I giovani sono la vera emergenza italiana: disoccupazione e emigrazione record
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I giovani sono la vera emergenza italiana: disoccupazione e emigrazione record

Gli occupati under 25 sono passati da 1,7 milioni del 2004 a 1,093 del 2019,con una perdita secca di oltre 600mila posti.

Disoccupazione giovanile
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1 Maggio 2019 - 08.20


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Secondo il Sole 24 ore il più grande problema italiano è la disoccupazione giovanile.

A voler vedere il bicchiere mezzo vuoto, la maggior parte dei ragazzi registrati al programma si è persa per strada, visto che su un totale di 1,5 milioni, coloro che hanno concluso il percorso sono stati, come detto in precedenza, meno di 600mila e chi ha trovato un’occupazione rappresenta poco più di un quarto dei registrati. La maggioranza dei ragazzi, insomma, non ha visto (almeno finora) trasformarsi lo stage (la misura più gettonata) in un contratto di lavoro vero e proprio, dopo l’adesione a un programma(Garanzia Giovani) che per la prima fase – chiusa a fine 2018 – ha potuto contare su una dote di 1,5 miliardi di euro, e che proseguirà fino al 2020.

I numeri li conferma l’Istat:

In Italia la disoccupazione giovanile è ai minimi dal 2011, scesa a marzo al 30,2% (-1,6% rispetto a febbraio e -2,5% su base annua). Timidi segnali positivi, che però non risollevano la disastrosa situazione italiana che sullo scacchiere europeo ci vede al terzultimo posto dopo Grecia e Spagna, con un tasso di disoccupazione giovanile più che doppio rispetto alla media Ue del 14,5 per cento. E i Neet nonostante siano in calo rispetto al picco negativo del 2014 (2,41 milioni nella fascia 15-29 anni), restano oltre i 2 milioni tra gli under 30 (di cui 1,1 milioni fino ai 24 anni).

E gli occupati?

Gli occupati under 25 sono passati da 1,7 milioni del 2004 a 1,093 del 2019,con una perdita secca di oltre 600mila posti. Il tasso di occupazione è crollato dal 28% al 19%, quello di disoccupazione invece è salito dal 23 al 30% e quello di inattività dal 63 al 73 per cento. (…) Se ci si dovesse limitare alla lettura del dato relativo al numero complessivo degli ultimi 10 anni verrebbe da dire che il mercato del lavoro in Italia è rimasto sostanzialmente invariato: i lavoratori sono infatti rimasti quasi gli stessi 23,090 milioni nel 2008 e poco 23,001 nel 2019. Con un saldo addirittura positivo se allarghiamo lo sguardo al 2004 quando gli occupati erano 22,36 milioni.

Ma anche i lavoratori dipendenti sono cambiati: dietro l’aumento di 1,89 milioni si nasconde una leggera crescita dei dipendenti a tempo indeterminato (+5%), contro una forte “esplosione” di quelli a termine (+63 per cento).

Se restringiamo l’obiettivo agli ultimi 10 anni emerge poi che è decisamente aumentata la quota di coloro che lavorano part-time, passati dal 14,5% del 2008 al 19% di oggi (oltre 1 milione in più in termini assoluti); anche in questo caso si può parlare più di un “effetto crisi” che di un risultato positivo dal punto di vista sociale (nel senso di andare incontro alle esigenze del lavoratori): proprio negli anni della crisi si è assistito infatti ad un aumento del cosiddetto “part-time involontario”, frutto delle scelte aziendali di ridurre gli orari di lavoro in risposta alla contrazione della domanda per non ridurre l’organico aziendale.

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