Silvestri: "Il problema dell'Italia in Libia è che non sa cosa fare"
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Silvestri: "Il problema dell'Italia in Libia è che non sa cosa fare"

Il professore è tra i più autorevoli studiosi di politica internazionale, già presidente dell’Istituto affari internazionali (Iai: "Bisogna sostenere Borrell"

Stefano Silvestri
Stefano Silvestri
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

10 Gennaio 2020 - 15.20


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“Il problema non è che l’Italia, per un destino cinico e baro, è condannata a non contrare nulla in Libia, il problema è che non sa cosa fare”.
A sostenerlo in questa intervista esclusiva concessa a Globalist è il professor Stefano Silvestri, tra i più autorevoli studiosi di politica internazionale, già presidente dell’Istituto affari internazionali (Iai).

Professor Silvestri, l’Italia esiste ancora sullo scacchiere libico?

”Direi di sì. In questa fase ci sono altri Paesi che stanno facendo scommesse più forti, per esempio la Turchia, ma la realtà è che, anche per semplici ragioni geografiche oltre che economiche e commerciali, l’Italia rimane per forza uno dei protagonisti sulla scena libica. Il problema non è se l’Italia conti, ma che non sa bene cosa fare. Per cui oscilla tra l’appoggio all’Onu, che va sempre bene, r la ricerca di nuove soluzioni negoziali, finendo per non incidere né sull’una né sull’altra prospettiva”.

Ma bastano gli appelli alla moderazione e il ripetere che non esiste una soluzione militare alla crisi libica?

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”No, non bastano, e le dinamiche sul campo lo stanno a dimostrare al di là delle buone intenzioni degli appellanti. Evidentemente senza qualcosa di più, che può andare dall’iniziativa politico-diplomatica fino all’intervento militare. Peraltro noi abbiamo già militari sia sul terreno che in acque libiche, solo che li manteniamo un po’ su una torre d’avorio. Anche qui l’indecisione regna sovrana”.

I player della partita libica sembrano essere ad Ankara, Il Cairo, Mosca, negli Emirati Arabi…

”Il vero problema è che ci sia una politica europea unitaria nei confronti della Libia.Mi pare che Borrell (L’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, ndr) stia cercando di muoversi in questa direzione e l’Italia farebbe bene a sostenerlo e incoraggiarlo”.

Una iniziativa europea che però deve fare i conti con gli attori regionali, in particolare la Turchia, che sostiene il Governo di accordo nazionale di Fayez al-Sarraj, e l’Egitto che invece appoggia l’uomo forte della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar. E’ possibile mettere d’accordo Erdogan e al-Sisi?

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”Credo che questo sia facilissimo, soltanto che porta alla divisione della Libia, in due o tre protettorati. Il problema non è tanto mettere d’accordo Turchi ed Egiziani, ma avere una politica per l’insieme della Libia”.

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