L’Inps ha risparmiato 1,1 miliardi a causa dell’eccesso di mortalità per Covid. Una nitizia tristissima.
È quanto emerge dal nono Rapporto di Itinerari previdenziali secondo il quale si avrà fino al 2029 una spesa minore per 11,9 miliardi. “Il 96,3% dell’eccesso di mortalità registrato nel 2020 – si legge – ha riguardato persone con età uguale o superiore a 65 anni, per la quasi totalità pensionate. Considerando per compensazione l’erogazione delle nuove reversibilità,si quantifica in 1,11 miliardi il risparmio,tristemente prodotto nel 2020 da dal Covid a favore dell’Inps,e in circa 11,9 miliardi la minor spesa nel decennio”
Secondo il Nono Rapporto Itinerari Previdenziali, sono 476.283 gli assegni previdenziali pagati dall’Inps da 40 anni o più a persone andate in pensione nel lontano
1980 o ancora prima: 423.009 le prestazioni riguardanti il settore privato, 53.274 quelle relative ai dipendenti pubblici. La durata delle pensioni più remote ancora oggi vigenti è in media di quasi 46 anni nel settore privato e di 44 per il pubblico: prestazioni corrette sotto il profilo attuariale non dovrebbero superare i 20/25 anni. Un monito fortissimo alle forze politiche e sociali che, a fronte di una delle più elevate aspettative di vita, continuano a proporre forme di anticipazioni Donne e prepensionati di anni Ottanta e Novanta tra i principali beneficiari delle rendite di lungo corso. L’analisi delle decorrenze pensionistiche evidenzia un sistema previdenziale sin troppo generoso tra 1965 e 1980: saltata la relazione contributi e prestazioni, con effetti che gravano tuttora sul welfare.
All’1 gennaio 2021 risultavano in pagamento presso l’Inps ben 476.283 prestazioni pensionistiche – comprese quelle ex Inpdap relative ai dipendenti pubblici – liquidate da oltre 40 anni, e quindi erogate a persone andate in pensione nel 1980, o anche prima. Nel dettaglio, si tratta di 423.009 prestazioni del settore privato, fruite sia da lavoratori dipendenti che autonomi, di cui 343.064 donne (l’81,1%) e 79.945 (il 18,9%) uomini, e di 53.724 pensione fruite da dipendenti pubblici, di cui 36.372 (il 68,3%) donne e 16.902 (il 31,7%) uomini. Lo scorso anno erano nel solo comparto privato 502.327, con un decremento rispetto all’1 gennaio 2020 del
16%, pari a 79.318 prestazioni eliminate, e in buona parte tristemente imputabile agli effetti di Covid-19.
Se si considera che prestazioni corrette sotto il profilo attuariale dovrebbero essere correlate alla durata della vita contributiva attiva, che in media in Italia è di circa 20 anni per le pensioni di vecchiaia e di 35 anni per le anticipate, quelle evidenziate dal Nono Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano, sono “sono cifre destinate a far riflettere”. Attraverso l’esame in serie storica delle pensioni ancora in vigore all’1 gennaio 2021, a partire da quelle decorrenti dal 1980 (o anni precedenti), il documento – formulato tenendo conto delle età medie rilevate dagli Osservatori Statistici dell’Inps- consente infatti di ricavare alcuni importanti indicatori sull’evoluzione della normativa italiana in ambito pensionistico e sugli effetti prodotti dalle diverse leggi in materia sulla spesa pubblica del Paese.
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