Regolarizzazione degli immigrati irregolari? Ecco perché è un'opportunità

In tempi di emergenza si tratta di un’occasione preziosa per risanare l’intero sistema, mandandolo a regime e da cui non derogare mai più.

Lavoratori nell'agricoltura
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23 Aprile 2020 - 16.19


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di Antonio Salvati
Ha aperto le danze Andrea Riccardi che, in una recente intervista, ha chiesto la regolarizzazione degli immigrati irregolari che vivono ai margini e possono alimentare focolai di infezione. La richiesta, del fondatore della Comunità di Sant’Egidio e presidente della Società Dante Alighieri, è pragmatica: si tratta di accogliere l’appello di Confagricoltura, secondo la quale occorrono 200 mila lavoratori per non far marcire i pomodori e la frutta nei campi. Sono a serio rischio la produzione e gli allevamenti. Pertanto, senza esitare bisogna dare la possibilità agli imprenditori di assumere i lavoratori che già sono presenti sul territorio. Con i contratti e i contributi ci sarebbero introiti preziosissimi per lo Stato e – sottolinea Riccardi-  «faremmo lavorare regolarmente persone che comunque non possiamo rimpatriare». Inoltre, una delle grandi riflessioni da fare è – aggiunge Riccardi – che «il sistema delle Rsa e dell’istituzionalizzazione va superato, è necessario per il futuro tenere a casa gli anziani e servono delle persone che si prendano cura di loro, è la soluzione più umana ed economica». Pertanto, regolarizzare anche con permessi di soggiorno temporanei per garantire la salute di tutti e la tenuta sociale del Paese.

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Altrettanto chiara la posizione del Procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, impegnato in questi giorni a presidiare il fronte dei possibili affari delle mafie sull’epidemia: «in una situazione come l’attuale – spiega – in cui nei campi non c’è chi vi lavora, avere l’opportunità di utilizzare una forza lavoro regolare sarebbe un duro colpo al mercato del lavoro sostenuto e controllato dalle mafie». Pertanto, «regolarizzare gli immigrati che lavorano nel nostro Paese sarebbe veramente il raggiungimento di una duplice finalità. Da un lato si darebbe corpo al senso di umanità che deve sostenere qualunque iniziativa politica e sociale e dall’altro impedirebbe alle mafie di continuare a gestire le difficoltà e le sofferenze di queste persone con la mannaia dell’intimidazione e del condizionamento. E consentirebbe finalmente un lavoro regolare a tutti». Anche perché, avverte Cafiero de Raho, «consenso sociale e reclutamento sono i due aspetti che le mafie riescono a cogliere in una situazione di difficoltà economica e sociale come quella attuale». Con i clan che «offrono solidarietà», «fanno proseliti soprattutto tra i giovani », e con le proprie imprese «sono pronte a intercettare i finanziamenti pubblici».

Non pochi sono intervenuti sulla necessità di una legge per regolarizzare i migranti che lavorano in nero, soprattutto in considerazione  del fatto che siamo dinanzi ad un’occasione preziosa per risanare l’intero sistema, mandandolo a regime e da cui non derogare mai più. Ponendo così fine ad un sistema caratterizzato dagli stop and go delle regolarizzazioni a singhiozzo, dipendenti solo dalla polemica politica,  creando una normativa ordinaria mediante canali legali.

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Dunque un’opportunità politica, sia su un piano etico che su quello economico, in un tempo – quello del coronavirus – in cui gli italiani si informano di più, cercano e chiedono soluzioni concrete, non accontentandosi di un capro espiatorio. Frequentemente i politici hanno lasciato il tema migratorio nell’emergenza per pura convenienza, utilizzandolo come clava alle elezioni e creando allarme nella cittadinanza.

Regolarizzare è dunque una forma di giustizia ma anche – afferma Mario Giro – di upgrading del mercato del lavoro. Riguarda oggi circa 300.000 lavoratori stagionali e 150/200.000 colf e badanti. Tutti costoro stanno per perdere o hanno già perso il lavoro. A chi affideremo i nostri anziani? Che tale parte sommersa del mercato del lavoro non venga alla luce è dunque – spiega Giro – un problema sia etico-politico che concreto e realistico. Che persista il male italiano del sommerso dipende dal fatto che noi italiani lo vogliamo: tradizionalmente non c’è protesta popolare se una parte del mercato del lavoro resta nell’illegalità. Emblematico l’esempio delle case di moda e dei grandi brand del lusso che si fanno preparare i preconfezionati al nero, a cui poi aggiungono il logo. O quello del settore edilizio, semi-irregolare da sempre, sparso in tutt’Italia, polo di attrazione dei comunitari che nessuno vorrebbe cambiare.

E’ evidente che chi si batte a viso aperto per la regolarizzazione lo fa anche perché ha in mente un cambio radicale del mercato del lavoro. La grande opportunità attuale è che la regolarizzazione si farebbe a frontiere chiuse, quindi senza effetti pull factor. La politica è quindi di fronte ad una scelta di legalità e sicurezza, oggi più che mai necessaria, con diversi effetti positivi. Una scelta saggia e lungimirante. Si offre l’opportunità di vivere e lavorare legalmente a chi già si trova nel nostro Paese ma che, senza titolo di soggiorno, è spesso costretto a lavoro nero e sfruttamento. Si avrebbe un maggiore controllo e contezza della presenza sui nostri territori di centinaia di migliaia di persone di cui non sappiamo nulla.

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