“Il numero di morti dovuti al Covid-19, la violenza con la quale la pandemia si è abbattuta sulle comunità è stata tale da togliere il respiro. Nonostante questo mi sento di dire che abbiamo in noi come cittadini, come imprese, come Paese la forza necessaria per superare questo momento. Anche perché mai come oggi abbiamo Europa e Italia convinti che questa crisi non vada sprecata”. Lo dice in un’intervista al Corriere della sera Claudio Descalzi, 65 anni, riconfermato il 13 maggio come amministratore delegato di Eni, al terzo mandato.
“Gli ultimi dieci anni non sono stati facili ma siamo stati capaci di reagire. Ci paiono lontane e persino semplici la doppia crisi del 2008 e del 2010 e le recessioni conseguenti. Uscirne non sarà semplice, ma nulla lo è stato ultimamente. Il Covid-19 ci ha insegnato quanto i piccoli gesti di ognuno siano importanti. E in Italia ci siamo comportati decisamente bene, dai medici alle autorità, dai cittadini alle imprese. In una grande azienda tutto è fatto di piccoli comportamenti ma tutto deve essere programmato”, dice.
“Pensavamo che il risveglio dell’economia arrivasse a fine giugno, già adesso vediamo una confortante ripresa. Il prezzo del petrolio attorno ai 40 dollari al barile è un indicatore. Un livello che però fa seguito ai minimi da 19 dollari. Non sbagliavamo quando nel 2014 decidemmo di cambiare strategia puntando ad attutire il più possibile gli effetti della volatilità, del su e giù dei prezzi. Perché, vede, l’energia per un Paese come il nostro ma anche per l’Europa è al cuore dell’economia”, prosegue Descalzi.
“Siamo gli unici ad aver avviato una trasformazione così radicale. E possiamo farlo perché abbiamo iniziato nel 2014 quando nel discorso di Natale ai dipendenti lanciai la prima onda di cambiamento sulle tematiche verdi che è significato 4 miliardi di investimenti negli ultimi sei anni. Ma pensi solo ai rifiuti – insiste l’ad di Eni – Nel 2015 abbiamo immaginato che in un Paese che non produce risorse primarie sarebbe stato un plus trasformare i rifiuti urbani in olio combustibile decarbonizzato, in biocarburante. Come pure le plastiche, polimeri complessi, in idrogeno o metanolo. Se ci apprestiamo ad avere impianti per assorbire rifiuti organici di 6 milioni di persone trasformandoli è perché abbiamo anticipato i cambiamenti: elettricità blu, idrogeno blu, o il gas che saremo in grado di produrre catturando la C02 e stoccandola in giacimenti esauriti. Quello che facciamo con il gas da 70 anni e che la Norvegia fa da 10 con la C02 appunto. Si tratta di fornire prodotti come il biometano decarbonizzato che arriva dai biogas dell’agricoltura, e poi tutta la parte di biomasse digitali, grassi animali invece del petrolio”.
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