Poche parole, formalmente burocratiche e istituzionali, affidate ad un comunicato: «Finalmente l’equipaggio della Enrico Ievoli, dopo quattro mesi nelle mani dei pirati, è stato liberato. Esprimo soddisfazione, a nome di tutto il Comitato per la sicurezza della Repubblica, per l’azione intrapresa per il rilascio della nave italiana, che era stata sequestrata lo scorso 27 dicembre nel Golfo dell’Oman. Ai 18 membri dell’equipaggio -conclude la nota-, tra cui, oltre ai nostri 6 connazionali, ci sono 5 ucraini e 7 indiani, e ai loro familiari, le mie felicitazioni».
Traduzione: nonostante se ne sappia poco, nella fine della disavventura dell’equipaggio della motonave Enrico Ievoli c’è stata un’opera di mediazione di più soggetti, tra cui i nostri servizi segreti esteri. Quegli stessi servizi segreti esteri finiti sotto accusa per incapacità e inefficienza all’indomani della morte dell’ingegner Lamolinara, ucciso in Nigeria durante in blitz delle forze speciali inglesi e nigeriane. Allora il Copasir, in primo luogo D’Alema, aveva fatto la voce grossa e convocato il direttore di Aise, il generale Santini, per una infuocata audizione di chiarimento, come fu scritto su Globalist a proposito della [url”Caporetto Nigeria”]http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=8642&typeb=4&Caporetto-Nigeria-tutte-le-accuse-agli-007[/url].
Oggi D’Alema si felicita. Da un lato confermando – indirettamente – il ruolo della nostra intelligence. Dall’altro lanciando un segnale molto chiaro tra gli addetti ai lavori. Tutto bene? No. Meno peggio. Almeno così filtra. Ma l’ascia di guerra è sotterrata e il calumet della pace si avvicina.