Tra circa due settimane, e cioé precisamente il primo ottobre, si saprà con certezza quanto pagheremo di più per le bollette.
Come scrive Ivana Pisciotta- Agi – sarà infatti l’Arera, l’Autorità per l’Energia, a stabilire nel suo aggiornamento trimestrale di quanto sarà l’aumento: rincari che secondo l’allarme lanciato ieri dal Ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani potrebbero arrivare a 100 euro l’anno per la luce e a 400 euro per il gas.
Perché questi aumenti? Innanzitutto, il mercato dell’energia sta registrando un trend al rialzo dei prezzi di gas ed energia elettrica che dallo scorso luglio ha assunto livelli record.
Tra le cause, vanno considerate l’ascesa dei prezzi delle materie prime dovuta alla ripresa economica su scala globale e le ridotte forniture di gas, in particolare quelle dalla Russia.
Ma tra i motivi di questa impennata c’è anche la crescita dei prezzi dei permessi di emissione di CO2, chiamati con un acronimo Ets (Emission Trading Scheme). Ecco nel dettaglio le dinamiche che determineranno un autunno ‘caldo’ sul fronte delle tariffe energetiche.
I costi della C02
Il sistema di “emissioni” stabilito dalla Ue si basa essenzialmente su un principio: le grandi aziende di tutta Europa – in Italia sono 1.200 soggetti – devono pagare per poter inquinare. Negli ultimi mesi c’è stato un incremento dei costi dei permessi delle emissioni di CO2. Ma il meccanismo è tale che si possono dar luogo a delle speculazioni. Si tratta del metodo ‘cap-and-trade’, che consente di scambiare le emissioni. Vale a dire, è un sistema di autorizzazioni a inquinare per le aziende europee, che acquistano, ricevono e scambiano queste quote di emissione.
Se un’azienda inquina di più di quanto previsto si trova costretta a comprare altri permessi, aggiungendo quindi un nuovo costo, mentre chi riuscirà a ridurre le emissioni può invece venderli. Visto che le politiche sempre più ristrettive della Ue hanno fatto aumentare la domanda di permessi, si sta verificando un boom dei prezzi dei diritti. Ora sono ai massimi storici e cioé attorno a 50 euro per tonnellata di CO2, un costo che le aziende devono poi recuperare e che va a finire sui costi della bolletta energetica e quindi sulle tariffe dei consumatori.
L’aumento del gas
Secondo l’Arera, il prezzo a termine del terzo trimestre 2021 “risulta in aumento di circa il 50% rispetto a quello utilizzato per l’aggiornamento del secondo trimestre 2021”. Si preannuncia quindi un forte aumento in bolletta. Ma perché? Innanzitutto, va considerato che nonostante la crescita di produzione energetica avvenuta negli ultimi anni e la diffusione di impianti delle fonti rinnovabili, la maggior parte del fabbisogno energetico in Italia viene coperta con il gas che, nonostante sia una delle fonti meno inquinanti, rimane una delle più care perché di importazione.
A questo si aggiunge il fattore meteorologico: abbiamo vissuto una primavera particolarmente fredda, con temperature più basse della media fino a maggio, mentre l’estate è stata molto calda con livelli record di afa. Una tempesta perfetta che ha fatto lievitare il prezzo del gas, la cui domanda è aumentata prima per il riscaldamento domestico e poi per produrre energia per compensare la domanda crescente di elettricità per alimentare condizionatori nonché impianti di raffreddamento delle abitazioni e degli uffici.
A questo, va aggiunto anche il fatto che è stata l’Asia la prima a uscire dall’emergenza e a ripartire economicamente. E così le navi “gasiere” sono partite prima alla volta della Cina, o della Corea o del Giappone e soltanto dopo verso l’Europa. Inoltre, sono calate le esportazioni della Russia verso la Ue, per le difficoltà politiche nel raddoppio del gasdotto North Stream. Insomma, i prezzi europei del gas sono cresciuti di oltre il 30% nel secondo trimestre del 2021 rispetto al primo.
L’obiettivo del governo
Il governo si è già mosso agli inizi di luglio stanziando 1,2 miliardi di euro proprio grazie alla vendita degli Ets, per evitare che gli effetti dei rialzi colpissero in modo pesante le tasche dei consumatori. Ma ora sta pensando ad una riforma compiuta degli oneri generali di sistema proprio per alleggerire il fardello di voci che gravano in bolletta e nella prospettiva di trasferire sotto la fiscalità generale gli oneri per il sostegno alle energie rinnovabili.
Organismi come Arera hanno già indicato la necessità di eliminare in bolletta ‘gli oneri non direttamente connessi agli obiettivi di sviluppo ambientalmente sostenibile e quelli finalizzati al contrasto della povertà energetica’. Si tratta di voci come i costi relativi allo smantellamento delle centrali nucleari dismesse o come gli oneri a copertura del regime tariffario speciale riconosciuto alla società Rfi per i consumi di elettricità relativi ai servizi ferroviari su rete tradizionale.
Cosa succede in Europa
La stangata autunnale in arrivo non riguarda solo l’Italia, ma tutte le principali economie. Ad esempio, la Spagna sta già correndo ai ripari: ieri il premier Pedro Sanchez, ha annunciato una riduzione dell’imposta sull’elettricità dal 5,1% allo 0,5% per alleggerire la bolletta. Secondo un report de “El Pais”, le tariffe stanno aumentando moltissimo anche in Germania, che ha anche tradizionalmente quella elettrica più cara dell’Ue.
Peraltro il mix energetico della Germania è ancora fortemente dipendente dal carbone e dal gas naturale, che sono diventati più costosi negli ultimi mesi e questo assieme all’aumento dei costi della C02, ha fatto salire il costo per megawattora.Ma i costi ancora non si fanno sentire in bolletta perché in Germania la fornitura è contrattata per periodi di uno o due anni e ad un prezzo fisso. Stesso discorso per la Francia: anche qui i costi dell’energia stanno salendo ma i consumatori non ne stanno risentendo perché la maggior parte ha una tariffa fissa con il gigante EDF (di proprietà statale per più dell’80%) che è regolata annualmente.