Ue-Tunisi, la vergogna si fa memorandum ma per Meloni è un "modello" da replicare

La firma del memorandum d’intesa sull’immigrazione tra l’Unione europea e la Tunisia  ha ricevuto un sonoro no da parte delle organizzazioni non governative

Ue-Tunisi, la vergogna si fa memorandum ma per Meloni è un "modello" da replicare
Rutte, von der Leyen, Saied e Meloni
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

17 Luglio 2023 - 18.27


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Europa-Tunisia, la vergogna si fa memorandum.

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Quel memorandum della vergogna

Così Chiara Caraboni per stranieriinitalia.it: “La firma del memorandum d’intesa sull’immigrazione tra l’Unione europea e la Tunisia  ha ricevuto un sonoro no da parte delle organizzazioni non governative che, sia da una parte che dall’altra del Mediterraneo, si sono espresse categoricamente contro l’accordo. “Quando interesse e umanità sono in conflitto, l’interesse vince sempre. C’è chi ancora pensa che esistano i diritti umani. È la più grande bugia della storia”, commenta Refugees in Tunisia, una rete civile di solidarietà costituitasi tra i migranti fuggiti o che stanno cercando di farlo dal regime di Kais Saied. Anche le ONG tunisine, di recente accusate dal presidente di diffondere fake news per minare l’integrità e la stabilità del Paese, si schierano compatte contro l’accordo. 

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Migranti, il disaccordo delle Ong al memorandum Ue-Tunisia

“Questo memorandum permetterà alla Tunisia di svolgere il ruolo di custode e carceriere, , di diventare una fortezza per contenere coloro che non sono graditi secondo le politiche migratorie europee (pattumiera delle politiche migratorie europee) e di servire solo gli interessi economici europei, consacrando l’assenza del principio di uguaglianza nel diritto alla mobilità”, ha sottolineato sui social Romdhane Ben Amor, portavoce del Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes). “Ieri l’Unione europea ha firmato con Saied un memorandum sull’immigrazione. Lo stesso Saied che considera la presenza dei subsahariani in Tunisia come un complotto e lo strumento di un piano di sostituzione etnica. E che ha scacciato migliaia di migranti verso la frontiera sotto un sole e con 47 gradi. L’ipocrisia europea per i diritti umani”. 

Ripreso dall’Ansa, Ben Amor sottolinea che l’intesa, “facilita la tratta di esseri umani, confisca loro il diritto alla mobilità e li costringe a tornare in cambio di briciole (riduzione dell’immigrazione in cambio di soldi, come ha detto il portavoce del premier olandese).

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Le principali disposizioni del memorandum d’intesa riprendono gli elementi relativi alla migrazione inclusi nell’Aleca (Accordo di libero scambio completo e approfondito tra Ue e Tunisia le cui trattative sono ancora in corso, ndr), che è stato respinto dalle forze della società civile e dai giovani”. 


“Tutti i migranti tunisini in situazione irregolare nell’area Schengen saranno tagliati fuori. I sogni di migliaia di nostri giovani saranno infranti da un protocollo d’intesa che abbraccia il principio della “riammissione”, ovvero l’espulsione collettiva basata sull’identità, e sancisce le disparità tra categorie e classi nel diritto alla mobilità”, conclude Ben Amor che lamenta anche come le clausole di questo accordo firmato dal presidente Kais Saied non siano ancora state rese note nel dettaglio in Tunisia. 


Tra le prime voci contrarie alla firma del Memorandum anche quella della “pasionaria” Abir Moussi del Partito Destouriano Libero che in un post su Facebook denuncia la mancanza di legittimità dell’intesa firmata.

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“La stessa opinione dilaga anche da questa parte del Mediterraneo. – scrive ancora Chiara  Caraboni -. “Se questo è il TeamEuropa, allora siamo in un’era oscura. Un’epoca in cui dovremo lottare ancora per il significato e l’importanza dei diritti umani ”ha commentato il presidente della Ong tedesca Sea Eye. Il memorandum, infatti, sembra andare controcorrente rispetto a quanto espresso la scorsa settimana dall’Europarlamento, che chiedeva di tornare a organizzare delle missioni comuni per salvare i migranti in mare. “Chiediamo sempre che i diritti delle persone siano al centro di ogni accordo. Fino ad oggi purtroppo l’Europa ha contribuito a creare una fortezza, implementando una gestione securitaria della gestione dei flussi migratori. 

Pensiamo che si dovrebbe partire dalla cura delle persone che attraversano il Mediterraneo. Nessuno più deve morire in mare ma nemmeno in lager dove dignità e diritti vengono calpestati. 

Le persone continueranno a partire. Servono fondi e volontà politica per costruire canali di accesso legale. Serve potenziare i corridoi umanitari che già noi come chiese protestanti realizziamo. Accogliere le persone in modo degno e soccorrere in mare”, ha spiegato Marta Bernardini, coordinatrice di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia. 

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 “La Tunisia non è un Paese sicuro”

“Credo che sia inaccettabile che si decida di procedere con la sigla del terzo accordo di esternalizzazione delle frontiere, dopo Turchia e Libia, che ricopre di soldi e mezzi i Paesi di partenza. Senza chiedere nulla in termini di rispetto dei diritti umani che dovrebbe essere elemento imprescindibile per le democrazie europee”, ha dichiarato poi Giorgia Linardi di Sea Watch. “Ci sono già tutti gli elementi perché la Tunisia sia definita ‘Paese non sicuro’. Da febbraio è in atto una vera politica di odio contro i migranti neri, da luglio veri e propri pogrom soprattutto sull’area di Sfax. I rappresentanti dell’Unione europea sono andati in Tunisia a siglare un accordo mentre ci sono persone abbandonate nel deserto che stanno morendo di fame e di sete?”, ha aggiunto inoltre. 

“Mi sembra che tutto sia in movimento nel Mediterraneo centrale. Non solo donne uomini e bambini richiedenti asilo, ma anche il quadro geopolitico che spesso sulla loro pelle, definisce le politiche europee dei confini. La Tunisia reitera la propria determinazione a non essere Paese di collocazione di migranti irregolari. Allo stesso modo conferma l’intendimento a proteggere solo le proprie frontiere. 

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A una prima lettura  balza agli occhi il rifiuto di Saied di trasformare la Tunisia in un paese di deportati dall’Europa. Che invece era il vero obiettivo di Giorgia meloni e dei vertice Ue.

Sta di fatto che il modello Minniti non regge più, e nemmeno in Libia ormai”, è infine il commento di Luca Casarini , capomissione di Mediterranea. 

Il “modello tunisino”.

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Commenta su Wired Simone Cosimi: “Che un paese che deporta con spietata violenza i migranti sub-sahariani possa essere definito, come ha fatto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, un modello per le relazioni fra Unione europea e Nordafrica appare come minimo fumo negli occhi. Oltre che uno sviluppo da non augurarsi a nessun costo.

Eppure così si parla della Tunisia nell’ambito dell’accordo tra Tunisi e Bruxelles sui migranti. Qualcosa si doveva pur chiudere, con qualcuno. Un po’ come accade da anni con i finanziamenti italiani alla sedicente guardia costiera libica. Il memorandumfirmato nei giorni scorsi dalla premier, da quello dei Paesi Bassi (dimissionario) Mark Rutte, da Ursula Von der Leyen (anche lei intravede la fine del mandato) e dal presidente tunisino Kais Saiednon fa altro che finanziare il regime al potere e le operazioni di polizia in cambio di un blocco delle partenze. Il resto, quel “pacchetto forte, che è un investimento nella nostra prosperità e stabilità e nelle generazioni future” di cui ha parlato la presidente della Commissione europea, praticamente è una mezza promessa stretta con gli interlocutori sbagliati. E chissà se esisterà mai, legato com’è a 900 milioni di euro di fondi bloccatiche verranno (giustamente) solo se e quando il paese affronterà alcuni dei suoi problemi di fondo. A partire da quello delle garanzie democratiche.

Come ha spiegato sull’Unità Marco Grimaldi, vicecapogruppo Alleanza Verdi Sinistra alla Camera, solo per rimanere ai fatti delle ultime settimane “a partire dal 2 luglio, le autorità tunisine hanno espulsofra i 500 e i 700 migranti provenienti dall’Africa centrale e occidentalerichiedenti asilo, fra cui bambini, neonati e donne incinte. Li hanno condotti nei pressi di unazona militarizzata ai confini con la Libia(vicino a Ben Guerdane) il cui accesso è interdetto a giornalisti, agenzie Onu e società civile. Minacce, pestaggi e violenze, naturalmente mancanza di assistenza medica e ostetrica, sequestro di cellulari e distruzione di passaporti da parte delle forze di sicurezza tunisine. Tutto è cominciato da Sfax, città teatro di numerosi e violenti scontri tra popolazioni locali e migranti subsahariani insediati nella città. Con questo pretesto, le autorità tunisine hanno effettuato nei giorni scorsi un’ondata di arresti seguiti da deportazioni forzate e illegali, con l’obiettivo di epurare la città da ogni persona di origine sub-sahariana”.

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Insomma, come abbiamo fatto con la Turchia prima e poi con la Libia, l’Europa chiude tutti e due gli occhi e spaccia per ambiziosi memorandum “in cinque pilastridegli accordi con cui finanzia le corrotte (per usare un eufemismo, qualcuno si ricorda il trafficante, presunto capo della guardia costiera libica Abd al-Rahman Milad, noto come Bija?) forze dell’ordine locali e i campi di concentramento in cui trasferiscono i migranti. Con il compito finale di fermare le partenze nel corso della stagione estiva e placare gli animi delle opinioni pubbliche europee in vacanza sotto l’ombrellone sui lidi dall’altro lato del Mediterraneo”.

Bruxelles precisa

Da un lancio Ansa: “Il memorandum d’intesa tra l’Ue e la Tunisia prevede il rimpatrio in Tunisia solo dei migranti irregolari di nazionalità tunisina, e non di quelli di altre nazionalità giunti nell’Ue transitando dal Paese nordafricano.

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Lo riferiscono fonti comunitarie all’indomani della firma dell’accordo a Cartagine.

Il testo “non riguarda nello specifico il rimpatrio dei non tunisini transitati dalla Tunisia”, sottolineano le stesse fonti, spiegando che le autorità locali “hanno espresso chiaramente la volontà di non diventare un Paese che fa da centro di accoglienza per i migranti irregolari che vengono rimpatriati dall’Europa”. “Le operazioni in materia di rimpatrio dei migranti saranno via via perfezionate dalla prossima settimana”, hanno evidenziato ancora le fonti. 
Tra le misure previste dal memorandum d’intesa, le fonti hanno evocato il rafforzamento della guardia costiera tunisina con “17 imbarcazioni riequipaggiate e otto nuove”. Dal potenziamento della flotta della guardia costiera tunisina l’Ue si aspetta un aumento delle operazioni per intercettare i migranti in mare. Tuttavia, spiegano le stesse fonti, nell’intesa non è prevista una zona di salvataggio e assistenza (Sar) di competenza di Tunisi. 
Quanto alla ratifica del memorandum d’intesa, le fonti hanno confermato che dovrà essere sostenuta dai 27 Stati membri al completo. Si tratta di “un accordo politico che deve essere approvato dal Consiglio all’unanimità”, ricordano le fonti, precisando tuttavia che “l’attuazione” del memorandum “seguirà le regole dei diversi strumenti”, perlopiù finanziari, “previsti” nel testo. “Da una parte – sottolineano ancora -, c’è l’impegno politico all’intesa” da parte dei governi, “e poi c’è l’attuazione dei singoli pilastri, che segue norme separate. La maggior parte di queste decisioni di attuazione saranno di bilancio”. 

La denuncia della Caritas

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Ne scrive Patrizia Caiffi per l’agenzia Sir: “Il memorandum d’intesa firmato ieri a Cartagine tra Unione europea e Tunisia non “mette al centro i diritti umani” e “non risolverà in maniera significativa i flussi. C’è da aspettarsi una riduzione nell’immediato, ma poi riprenderanno più massicciamente dalla Libia”. Lo afferma al Sir Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione di Caritas italiana. “Oramai è noto a tutti: non sono questi gli strumenti che bloccano le partenze – sottolinea  -. I migranti hanno un bisogno estremo di trovare una soluzione alla loro esistenza e quindi si sposteranno su altre rotte. Questi interventi un po’ tampone hanno breve durata, che rimane comunque funzionale a scopi più di natura politica. Noi avremmo voluto vedere invece un impegno vero da parte di altri Paesi europei, nel meccanismo di ricollocamento e nella modifica del Regolamento di Dublino”. 

La parola “memorandum” evoca l’accordo con la Libia, dalla società civile aspramente criticato perché viola i diritti umani. Che giudizio date all’accordo tra Ue e Tunisia?

È ciò che più premeva all’Unione europea e all’Italia. Non vediamo negativamente un accordo bilaterale fatto con un Paese di transito come la Tunisia. In Tunisia ci sono state nelle scorse settimane rivolte con vittime, rinvii forzati in Libia, migranti sub sahariani abbandonati in una terra di nessuno. Il tema dei diritti umani avrebbe dovuto essere centrale nella richiesta di garanzie al governo di Kais Saied affinché la gestione dei migranti avvenga rispettando principi irrinunciabili…

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In questo modo si fa davvero la lotta ai trafficanti come viene spesso conclamato?

A mio avviso il tema non è l’incapacità del governo tunisino di controllare le proprie coste. Ma il fatto che si tratta di un Paese in difficoltà che non ha come priorità quella di bloccare i propri concittadini o gli africani sub sahariani, in questo periodo oggetto di forme di intolleranza. Il Memorandum per il governo tunisino è l’occasione per contrattare con l’Europa un aiuto economico su vasta scala con un impegno nelle migrazioni che magari poteva essere assunto comunque. Credo che il sistema di polizia tunisino sia in grado di controllare i trafficanti. Probabilmente dopo ci sarà un impegno maggiore che determinerà una riduzione dei flussi. Il problema è che se non cambiano le condizioni strutturali del Paese ci sarà comunque una tendenza alla partenza. Se in Tunisia non sarà possibile partire si riprenderà massicciamente dalla rotta libica. Oramai è noto a tutti: non sono questi gli strumenti che bloccano. I migranti hanno un bisogno estremo di trovare una soluzione alla loro esistenza e quindi si sposteranno su altre rotte. Questa è la realtà purtroppo. Questi interventi un po’ tampone hanno una breve durata, che rimane comunque funzionale a scopi più di natura politica. Forse vedremo una riduzione nell’immediato ma poi i flussi aumenteranno di nuovo. La cosa curiosa è che sembra che il destino si accanisca contro chi in campagna elettorale prospettava il blocco navale e cose del genere, invece questo governo si trova a gestire i numeri più alti degli ultimi anni. Questo dimostra che i vari strumenti adottati finora hanno un respiro molto corto. Noi avremmo voluto vedere invece un impegno vero da parte di altri Paesi europei, nel meccanismo di ricollocamento e nella modifica del Regolamento di Dublino.

Sui ricollocamenti nei Paesi Ue e sulla modifica del Regolamento di Dublino si è infatti ad un punto morto…

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Sì, l’ultimo tentativo fatto durante il Consiglio europeo ha portato a stralciare le conclusioni che prevedevano un meccanismo di redistribuzione obbligatoria perché alcuni Paesi si sono opposti. Qualche risposta andava data ai flussi ma era quella la più corretta e sostenibile dal punto di vista dei diritti umani”.

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