Il 3 febbraio del 1960 il giornale radio del mattino annunciò la morte di Fred Buscaglione, avvenuta a Roma, all’alba, in seguito ad un incidente stradale, mentre si trovava a bordo della sua auto americana, una Tunderbird color rosa.
Qualcuno pensò a una trovata pubblicitaria, dato che Buscaglione stava girando un film che doveva intitolarsi “A qualcuno piace Fred”, ambientato nel mondo di improbabili gangster, di avvenenti pupe facili, di whisky bevuto in quantità industriali, di pistole che facevano “bang”, di inseguimenti con auto di grossa cilindrata… Ma soprattutto perché Fred Buscaglione aveva abituato tutti a scherzare proprio con le pistole, a morire in scena e a rialzarsi dopo la fine di una canzone.
Quel cantante dal baffo alla Clarck Gable e dal fisico alla James Cagney, andava all’altro mondo quasi ogni giorno, interpretando in televisione i suoi singolari e parodistici personaggi: gangster col vestito gessato che scambiavano l’anonima assassini per l’anonima cretini, amanti sbruffoni che cadevano sotto le sventole di un “mammifero” modello 103, un suo modo originale per definire una bella donna; guardaspalle con il pugno da un quintale che affrontano killer che si chiamano Billy Carr e si incontrano al Roxy Bar. Insomma, Fred era il protagonista di un mondo improbabile e paradossale e forse per questo la notizia della sua scomparsa sembrò altrettanto improbabile e paradossale.
Ferdinando Buscaglione era nato a Torino il 23 novembre 1921, quando l’Italia e Torino sono percorsi da grandi fremiti. La fine della prima guerra mondiale ha portato nuove spinte sociali e rivendicazioni radicali: nel 1920 l’occupazione delle fabbriche ha portato la città all’attenzione di tutti, a Livorno è nato il Partito Comunista, proprio mentre è in gestazione la marcia su Roma che porterà Mussolini al potere.
La famiglia di Fred è povera. Il padre è verniciatore, la madre portinaia con un passato di pianista. Per arrotondare, la madre insegna il piano ai bambini nella guardiola della portineria. Fred ascolta musica ogni giorno e gli entra nel sangue. Per questo i genitori, a costo di grandissimi sacrifici, decidono che andrà al conservatorio. Studierà violino, che è lo strumento principe dell’orchestra sinfonica.
A 11 anni l’ingresso nel sontuoso palazzo della musica, il Conservatorio Verdi, dove Ferdinando studia violino e si impossessa di quei rudimenti che lo porteranno anche a pizzicare il contrabbasso, a soffiare in una tromba, a pestare sul pianoforte. Ma per poco, perché a 15 anni è già fuori e alla ricerca di qualche orchestrina in cui suonare.
La guerra e l’arrivo degli americani con i loro ritmi, il loro jazz danno una svolta alla musica leggera italiana. Per Fred è una vera e propria folgorazione. Ma dopo alcuni anni di gioiosa anarchia musicale, in Italia è tempo di restaurazione perché si torna alla canzone melodica, alle mamme in lacrime, agli amanti sospirosi e quindi lo spazio per l’ironia, ma anche per i sapori musicali d’oltre oceano, si restringe a vista d’occhio. E’ in queste contraddizioni che Fred Buscaglione si trova a vivere da musicista che ama il jazz e che vorrebbe cantare storie nuove.
L’incontro con Leo Chiosso, anche lui appassionato di jazz, sarà fondamentale per Fred. Chiosso e Buscaglione si sono conosciuti casualmente ma se Chiosso apprezza di Buscaglione la musicalità particolare, Buscaglione apprezza di Chiosso quel modo di scrivere storie che sembrano richiamarsi al mondo dello scrittore americano Damon Runyon, l’autore di Bulli e Pupe.
Il grande successo arriva con Che bambola, o Eri piccola, dove le donne “hanno più curve di una strada di montagna”; o Teresa non sparare, dove le avventure extraconiugali diventano cronaca di ogni giorno e vengono risolte a colpi di fucile. Visto il successo, la TV deve aprire le porte a questo singolare personaggio di cui il cinema si è già accorto.
Ma alle soglie dei 40 anni, quando il successo sta oramai diventando travolgente, l’incidente mette la parola fine alla straordinaria carriera di Ferdinando Buscaglione, detto Fred.