi città (Roma, Napoli, Milano)».
In più fu scelto il comune di Grassano, in provincia di Matera, dove vent’anni prima era stato spedito al confino Carlo Levi, il paese che aveva fatto da sfondo al suo libro autobiografico “Cristo si è fermato a Eboli” pubblicato nel 1945 e dove descriveva minuziosamente le difficili condizioni di vita, anche in promiscuità, tra persone e animali.
Grassano venne considerato il caso studio di esemplare comunità agricola meridionale, e l’indagine fu condotta sul campo per un intero anno. Chissà se fece da suggerimento al sociologo britannico E. Banfield che nemmeno cinque anni dopo scelse, Chiaromonte, nella stessa regione e con le stesse caratteristiche, per la sua discussa indagine sul “familismo amorale” degli italiani!
Il reportage che rivedremo a Venezia, in maniera inquietante, svelava come dopo un secolo dall’Unità la penisola fosse ancora spaccata in tre zone: una povertà molto contenuta nel Nord con punte massime del 3,1% in Friuli Venezia Giulia, una preoccupante nel Centro con punte del 10% nel Lazio, disastrosa nel Sud con la punta estrema in Calabria del 37,7%.
Un ulteriore indice che si rileva dall’indagine sono le differenze nei consumi. E se sul consumo di pane non c’era un abisso, 1,9 chili al giorno per la famiglia dell’operaio specializzato contro 1,6 di quella del povero, sulla frutta e ortaggi la forbice si allargava terribilmente con la prima che ne consumava 3,4 chili contro 1,2 della seconda che però rinunciava completamente alla frutta.
Insomma allora i poveri rappresentavano l’11,8% della popolazione, circa 6 milioni di italiani e si dimostrava che la Monarchia, prima parlamentare e poi fascistizzata, non era riuscita ad incidere sulle croniche differenze.
Difficile non sentire un campanello d’allarme quando assisteremo alla visione del documentario di settant’anni fa. Con la Repubblica son cambiate molte cose e son cambiati gli italiani ma un’inchiesta parlamentare sulla miseria “aggiornata” non sarebbe assolutamente fuori luogo. Chissà che numeri verrebbero fuori in un Paese dove, secondo l’ISTAT, un individuo adulto (18-59 anni) è considerato in povertà assoluta se sostiene una spesa mensile per consumi pari o inferiore a 560-600€ nel Mezzogiorno, 700-800€ nel Centro, 750-840€ nel Nord.