Mauro Morandi: l'ultimo guardiano di Budelli e la sua lotta per la bellezza e la natura

Mauro Morandi, custode solitario di Budelli per oltre trent’anni, ha difeso la bellezza della natura contro il consumismo, lasciando un messaggio di ribellione e speranza.

Mauro Morandi: l'ultimo guardiano di Budelli e la sua lotta per la bellezza e la natura
Mauro Morandi
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Antonio Rinaldis Modifica articolo

6 Gennaio 2025 - 20.10


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Due cose belle, la Natura e le donne, una cosa odiosa, la morte. Queste erano le convinzioni di Mauro Morandi, che ci ha lasciato qualche giorno fa lontano dalla sua isola. 

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Mauro era diventato un personaggio pubblico con un notevole seguito per la sua scelta di vita piuttosto originale. Aveva, infatti, deciso di stabilirsi, unico abitante, a Budelli, una piccola isola dell’arcipelago della Maddalena, in Sardegna e in quello scoglio, che affiorava dall’incandescente bellezza del mare turchese, ha trascorso più di trent’anni, in perfetta solitudine. 

Ho incontrato Mauro quando la burocrazia inflessibile lo aveva costretto ad abbandonare Budelli e si era trasferito a Maddalena, in una casa da cui non si vedeva il mare e si sentivano i rumori molesti degli scooter che viaggiavano troppo veloci, con le marmitte modificate per amplificare il tormento meccanico. Da questo incontro è nato un libro, Il Guardiano di Budelli, che è un confronto sui temi dell’esistenza, una confessione che parte dall’esperienza dell’esilio volontario a cui si era sottoposto Mauro. 

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Da questo incontro tra un filosofo e un esule è scaturito un mosaico di riflessioni, suggestioni e provocazioni, che iniziano da un rifiuto ostinato. Per Mauro la scelta di rifugiarsi a Budelli, l’isola della spiaggia rosa, aveva significato prendersi cura di un angolo di mondo minacciato dall’invadenza compulsiva di un turismo sempre più massificato, sfrontato e prepotente, che aveva offeso la bellezza di quel luogo, ma anche mettere una distanza fisica con un mondo che non comprendeva e non amava. 

Abbiamo perso la capacità di contemplare la Bellezza, continuava a ripetere, perché siamo accecati dall’ossessione per il possesso; razziare sistematicamente la preziosa sabbia rosa, risultato di migliaia di anni di lavoro della Natura, rientra in questa logica, l’avere, che considera la Natura soltanto come un mezzo a disposizione, per soddisfare le smanie consumistiche. 

Mauro apparteneva a una generazione che aveva coltivato la speranza di cambiare il mondo, era rimasto un ribelle, ma aveva dovuto arrendersi alla spietata evidenza del corso delle cose. Quel mondo che negli anni ‘60 aveva contestato, si era preso la rivincita, aveva stritolato ideali e progetti, e quindi la solitudine e la resistenza accanita per difendere Budelli e la sua integrità erano state l’ultima trincea, il caposaldo di una visione sconfitta, che però non voleva tramontare. 

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Strana figura, quella di Mauro, un po’ guru, un po’ santo ecologista, sicuramente atopon, come lo avrebbero definito i greci, anomalo, atipico, anche nell’aspetto, volutamente trasandato, incolto, un Sileno, una maschera sgraziata, che conteneva un’anima purissima e bella. Qualcuno lo ha definito il Robinson Crusoe italiano, Mauro ha sempre contestato questa definizione, a ragione: l’eroe del romanzo di Defoe finisce nell’isola a seguito di un naufragio ed ha una sola idea, che è quella di tornare nella madrepatria, considera la natura e gli indigeni come oggetti, mezzi per la propria sopravvivenza, si comporta come un colonialista europeo, mentre Morandi ha scelto il proprio isolamento per scongiurare il naufragio delle proprie speranze ed ha cercato un legame profondo, quasi mistico con la sua isola.  

Ma la solitudine? Chiedevo a Mauro. Come si fa a rimanere da soli per così tanto tempo? La risposta di Mauro era spiazzante. Non soffriva di quella malattia che è l’assenza degli altri, perché non li amava. Allora io provavo a temperare il suo giudizio che sembrava così lapidario, e alla fine emergeva il vero dissenso di Morandi, perché il suo rifiuto non coinvolgeva tutti gli esseri umani, ma lo stato dell’umanità nel mondo dominato dalla logica del capitale, dove ogni cosa, valore e persino le persone sono diventate merci, oggetti da consumare il più rapidamente possibile. E lui per andare controcorrente, non buttava niente, conservava tutto.   

Eppure nessun uomo è un’isola, replicavo a Mauro, con le parole di John Donne, e non possiamo neppure vivere ciascuno in suo piccolo pianeta privato, come il Piccolo Principe. Qualche compromesso si dovrà cercare, insistevo, e Mauro con il suo solito modo asciutto e l’antico accento emiliano che non aveva mai perso, senza smettere di guardare altrove, restava in silenzio, perché la risposta la sapeva da molto tempo, ed ero io che continuavo ad agitarmi senza risultato.   

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L’avventura mondana di Mauro si è conclusa in un freddo mattino di gennaio, in quella bassa padana che aveva abbandonato per inseguire sogni di luce, di mare e di libertà, verso terre esotiche lontane. Cosa resta delle sue scelte e dei suoi rifiuti? L’invito a non rassegnarsi all’ovvio, all’inevitabile, la lotta quotidiana contro il conformismo e l’omologazione, perché la vita o si vive fino in fondo, oppure non è nulla, e l’idea rivoluzionaria che salvare la Natura dalla furia umana è preservare la Bellezza dell’Essere.  

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