La pace è davvero possibile oppure resta un sogno New Age, un’utopia per gli stolti, come vorrebbero imporre al mondo molte delle potenze che alimentano il fuoco della guerra? Se a chiedere con forza una sterzata pratica e un cambio radicale di pensiero è il Papa, è pressoché impossibile non drizzare gli orecchi.
La sua voce, sempre più virtuosamente isolata tra quelle dei leader globali di primo piano, si è fatta sentire per interposta persona (attraverso il cardinale Parolin) alla Cop28 di Dubai e ha ribadito ciò che va dicendo dal 7 ottobre, quando gli attacchi di Hamas in Israele hanno inferto un duro colpo alla sicurezza di un popolo convinto di non avere punti deboli. Quegli attacchi cruenti non hanno segnato lo scoppio di una nuova guerra ma, molto più banalmente, una pagina di un conflitto che ha radici antiche e non si è mai fermato e che, per una volta, ha fatto segnare una seppur effimera vittoria militare per i palestinesi.
Stavolta, però, il pontefice si spinge oltre, proponendo che le armi tacciano, un invito che non ha mai cessato di rivolgere al mondo intero, e pure lanciando un progetto ambizioso, la proposta da sempre irrisa dal mondo in conflitto: cessare di investire somme indicibili nella creazione di arsenali che rischiano di accelerare la distruzione del pianeta, la “casa comune” dell’umanità, e creare con quel denaro un fondo mondiale per combattere ed eliminare la fame. Una simile scelta condivisa porterebbe, banalmente, anche al miglioramento dell’ambiente: i progetti di sviluppo sostenibile dei paesi più poveri contrasterebbero i cambiamenti climatici.
Una provocazione senza futuro? Il Papa ha davvero voglia di continuare a farsi ridere dietro nei corridoi del potere globale, di far sussurra ai soliti noti che sono parole vuote di valore pratico e che la stagione dei Figli dei Fiori si è conclusa da parecchio? Non credo. I due conflitti che oggi riempiono le pagine dei giornali e preoccupano le coscienze del mondo, senza scuoterle del tutto, sono la dimostrazione palese che le parole di Papa Francesco non sono una boutade e che andrebbero prese sul serio.
A cosa hanno portato i miliardi investiti in armamenti per dare sicurezza al popolo di Israele? Oggi, la gente comune si sente più sicura da quelle parti? Distribuire altre armi tra la popolazione scongiurerà attacchi futuri? Magari non di Hamas, considerato che il governo israeliano ha dichiarato che non porrà fine alle operazioni militari a Gaza finché Hamas non sarà stato annientato, ma nessuno può sapere se gli aneliti palestinesi di giustizia e libertà non porteranno alla formazione di altre milizie e alla implementazione di altri attacchi violenti. E compiere l’azione militare del 7 ottobre ha davvero portato un beneficio alla causa palestinese? La violenza della rappresaglia israeliana era chiara fin da quando Hamas ha concepito il piano d’attacco. L’unico risultato positivo – certo non trascurabile – è stato riportare la questione palestinese sul tavolo dell’indifferenza del mondo, anche se il tributo pagato è quanto mai devastante per la popolazione.
Che dire delle enormi cifre in petrolrubli andate in fumo nella guerra tra Ucraina e Russia? L’Ucraina è semidistrutta e chiede altre armi e Putin è costretto a sancire una nuova coscrizione per portare avanti la sua “operazione militare speciale”. A conti fatti, di risultati ce ne sono sempre pochi e, sul piatto della bilancia della storia, i sorrisi sono sempre in grave deficit. Chi ne trae vantaggio? Investire negli armamenti trova giustificazione nei discorsi dei politici che agitano lo spettro di nemici quasi sempre inventati di sana pianta. L’unico obiettivo a portata di mano è la creazione di un senso di smarrimento pericolosissimo nella popolazione e di una paura diffusa del diverso: un potentissimo strumento di controllo delle masse che, manco a dirlo, non risolve il problema che ne sta alla base ma crea un circolo vizioso di terrore e sofferenza.
Papa Francesco ha dichiarato che l’ora è urgente e che non c’è più tempo: va creato un fondo mondiale per la pace e la transizione ecologica. Sono curioso di capire se qualche benpensante si farà di nuovo apertamente beffe del grido d’allarme del pontefice. In fondo, il pacifismo non va di moda: negli ambienti che contano, chi parla di pace rischia di essere tacciato di buonismo cosmico con sorrisini di compatimento.
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