A Milano dal 1 al 3 marzo l’arte è (un)fair

Milano si fa (un)fair: la fiera che non è fiera rivoluziona l’arte e il collezionismo e conquista i millennials

Rooy Charlie Lana - ph. Evelin Mazzaro - (un)fair - Milano
Rooy Charlie Lana - ph.Evelin Mazzaro - (un)fair - Milano
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28 Febbraio 2024 - 10.20


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di Alessia de Antoniis

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Dall’1 al 3 marzo 2024 al Superstudio Maxi di Milano arriva la III° edizione di (un)fair, la fiera-non fiera di arte contemporanea.

Il mercato dell’arte può essere (un)fair? Quali sono le ultime tendenze dell’arte contemporanea fuori dai soliti canali?

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Il desiderio: è questo il tema di (un)fair 2024. Il desiderio che anima il collezionista e che accende la necessità di possesso di un’opera, di relazionarsi con le persone, ma anche di autodeterminazione e perché no di evasione.
Sono tanti e tutti diversi i desideri che (un)fair si propone di esaudire che prendono vita già nella campagna firmata dall’artista Rooy Charlie Lana: “La mia ricerca artistica esplora i nascondigli del desiderio.
(un)fair porta a Milano 60 gallerie, nazionali ed estere. Tra i paesi rappresentati figurano Giappone, Messico, Iran, Turchia, Ungheria, Spagna.
Tra le proposte artistiche da scoprire in fiera, quelle della galleria Candy Snake con le opere di Naomi Gilon e i suoi anti-desideri, i lavori di Ilaria Fasoli, le pop immagini fluide di Mattia Sarti. La Big Eyes Art Gallery consentirà ai visitatori di entrare in contatto con la post digital art declinata in diverse correnti artistiche come pop surrealism, pop art e figurativo contemporaneo. Elena Simoni, Marie Sugimoto, Margareta Senkova sono le artiste esposte ad (un)fair insieme ad Alberto Gagliardi. Torna Maroncelli 12 con le opere del quotato artista portoghese Daniel Goncalve, il cui lavoro si colloca tra l’arte ottica e le espressioni medianiche dell’Art Brut.

Dietro un(fair) due donne: Manuela Porcu e Laura Gabellotto. Con loro parliamo di (un)fair, l’evento che non è fiera e non è mercato. Allora cos’è (un)fair?
(un)fair – rispondono Manuela Porcu e Laura Gabellotto – si inserisce nel panorama dei format alternativi alle fiere istituzionali che stanno emergendo in tutto il mondo. (un)fair non si limita però a essere un evento collaterale, ma aspira a creare uno spazio unico nel calendario degli eventi. Il suo nome gioca ironicamente con il concetto di ‘non-fiera’, focalizzandosi invece sull’aspetto esperienziale e interattivo dell’evento.
Si potrebbe definire (un)fair né mercato né cultura, ma piuttosto una fusione di entrambi. Il suo obiettivo è preservare l’integrità della cultura senza ridurla a mero commercio, e allo stesso tempo riconoscere l’importanza della dimensione economica. (un)fair si propone di favorire, sviluppare e diffondere una cultura del collezionismo diffuso, coinvolgendo sia gli attuali che i potenziali nuovi collezionisti.

A quale pubblico si rivolge (un)fair? Cosa lo contraddistingue da eventi simili?
(un)fair si differenzia proprio per il pubblico a cui si rivolge. È progettato per la nuova generazione di collezionisti, composta principalmente da millennials e generazioni successive. Questo pubblico è interessato all’arte ma spesso manca di spazi fisici accoglienti dove sviluppare il proprio percorso di collezionismo e stringere relazioni nel mondo dell’arte contemporanea.
L’evento offre un ambiente stimolante e inclusivo dove i visitatori possono non solo scoprire opere d’arte e gallerie emergenti, ma anche partecipare a esperienze immersive e attività performative. (un)fair offre un approccio innovativo e dinamico all’interazione con l’arte.
Questo pubblico rappresenta una nuova sfida per il settore, poiché ha comportamenti, gusti e motivazioni diversi rispetto alle generazioni precedenti. (un)fair si impegna a colmare questa lacuna nel panorama artistico offrendo un’esperienza che risuona con le esigenze e i desideri della nuova generazione di appassionati d’arte.

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In un mondo che vede vari operatori come galleristi, direttori di case d’asta, mercanti, neofiti, il mercato dell’arte può essere per tutti? È un mercato solo per esperti e alto spendente. Esiste un cliente tipo?
Il mercato dell’arte è già per tutti. La vera sfida è promuovere una cultura del collezionismo che vada oltre i tradizionali stereotipi associati ai collezionisti d’arte. (un)fair si impegna proprio in questo, diffondendo la passione e la curiosità per l’arte contemporanea e sostenendo gli artisti emergenti.
L’obiettivo di (un)fair non è quello di definire un cliente tipo, ma di creare un’esperienza che possa interessare una vasta gamma di persone, indipendentemente dal loro background o livello di esperienza nel mondo dell’arte. La manifestazione offre un ambiente inclusivo e diversificato, che mira a coinvolgere e ispirare tutti coloro che sono interessati all’arte contemporanea, indipendentemente dalle loro motivazioni o capacità di spesa.

Che tipo di mercato è quello italiano? E con quali pregiudizi/difficoltà vi scontrate e si scontrano i galleristi che propongono novità?
(un)fair è emersa in risposta alla necessità di adattarsi al nuovo panorama creato dalla pandemia, un momento che ha portato sia cambiamenti radicali che continuità nel mercato dell’arte italiano; operiamo in una tabula rasa dove tutto è cambiato e tutto è uguale. Mentre molti galleristi sentono la pressione di innovare e adattarsi a un contesto in evoluzione, alcuni restano ancorati a approcci tradizionali percepiti come più sicuri e consolidati.
Tuttavia, (un)fair dimostra che c’è un pubblico desideroso di accogliere e sostenere le novità nel collezionismo e nell’esperienza artistica. Le due edizioni precedenti hanno dimostrato il successo di questo approccio, con un’accoglienza positiva da parte del pubblico e una crescita significativa nel numero di partecipanti. Dal punto di vista del collezionismo e del pubblico le novità vengono sempre accolte positivamente, e abbiamo raggiunto in due edizioni numeri di manifestazioni decennali.

Quali sono i prodotti più richiesti sul mercato? Dipinti, sculture, foto, …? E gli NFT?
Se dovessimo analizzare le tendenze del mercato dell’arte, probabilmente la pittura sarebbe in cima alla lista in termini di domanda e offerta. Tuttavia, crediamo che sia fondamentale per una manifestazione come la nostra proporre alternative e abbracciare nuove forme contemporanee di espressione artistica. Come la sezione dedicata ai new media, curata da Luisa Ausenda, che include gallerie e una serie di progetti speciali. Questa sezione non è focalizzata esclusivamente sul commercio, ma mira a familiarizzare il pubblico con tematiche che possono ancora suscitare perplessità, come l’arte digitale.
Non ci limitiamo agli NFT – “NFTs are dead” è il progetto provocatorio che presenta Valuart – piuttosto ci concentriamo sull’arte digitale nel suo complesso, spostando il focus sul contenuto. Inoltre, abbiamo organizzato dei talks di approfondimento per promuovere una comprensione più profonda di questo tema in continua evoluzione, dall’elemento performativo anche nell’arte digitale alle ultime frontiere dell’AI.

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Le registrazioni di prezzi d’asta da record per i beni più disparati, fanno da volano a eventi come (un)fair?
Sono le eccezioni alla regola. Capiamo facciano notizia, allo stesso tempo però contribuiscono a creare diffidenza – bolle speculative, alterazione dei prezzi – e una errata percezione del costo di un’opera d’arte. Ma fa parte del gioco.

Per far crescere un artista, social e influencer sono una strategia vincente o funzionano ancora l’acquisizione da parte di collezioni istituzionali e private, i critici d’arte, le mostre presso gallerie, la pubblicazione su cataloghi specializzati, le mostre mercato come (un)fair?
Le due cose dovrebbero andare di pari passo. Dipende anche da cosa si intenda con la crescita di un artista: crescita della sua reputazione? dei prezzi delle sue opere? della sua popolarità? maturazione della ricerca, del linguaggio? Le fiere svolgono un ruolo importante in questo contesto, offrendo un’occasione per l’esposizione, la promozione e naturalmente la vendita delle opere degli artisti. Le fiere non solo contribuiscono a costruire il curriculum dell’artista, ma rappresentano anche un’opportunità per far conoscere il proprio lavoro a un pubblico più ampio e per stabilire connessioni significative nel mondo dell’arte.
Oggi che l’arte si può vendere e comprare anche online, quanto conta lo spazio espositivo?
Potrebbe sembrare un po’ old school per una fiera-non-fiera che si racconta come innovativa, ma l’esperienza offline per noi è un fattore fondamentale per la creazione delle relazioni, che potranno proseguire in altri momenti e luoghi, anche online. Lo spazio deve di conseguenza essere costruito in modo che questa esperienza sia positiva, piacevole, coerente e, anche, riconoscibile. La visita ad una fiera può essere faticosa, quasi “overwhelming”; cerchiamo di mantenere una dimensione fruibile e lasciare dei momenti per il relax, oltre a dedicare sempre un po’ di energie sugli elementi “inaspettati”.

L’arte contemporanea va slegata dal concetto di mero investimento finanziario e legata anche a un concetto di godibilità? Qualcosa che renda diversa la nostra casa/studio/ufficio e ci consenta di sfuggire all’omologazione degli interior designer?
C’è dell’omologazione anche nel mondo dei super collector, temo sia una tendenza umana! Per sviluppare il proprio gusto serve un po’ di coraggio.

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L’AI va così demonizzata? Avete qui artisti che la usano con successo?
Questa è una delle tematiche che verrà trattata in uno dei talk della fiera. Posso dire che non siamo più in una fase sperimentale con l’utilizzo di questa tecnologia, ci sono dei progetti molto maturi di cui si parlerà il 2 Marzo ad (un)fair. Ma basta anche prenotarsi per Humanverse di Martin Romeo, una performance live online, accessibile in fiera con dei visori per la realtà virtuale, che utilizza e potenzia le piattaforme creative del Metaverso e dell’Intelligenza Artificiale, offrendo un’esperienza davvero unica.

C’è una corrente artistica che prevale? Quali le creazioni più innovative all’evento milanese?
Per noi, questo è l’anno del performativo. Abbiamo dedicato uno spazio ad una mostra con opere di artisti che saranno coinvolti nel nostro programma di performance, Dialoghi Empatici, con la curatela di Alessio Vigni. Ma sembra quasi un’esigenza degli artisti e delle gallerie stesse proporre delle attività che attivino il progetto oltre il tradizionale approccio visivo.

Unfair: ingiusto, sleale. Cosa è corretto, “giusto”, quando si parla di arte?
È quello che ci diverte in realtà: porre queste domande senza fornire le risposte. Il rapporto con l’arte è così soggettivo che è giusto che la risposta la dia, dal proprio personale punto di vista, ogni visitatore che abbia voglia di porsi delle domande.

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