L’inflazione sta calando e tornando a livelli più o meno accettabili, una flessione dovuta al calo del prezzo dell’energia e all’abbattimento dei consumi. Ma, sottolinea un nota dell’Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil, a questo deve necessariamente seguire un netto rialzo dei salari. Ne ha parlato la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito.
«L’ipotizzato rischio di forte recessione non si è, al momento, palesato nonostante una inflazione in lenta diminuzione e una politica monetaria che continua a essere restrittiva. Ma il mondo del lavoro fatica sotto il peso di un fisco ingiusto, che grava su dipendenti e pensionati e che incentiva l’evasione mentre intere categorie economiche continuano a non pagare le imposte dovute. Ed è anche per questo che sciopereremo l’11 aprile insieme alla Uil, perché `Adesso Basta!´, è ora di una giusta riforma fiscale».
L’incremento dei salari «seppur in recupero grazie alla contrattazione, è ancora abbondantemente lontano dal compensare pienamente il divario inflattivo. Inoltre «alla fine del 2023, nei 44 contratti in vigore per la parte economica solo il 47,6% dei dipendenti totali (48% del monte retributivo) risultava coperto mentre ben 6,5 milioni di lavoratori (il 52,6%) attendono il rinnovo dei loro 29 contratti nazionali».
«Altro dato allarmante, rilevato sempre dall’Istat, è quello per cui il tempo medio di attesa di rinnovo, per i lavoratori con contratto scaduto, è aumentato dai 20,5 mesi di gennaio 2023 ai 32,2 mesi del dicembre 2023, in sintesi è andato perduto un ulteriore anno». Sul fronte del calo dei tassi la discesa «non ha ancora determinato una inversione di tendenza nella stretta al credito e sulle sofferenze bancarie».