Parliamo dell’accordo che suggellò la fine dell’accidentato percorso di separazione seguito alla vittoria di Leave su Remain al referendum del giugno 2016, ma le cui conseguenze continuano a far discutere e recriminare: come conferma la delusione diffusa nel Paese sulle mancate promesse di quel passo, e sui risultati ottenuti finora, certificata da sondaggi a raffica in queste settimane.
Uno degli ultimi, realizzato alla vigilia della scadenza odierna, testimonia come un sentimento di ‘Bregret’ (neologismo creato dalla crasi fra Brexit e regret, ossia rimpianto) appaia oggi maggioritario in tutti i collegi elettorali dell’isola tranne uno. Inclusi quelli più brexiteer e storicamente più euroscettici. Ma questo non sembra tradursi, almeno per il momento, in un auspicio di riadesione all’Unione: obiettivo che in base a una rilevazione pubblicata nel weekend da I, testata online nata da una costola del più eurofilo dei giornali britannici, l’Independent, viene invocato da non più di un 43% d’intervistati, stabilmente sotto la maggioranza assoluta, con un 41% di contrari e un 16% potenzialmente determinante di persone indecise o disinteressate. Tendenza che si riflette nel rifiuto non solo del Partito Conservatore di governo, ma pure del leader dell’opposizione laburista, Keir Starmer, di riaprire in questa fase qualunque dibattito su problematiche ipotesi di ritorno nelle braccia di Bruxelles; o anche solo nel mercato unico o nell’unione doganale.