Indagati i rappresentanti dei colossi del delivery, la Procura di Milano: "Non sono schiavi, vanno assunti"

Si è chiusa la prima fase dell'inchiesta condotta dal procuratore Francesco Greco. Comminate alle aziende multe per 733 milioni di euro

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24 Febbraio 2021 - 13.23


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Ecco le parole dette dal procuratore della Repubblica di Milano Francesco Greco, facendo il punto sulle indagini “milanesi” sui rider, che in periodo di lockdown svolgono “una funzione fondamentale” perché consegnano a casa dei cittadini il cibo e hanno permesso a “molte imprese di non chiudere”. Greco si riferisce alla necessità di un “approccio giuridico” al tema: “Non è più il tempo di dire sono schiavi ma è il tempo di dire che sono cittadini”.
In Italia i rider “hanno un trattamento di lavoro che nega loro un futuro”, ha detto il Procuratore di Milano Francesco Greco. “Hanno un permesso
di soggiorno regolare – ha proseguito Greco – ma non permettiamo loro di costruirsi una carriera adeguata”. 

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Indagati sei rappresentanti delle società – La Procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati 6 persone, tra amministratori delegati, legali rappresentanti o delegati per la sicurezza, delle società Uber Eats, Glovo-Foodinho, JustEat e Deliveroo. Lo ha spiegato il procuratore aggiunto milanese Tiziana Siciliano che con il pm Maura Ripamonti è titolare del fascicolo. “Questa inchiesta – ha detto Tiziana Siciliano – si è imposta perché questa situazione di illegalità è palese”

 

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“Obbligo alle aziende di assunzione per 60mila rider” – Oltre “60mila lavoratori” di società del delivery, ossia Uber Eats, Glovo-Foodinho, JustEat e
Deliveroo, dovranno essere assunti dalle aziende come “lavoratori coordinati e continuativi”, ossia passare da lavoratori autonomi e occasionali a parasubordinati. E ciò sulla base di verbali notificati alle aziende. “Diciamo al datore di lavoro – è stato spiegato – di applicare per quel tipo di mansione che svolgono i rider la normativa, di applicare i contratti adeguati e quindi ci devono essere quelle assunzioni”. Altrimenti saranno presi “provvedimenti” specifici. 

 

Mancata sicurezza, ammende per 733 milioni alle aziende di food delivery – Nell’ambito dell’indagine “sono state comminate ammende per oltre 733 milioni di euro” alle aziende di food delivery che finora hanno inquadrato erroneamente i fattorini come “lavoratori autonomi o occasionali”. Lo ha spiegato il colonnello Antonino Bolognani, comandante del nucleo tutela lavoro del carabinieri, che ha condotto un’indagine a livello nazionale sul mondo dei rider coordinata dalla procura di Milano. “In realtà è necessario modificare il loro inquadramento sul piano tecnico giuridico per riqualificare rapporto di lavoro”, ha chiarito Bolognani. L’inchiesta, avviata dopo una serie di “gravissimi incidenti” avvenuti a Milano, si è estesa a tutta Italia. “Abbiamo controllato prima i rider di Milano – ha chiarito Bolognani – e poi abbiamo sentito mille rider a livello nazionale per capire se quello che avveniva a Milano in realtà accadeva anche nel resto d’Italia”.
 

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Avviata indagine fiscale su Uber Eats – La procura di Milano ha avviato anche un’indagine fiscale su Uber Eats, filiale del colosso americano già
finita al centro di un’inchiesta per caporalato che ha portato al commissariamento di Uber Italy. Lo ha annunciato il procuratore di Milano, Francesco Greco, spiegando che gli accertamenti tributari su Uber Eats si sono resi necessari “per verificare se sia configuarabile una stabile organizzazione occulta per sottrarre a tassazione redditi prodotti in Italia”. Nel corso dell’indagine sono “emersi pagamenti effettuati online e non si sa esattamente dove. D’altra parte il rapporto di lavoro e l’organizzazione dei rider è guidata sul territorio dello Stato”.  I rider, ha tenuto a sottolineare ancora il capo della procura di Milano, “hanno svolto una funzione essenziale durante il lockdown, sia perché portavano cibo a casa della gente sia perche permettevano la sopravvivenza di molte aziende della ristorazione”.

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