“L’appiattimento sul presente è già disperazione” diceva già tredici anni fa Galimberti. A distanza di tempo, questa condizione si è cronicizzata in noi: l’oggi sta sempre di più per l’oggi quanto più stretto possibile, non è più un oggi in senso lato, quando intendevamo un tempo più vasto come questi ultimi anni, quest’anno o questo mese.
Viviamo nell’era del fiammifero, il tempo scorre veloce ed inteso come la sua fiammella e, una volta acceso, arde e si consuma in un attimo.
Quali sono in questo contesto disorientante i nostri punti della linea temporale, quale è il nostro orologio? L’agenda dei media, verrebbe da dire. Ci scandisce il tempo e le emozioni, ricordiamo sempre meno i giorni ma gli eventi salienti che accadono. È la cronaca il nuovo metronomo della nostra vita.
Oggi è l’efferato femminicidio di Giulia Cecchettin che si prende tutta la nostra salienza emotiva, o le alluvioni di Emilia-Romagna e della Toscana, o ancora l’altro efferato femminicidio di Giulia Tramontano che è successo ad aprile, anche se ci sembra che sia successo già anni fa.
Ma anche la cronaca meno dura e dolorosa, dettata sempre dai media, ci ha scandito il tempo: che si tratti del nuovo scandalo di Calcioscommesse di Tonali&co o il Meloni-Giambruno gate anche questi eventi ci sembrano appartenere ad un passato molto lontano.
Ma di queste notizie cosa ci è rimasto? Soprattutto, ci è rimasto davvero qualcosa? Nel momento in cui sono apparse nella nostra vita hanno sicuramente portato un grande consumo di energie emotive. Ognuna di queste vicende in parte ci ha coinvolti, è stato il momento di questa questione o quell’altra. Ma una volta finita la forza della fiamma dell’evento finisce anche la nostra memoria di quei fatti; ci appaiono presto lontani, e presto confusi; i protagonisti della cronaca presto spariscono dalla nostra memoria.
E con la loro scomparsa nasce in noi una certa vergogna di cui non sempre abbiamo il coraggio di farne ammenda, barcamenando in goffe giustificazioni. Come si chiamava l’orsa uccisa dall’allevatore qualche mese fa? Quando è stata di preciso l’alluvione in Emilia-Romagna? Eppure, sono stati eventi così presenti e centrali nella nostra cronaca e nei nostri discorsi, ma puff. Diventano degli ingombranti assenti.
Con la memoria che si offusca, si offuscano anche le nostre capacità di pensiero. Ci aggrappiamo all’oggi, lo consumiamo. Ma cosa siamo nell’oggi se non riusciamo ad avere memoria del nostro ieri con così tanta facilità?
Icasticamente viene in mente un passaggio del Tabarro di Puccini “Tutto è conteso, tutto ci è rapito. La giornata è già buia alla mattina! Hai ben ragione: meglio non pensare, piegare il capo ed incurvar la schiena”, che ben descrive questo assorbimento che viviamo del tempo presente ma anche di come tutto voli così velocemente senza che in realtà ne abbiamo una capacità di controllo.
Non stupisce, quindi, il ritratto che fa il Censis degli italiani; il quadro che dipinge di noi non è tra i più piacevoli: siamo dei sonnambuli, amareggiati e troppo poco reazionari, assorbiti tra le cose dalla cronaca quotidiana che agisce in noi interrompendo il nostro sonno con degli spasmi emotivi che però ci ancorano al presente limitandoci visuale e progettazione strutturale del futuro. Ed anche cambiano le nostre priorità, abbiamo più interesse al benessere del quotidiano o come loro lo chiamano il tempo dei desideri minori, ci interessano sempre meno grandi guadagni e grandi progetti, crediamo sempre meno nel dettame neoliberista del work hard perché poi avrai i frutti di questi sacrifici, il lavoro è declassato nella gerarchia dei valori esistenziali.
Ma questo è soprattutto dovuto perché siamo disillusi nella prosperità del futuro, ci è sempre più difficile pensarlo e soprattutto ci è sempre più difficile pensarlo un futuro positivo viste le previsioni sempre pessimistiche a livello economico, sociale e climatico. Se la memoria del passato ci abbandona e se non siamo in grando di sperare più nel domani, non possiamo stupirci se cerchiamo così tanta vita nell’oggi ma il futuro è ancora nostro anche se ce ne siamo dimenticati.