Il passante di mezzo a Bologna si fa: anche oggi la svolta ecologica la rimandiamo a domani

Il nuovo progetto, "riverniciato di verde", pur tra molti mal di pancia ha ottenuto l'ok anche degli ecologisti di sinistra (Coalizione civica, Coraggiosa), che hanno aderito al programma del sindaco Lepore e sono entrati nella sua coalizione di governo

Il passante di mezzo a Bologna si fa: anche oggi la svolta ecologica la rimandiamo a domani
Passante a Bologna
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Claudio Visani Modifica articolo

19 Gennaio 2022 - 16.54


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Il Passante di mezzo dunque si farà. La Conferenza dei servizi ha dato l’ok definitivo. I cantieri apriranno l’anno prossimo e i lavori dureranno almeno quattro anni e mezzo con prevedibili disagi. Se ne parla da trent’anni. L’esigenza di potenziare lo strategico nodo autostradale di Bologna è sotto gli occhi di tutti. La situazione è diventata insostenibile. L’autostrada a due corsie non basta più. La Tangenziale, in particolare, è assolutamente inadeguata alle esigenze della mobilità metropolitana. Un giorno sì e l’altro pure, ormai, da anni, automobilisti e camionisti sono in coda. Che però l’allargamento dell’attuale autostrada e tangenziale sia la soluzione migliore è assai discutibile, per non dire dubbio. Che sia un’opera “green” – perché sono previste barriere anti rumore, coperture e filtri anti smog, piantumazione di alberi a margine – non ci crede neanche Calandrino. 

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Non era “green” nemmeno il progetto del Passante Nord, ma era molto più convincente: una bretella a due corsie per senso di marcia che avrebbe bypassato a Nord Est il nodo cittadino, collegando la A14 (Bologna-Ancona), la A13 (Bologna-Padova) e la A1 (Bologna-Milano). Le amministrazioni di sinistra lo avevano sempre pensato lì. Poi, nel 1999, Guazzaloca conquistò Palazzo d’Accursio e con la sua giunta civico-polista decise che bisognava farlo a Sud, scavando un lungo tunnel sotto la collina, ma non riuscì a far partire le talpe. Si decise allora di rimanere in superficie.

Il primo accordo tra Comune, Regione e Governo risale al 2002. La progettazione di massima venne affidata alla Provincia. Partirono infinite discussioni. Chi lo voleva più lungo, chi più corto, chi non lo voleva affatto ed era per unire la tangenziale all’autostrada, liberalizzandola nel tratto urbano. Autostrade però non era d’accordo di liberalizzare e pretendeva di avere la concessione diretta anche per il Passante Nord, senza gara europea. Così si arrivò al 2014, quando venne raggiunta l’intesa che sembrava definitiva tra Governo, Regione, Istituzioni locali e Autostrade. Prevedeva, per l’appunto, una bretella a Nord-Est di 38,5 chilometri con un costo di 1,4 miliardi di euro, finanziato quasi interamente da Autostrade. Ma i Comuni della Bassa interessati dall’attraversamento si opposero, nacque un agguerrito Comitato contro il Passante, vennero contestate le stime rassicuranti sul traffico e l’inquinamento, denunciando l’alto  consumo di suolo e la cementificazione del territorio.

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Le elezioni comunali del 2016 a Bologna e nei Comuni della Bassa erano alle porte. Di fronte alle proteste dei vari comitati e dei Comuni interessati dal percorso del nuovo tracciato, il Pd e le amministrazioni del Capoluogo e della Regione, preoccupati di perdere voti, non ebbero il coraggio di andare avanti, abbandonarono quel progetto a favore dell’allargamento dell’attuale asse autostradale, mantenendo quindi il traffico di attraversamento in città con il conseguente alto carico di inquinamento (si calcola che circa la metà delle polveri e dei fumi derivi da lì). 

Il nuovo progetto, “riverniciato di verde”, pur tra molti mal di pancia ha ottenuto l’ok anche degli ecologisti di sinistra (Coalizione civica, Coraggiosa), che hanno aderito al programma del sindaco Lepore e sono entrati nella sua coalizione di governo. Un sì obbligato, quindi, anche se i Verdi si sono poi sfilati adottando una posizione così singolare da apparire ridicola: d’accordo con le opere di mitigazione ambientale del Passante, contrari al Passante. 

Il collettivo di scrittori Wu Ming, anima critica della sinistra, oggi è spietato contro l’ok di Coalizione Civica e della Coraggiosa e contro il progetto. C’è del vero in quel che sostiene, soprattutto sulla mistificazione “green” dell’opera, ma la necessità e l’urgenza di potenziare e migliorare comunque il nodo bolognese rimane, se ci si vuole muovere. Almeno fino a quando non cominceremo tutti a cambiare modo di produrre, consumare, vivere. La crisi climatica e la pandemia dovrebbero averci insegnato che l’attuale modello di sviluppo non è più sostenibile, che bisogna svoltare davvero se vogliamo salvarci, a partire anche dalla mobilità, favorendo il trasporto pubblico a discapito di quello privato e l’uso di mezzi e tecnologie meno inquinanti. Ma da quel che si vede, nello stesso Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che stanzia oltre duecento miliardi per l’Italia, la svolta è ancora di là da venire. Pure in quel caso siamo all’uso del “green” nei titoli dei progetti, che ricalcano però le solite vecchie ricette dello sviluppo liberista. 

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