Il primo ministro greco Alexis Tsipras ha annunciato un referendum nazionale il 5 luglio sulle condizioni della transazione del debito con i creditori internazionali. “Tocca al popolo greco – ha detto – prendere una decisione fatidica sulla sovranità, l’indipendenza e il futuro del Paese. Le proposte dell’Unione, che violano chiaramente le norme europee e dei diritti fondamentali al lavoro, all’uguaglianza e alla dignità mostrano che lo scopo di alcuni dei partner e delle istituzioni non è un valido accordo di tutte le parti, ma forse l’umiliazione di un intero popolo”.
Banche e Borsa sono chiuse da oggi e per i prossimi sei lavorativi, si cerca di limitare il panico dei risparmiatori, gli sportelli dovrebbero dunque riaprire martedi’ 7 luglio. Lo stop dovrebbe arrivare lunedi’ 6 luglio, La Bce intanto non chiude i rubinetti alle banche greche mantenendo invariati i fondi di emergenza. La “Grexit” da mera ipotesi si fa adesso possibilità concreta.
Il referendum di domenica prossima tuttavia potrebbe anche preservare sorprese, perchè la popolazione tutto sommato pare favorevole ad un accordo con Bruxelles: una prima rilevazione fatta dall’istituto “Alco” e pubblicata su “Proto Thema”, dice che il 57 per cento delle mille persone intervistate è favorevole a un accordo, mentre il 29 per cento vorrebbe la rottura dei negoziati. Un 57 per cento quindi direbbe sì alle condizioni poste dai creditori, anche se sulla base del rigore e dell’ austerità. La tendenza sembra confermata anche da un secondo sondaggio, fatto dalla “Kapa Research”,secondo cui il 47,2 per cento degli intervistati si dice favorevole a un accordo, contro il 33 per cento che si dice contrario.
La tragedia che rischia di consumarsi fra Atene e Bruxelles ad ogni modo sta spingendo l’Unione Europea e i mercati finanziari internazionali sull’orlo dell’abisso. Le ultime proposte avanzate dal premier e dal ministro Yanis Varoufakis per sbloccare l’impasse e riprendere l’erogazione del prestito concesso dalle istituzioni internazionali, sono state nuovamente respinte dalla Trojka, o meglio da Christine Lagarde, direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (FMI).
In un recente incontro a Bruxelles, la Lagarde si è rivolta con tono provocatorio al ministro Varoufakis, che aveva definito le politiche della Trojka “criminali”. “Allora io sarei il capo dei criminali?”, ha chiesto la Lagarde al ministro greco. Lui le ha risposto con un sorriso. Non sappiamo se la Lagarde sia il “capo dei criminali”, ma possiamo ragionevolmente credere che sia stata una dei protagonisti del complotto per scalzare Strauss Kahn dal FMI, eliminare quello che tutti i sondaggi davano come il nuovo presidente della Repubblica francese e salvare le banche francesi e tedesche da perdite ingentissime, capaci di determinare il loro downgraded (declassamento) e una crisi pericolosa del sistema bancario europeo.
Per spiegare ciò che sta accadendo in questi giorni, è bene ricordare alcuni fatti. Nel 2009 il debito pubblico greco era molto concentrato: il 10% dei creditori deteneva il 50% dei titoli pubblici greci (la stessa distribuzione della ricchezza in Italia). Il primo creditore era la BCE (49 miliardi), quindi le banche francesi e tedesche, cronicamente sottocapitalizzate e con livelli di leverage (leva finanziaria)elevatissimi (36 Deutsche Bank, 29 CommerzBank, 33 Credit Agricole e 50 Societe Generale), che hanno investito in titoli pubblici greci rispettivamente oltre 65 e 40 miliardi di euro. I due prestiti da 230 miliardi (bailout) hanno salvato le banche francesi e tedesche, ma non la Grecia che ha dovuto firmare una cambiale che tutti sapevano non sarebbe mai stata in grado di pagare, come ha anche dichiarato in un’intervista a Der Spiegel Otto Pohl, capo della Bundesbank dal 1980 al 1991 e membro, allora, del board del FMI.
Nel 2009 la spesa pubblica francese è cresciuta di circa il 4% del PIL, portando il rapporto deficit pubblico/PIL al 7,5%. Questo trend è continuato negli anni successivi con un rapporto deficit pubblico/PIL costantemente sopra il 4%, che ha condotto il rapporto debito pubblico /PIL al 97%. Il patto di stabilità e sviluppo prevede il tetto del 3% al rapporto deficit pubblico/PIL, ma questa regola – che ha strozzato tra gli altri Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda – non vale per la Francia, che non è in procedura d’infrazione. Perché?
È in atto un violento scontro tra lo staff tecnico del FMI e la sua componente politica sulle misure da prendere per salvare l’economia greca. I tecnici del FMI hanno più volte criticato i due bailout e le politiche di austerità imposte alla Grecia e si sono espressi per una ristrutturazione del debito e politiche economiche espansive. Lo scontro è così insanabile e definitivo che il professor Olivier Blanchard, capo economista del FMI chiamato da Strauss Kahn nel 2008 nonché uno dei più autorevoli e famosi macroeconomisti del mondo, si è dimesso nel maggio di quest’anno.
Perché la direzione delle trattative è stata presa dal FMI, che detiene solo il 10% del debito greco, e non dalla BCE e dalla Commissione che ne detengono insieme oltre il 72%? E ancora, perché il FMI, che è entrato nella partita grazie a Strauss Kahn con un ruolo secondario e con l’intento di favorire la ristrutturazione del debito greco e aiutarne la ripresa economica, è divenuto il maggior ostacolo alla soluzione dell’impasse?
Il prossimo anno ci sarà l’elezione per il rinnovo della carica di direttore generale del FMI e un cambio di strategia nella gestione della crisi greca suonerebbe come una sconfessione della Lagarde e dei suoi sponsor, in primis Nicolas Sarkozy, che i recenti successi nelle elezioni regionali francesi hanno rilanciato come avversario e possibile vincitore su Francois Hollande alle elezioni presidenziali francesi del 2017.
Christine Lagarde, prima di sostituire Strauss Kahn al FMI, è stata il ministro dell’Economia dei governi Fillon durante la presidenza Sarkozy e come tale ha gestito alcune spinose pratiche come l’arbitrato tra Bernard Tapie amico e finanziatore del presidente, e la banca Credit Lyonnais, conclusosi con un risarcimento di 392 milioni di euro. Per l’affaire Tapie la Lagarde non si è dimessa nonostante sia stata incriminata dalla magistratura transalpina e durante la perquisizione nella sua abitazione parigina sia stata trovata la famosa lettera che rende chiara la natura dei suoi rapporti con Sarkozy: “Caro Nicolas,molto brevemente e rispettosamente: sono al tuo fianco per servire te e i tuoi progetti per la Francia. Ho fatto del mio meglio e posso aver fallito, qualche volta. Te ne chiedo perdono.Non ho ambizioni politiche personali e non desidero diventare un’ambiziosa servile come molti di coloro che ti circondano: la loro lealtà è recente e talvolta poco durevole. Usami per il tempo che serve a te, alla tua azione e alla tua distribuzione dei ruoli.Se mi usi, ho bisogno di te come guida e come sostegno: senza guida, rischio di essere inefficace; senza sostegno, rischio di essere poco credibile.Con la mia immensa ammirazione, Christine L.”
Alla luce di tutto ciò, è davvero possibile che il destino del popolo greco e dell’Unione Europea, il sogno di Ventotene di Rossi e Spinelli, debbano essere finiti nelle mani di Christine Lagarde?