Libia, Haftar straccia la tregua e la stampa europea straccia l'Italia
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Libia, Haftar straccia la tregua e la stampa europea straccia l'Italia

La parola tregua è impronunciabile. E l’unica diplomazia che funziona è la “diplomazia di guerra”. Il generale ha respinto la proposta di cessate il fuoco in Libia avanzata ieri da Russia e Turchia

Conte e Haftar
Conte e Haftar
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

10 Gennaio 2020 - 17.53


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Finita prima di cominciare. In Libia la parola tregua è impronunciabile. E l’unica diplomazia che funziona è la “diplomazia di guerra”. Il generale Khalifa Haftar ha respinto la proposta di cessate il fuoco in Libia avanzata ieri da Russia e Turchia. Lo ha annunciato il portavoce del sedicente Esercito nazionale libico, Ahmed al Mismari.

Il Generale sfida lo Zar

“Ringraziamo la Russia per il suo sostegno, ma non possiamo smettere di combattere il terrorismo”, hanno riferito le fonti sintetizzando l’annuncio.  “Non si può creare uno Stato civile senza l’annientamento totale di queste formazioni: questi gruppi si sono impadroniti della capitale e godono dell’appoggio di alcuni Stati e governi che forniscono loro droni” ha detto il portavoce del sedicente Esercito nazionale libico (Lna), Ahmed al Mismari, senza nominare direttamente la Turchia. I Paesi che “sostengono le formazioni a Tripoli”, ha sostenuto ancora il portavoce delle forze di Haftar, fanno affluire in Libia “un gran numero di terroristi dal mondo intero per combattere le forze armate” libiche.  “Serve un processo politico” La “necessità della realizzazione della stabilità, della sicurezza e della riforma democratica e la ripresa del processo politico” è stata affermata nella dichiarazione con cui le forze del Lna hanno respinto la proposta di cessate il fuoco in Libia. Ahmed al-Mismari ha detto che la necessità riguarda anche il “mettersi d’accordo su un quadro nazionale che assicuri una giusta distribuzione delle risorse libiche senza esclusione o marginalizzazioni”. La “base”, ha aggiunto, è comunque “il disarmo di tutte le milizie”.

Primi morti turchi

Ci sarebbero le prime perdite fra le file dei militari turchi in Libia, a pochi giorni dall’inizio della missione. Secondo il quotidiano panarabo Al-Arab, edito a Londra, tre soldati sono stati uccisi e sei feriti in modo serio. La fonte sarebbero media “locali” non meglio specificati. Al-Arab riporta che i corpi dei caduti sono stati portati all’aeroporto di Misurata per essere rimpatriati, mentre i feriti sono stati trasferiti all’ospedale di Nalut, 270 chilometri a ovest di Tripoli.

Il dramma dei migranti

“Viviamo costantemente nella paura, perché sentiamo continuamente spari nelle vicinanze, noi chiusi qui, senza protezione, senza vie di fuga in caso di attacco, rischiamo la vita”. E’ il drammatico appello che arriva da un gruppo di migranti nei centri di detenzione in Libia, rilanciato da don Mussie Zerai, presidente di Habeshia. La richiesta di evacuazione racconta una situazione disumana che centinaia di profughi vivono ogni giorno. “Il nostro lager – raccontano i migranti – è usato anche come deposito di armi questo fatto aumenta il rischio che diventiamo probabile obiettivo militare. Tra il 27 e il 28 dicembre hanno bombardato alcune strutture molte vicine al nostro, questo fatto aumenta il terrore che pervade tutti noi”. Quindi l’appello: “Chiediamo l’aiuto di tutte le istituzioni europee e delle agenzie umanitarie di mobilitarsi per trovare e mettere in atto un piano straordinario di evacuazione. Ogni tentennamento e rinvio mette in pericolo la vita di centinaia di vite umane”.
Lager infernali

Don Zerai, considerato l’angelo custode dei migranti, ha vissuto anche lui il dramma sulla sua pelle ed è stato anche candidato al Premio Nobel per la Pace. “Si può dire che viviamo in un porcile. – si legge nel post dove il centro di detenzione viene definito “lager” – Sono mesi che non riceviamo nulla per l’igiene personale, siamo costretti a bere acqua salata, di cui non sappiamo la provenienza. I problemi di salute sono all’ordine del giorno; le più gravi sono le persone colpite dalla Tbc. Noi abbiamo bisogno urgente di controlli medici tutti, soprattutto che si prendano cura delle persone già in evidente stato di necessità, che vediamo davanti a noi consumarsi, come se fossero delle candele arse dalla malattia, che li sta consumando da dentro. Ora ci sentiamo abbandonati, molti di noi sono caduti in depressione, altri tentano la fuga per prendere la via del mare, tutto questo dalla disperazione in cui siamo lasciati a sopravvivere. Abbiamo casi di tentato suicidio, tra coloro che sono da un anno e più, costretti a spostarsi da un lager ad un altro, senza vedere uno spiraglio per il loro futuro”.

Fiasco in tutte le lingue europee

Già potenza coloniale in Libia, dove ha importanti interessi economici, l’Italia vorrebbe agire come mediatore nel conflitto in corso nel Paese. Tuttavia, questo tentativo di “colpo diplomatico” è fallito, generando imbarazzo. In questo modo, il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung commenta la mancata riuscita del vertice sulla Libia organizzato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a Palazzo Chigi nella giornata dell’8 gennaio scorso. Dopo tre ore di colloqui con il generale Khalifa Haftar, comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), Conte avrebbe voluto ricevere anche il presidente del governo di accordo nazionale libico (Gna), Fayez al Sarraj. L’obiettivo, politico e simbolico, era giungere a Roma a una stretta di mano tra i capi delle parti in conflitto in Libia. Tuttavia, quando ha saputo della presenza di Haftar a Palazzo Chigi, di cui non era stato informato, al-Sarraj, in volo da Bruxelles a Roma, ha deciso di invertire la rotta verso Tripoli. Durante la sua visita a Bruxelles, il presidente del Gna aveva, infatti, già chiesto all’Ue sostegno contro Haftar.. Per la Faz l’Italia intende giocare “un ruolo da protagonista in Libia, ma difficilmente riesce a farsi sentire nello sciame di attori politici e soprattutto militari” attivi nel Paese. Roma “è dalla parte di al-Sarraj, ma parla anche con Haftar e alla fine, in maniera piuttosto dilettantesca, si offre come onesto sensale” tra le parti in conflitto.

Sul dossier libico l’Italia incassa un “fiasco diplomatico”. Lo scrive il quotidiano francese  Le Figaro dopo che l’8 marzo scorso il capo del Governo di accordo nazionale (Gna), Fayez al- Sarraj, si è rifiutato di incontrare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, perché irritato dalla presenza del generale Khalifa Haftar, comandante dell’Esercito nazionale libico (Lna), a Roma. Una mossa sbagliata da parte dell’Italia, che così facendo conferma le indiscrezioni che la vedono intenzionata ad avvicinarsi ad Haftar. L’obiettivo di Roma è quello di riguadagnare l’influenza persa nella sua ex colonia, dove l’Eni controlla molti pozzi di petrolio. A questo si aggiunge poi la questione migratoria , visto che il Paese è il principale crocevia dei flussi nel Mediterraneo.

 

L’Italia sta cercando disperatamente di salvare la propria credibilità diplomatica dopo che il suo tentativo di giocare un ruolo centrale nella risoluzione del conflitto in Libia è deragliato, rivelando tutta la approssimazione al centro dell’azione del governo. In questo modo, il quotidiano britannico Daily Mail” descrive i fallimenti nella gestione della questione libica registrati negli ultimi giorni sia dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sia dal ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale, Luigi Di Maio. Nella giornata dell’8 gennaio scorso, il presidente del governo di accordo nazionale libico (Gna), Fayez al-Sarraj, ha rifiutato di incontrare Conte a Roma avendo appreso che il suo rivale, il generale Khalifa Haftar comanda l’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), era già stato ricevuto a Palazzo Chigi. A sua volta, Di Maio si è trovato isolato alla riunione sulla Libia tenuta al Cairo con i ministri degli Esteri di Francia, Egitto, Grecia e Cipro e ha rifiutato di firmare la dichiarazione finale. Secondo il titolare della Farnesina, il documento era, infatti, eccessivamente sbilanciato a favore di Haftar. Questi sviluppi hanno mostrato come il governo sia “ignorato a livello internazionale e anche diviso al proprio interno”. Per il Daily Mail, si è trattato di un doppio colpo potenzialmente letale per gli sforzi diplomatici di Roma volti a portare la pace in una Libia in preda al caos. Nella giornata di ieri 9 gennaio, Conte e Di Maio si sono incontrati per discutere dei prossimi sviluppi. Tuttavia, per il quotidiano inglese ,l’Italia ha ormai perso l’iniziativa sulla Libia a favore di Russia, Turchia e Francia.

L’Europa si ripete

In Libia “insistiamo sul processo guidato dalle Nazioni Unite” per tornare al tavolo negoziale per trovare una soluzione politica, e quanto a questioni come la missione Sophia, l’Unione è composta da Stati membri e le decisioni su questi dossier si prendono al Consiglio. Così la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, a chi chiede quali saranno le prossime mosse di Bruxelles, ora che il generale Haftar ha rigettato il cessate il fuoco, e cosa pensi di un embargo europeo sulle armi, e la ripresa di una missione Sophia pienamente operativa.  “Sosteniamo tutti gli appelli ad un cessate il fuoco. Oggi ho inviato due messaggi al Parlamento di Tobruk e al Consiglio di Stato di Tripoli per iniziare un dialogo politico prima della fine del mese”, ribadisce l’inviato Onu per la Libia Ghassan Salamé al suo arrivo al Consiglio Esteri oggi a Bruxelles. “Noi insistiamo sul fatto che i colloqui fra le parti in Libia debbano avanzare il prima possibile – ha aggiunto – lavoriamo sul cessate il fuoco, la soluzione è solamente nelle mani dei libici”, ha aggiunto. “Nessuno ha chiesto un intervento militare della Nato” in Libia, ma “noi siamo pronti a fare capacity building per il governo riconosciuto dalle Nazioni Unite”, puntualizza il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg entrando al Consiglio Esteri a Bruxelles. “Il mio messaggio che è anche quello della Nato è che sosteniamo le Nazioni Unite per una soluzione politica e pacifica in Libia – ha aggiunto -, che è anche importante anche per i vicini” nell’area. “Promuoviamo un cessate il fuoco efficace e un embargo sulle armi degno di questo nome”, seguito da “un processo politico sotto l’egida delle Nazioni Unite”: lo chiede il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, sempre dal  Consiglio Esteri a Bruxelles. “Se non riusciremo a trovare una soluzione politica a breve, allora la Libia diventerà una nuova Siria, motivo per cui abbiamo iniziato il processo di Berlino”, ha sottolineato Maas, spiegando che domani volerà a Mosca con Angela Merkel per parlare con il presidente russo Putin.

Su Iran, Iraq e Libia “l’Ue parli con una sola voce. Bisogna fermare ogni tipo di interferenza esterna. Bisogna bloccare la vendita di armi. L’unica strada è il dialogo. Non esiste una risposta militare“: scrive  su Facebook il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, anche lui in terra belga.  Insomma, niente di nuovo sotto il cielo di Bruxelles.

 

 

 

 

 

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