“Ricordatevi quel nome”. E “qualcuno” quel “nome” se l’è ricordato. Facendolo fuori. Per Israele era il “padre”dell’atomica. Era. Fino a ieri. Non c’è bisogno di una rivendicazione. Le pallottole che lo hanno ucciso sono targate “Mossad”. Quelle pallottole che hanno posto fine alla vita di Mohsen Fakhrizadeh-Mahabadi, lo scienziato considerato tra i capi del programma nucleare iraniano, assassinato a colpi di pistola ieri pomeriggio ad Absard, nei pressi di Damavand, a nord-est della capitale Teheran. Il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif su Twitter scrive che ci sono “serie indicazioni di un ruolo di Israele” nell’uccisone. Lo scienziato era stato accusato dal premier israeliano Benjamin Netanyahu di gestire un programma per lo sviluppo di armi atomiche fin dall’inizio degli anni 2000, denominato programma Amad. Secondo fonti israeliane, era nella lista degli obiettivi del Mossad, l’agenzia di intelligence del Paese.
Una conferma viene dagli Usa. C’è Israele dietro l’assassinio dello scienziato iraniano Mohsen Fakhrizadeh: lo dicono al New YorkTimes “un funzionario americano e altri due dirigenti dell’intelligence”. Secondo il quotidiano “non è chiaro quanto gli Usa sapessero in anticipo dell’operazione. Ma i due paesi sono strettamente alleati e da molto tempo condividono informazioni di intelligence sull’Iran”. Due aspetti appaiono significativi: in primo luogo l’incontro segreto – negato dalle parti – avvenuto tre giorni fa a Neom, in Arabia Saudita, tra il potente erede al trono Mohammad Bin Salman e Netanyahu (a cui si sarebbero aggiunti il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, e il capo del Mossad, Yossi Cohen), in quella che sarebbe la prima visita israeliana nel Regno.
“I sionisti stanno facendo di tutto per innescare una guerra a tutto campo facendo pressioni sull’Iran”, ha detto il generale iraniano Hossein Dehghan, consigliere militare della Guida Suprema Ali Khamenei. “Ci abbatteremo sugli assassini di questo martire innocente come un tuono e li faremo pentire di quello che hanno fatto”, ha aggiunto il generale.
Il presidente iraniano, Hassan Rohani ha accusato l’acerrimo nemico Israele di agire come un “mercenario” degli Stati Uniti assassinando a Teheran uno degli scienziati di punta del programma nucleare dell’Iran. “Ancora una volta, le mani malvagie dell’arroganza globale, con il regime usurpatore sionista come mercenario, sono macchiate con il sangue di un figlio di questa nazione”, scrive Rohani sul suo sito ufficiale riferendosi all’omicidio di Mohsen Fakhrizadeh.
L’Iran usa generalmente il termine “arroganza globale” per rivolgersi agli Stati Uniti.
L’ultimo a tuonare, ma il primo a contare, è l’ayatollah Khamenei. La Guida suprema iraniana, chiede di “punire” i responsabili dell’uccisione di Fakhrizadeh. “Bisogna individuare tutti coloro che sono stati coinvolti nell’omicidio e devono essere puniti. E ciò è inevitabile”, ha dichiarato il leader iraniano.
Bersaglio grosso
“Alcuni colleghi dell’esperto scienziato del programma nucleare e missilistico e almeno tre dei terroristi sono rimasti uccisi o feriti nel corso dell’attacco di questo pomeriggio”, riferisce la Fars, agenzia vicina ai Pasdaran, citando fonti di sicurezza. Non viene tuttavia precisato al momento il numero delle altre eventuali vittime. Secondo il racconto di alcuni testimoni, ci sarebbe stata inizialmente un’esplosione, forse per bloccare l’auto su cui viaggiava Fakhrizadeh-Mahabadi, seguita da una serie di spari. “I terroristi hanno assassinato oggi un importante scienziato iraniano. Questa vigliaccheria, con serie indicazioni di un ruolo israeliano, dimostra un disperato bellicismo da parte degli autori”, scrive nel suo tweet Zarif. “L’Iran chiede alla comunità internazionale, e soprattutto all’Unione Europea, di porre fine ai loro vergognosi doppi standard e di condannare questo atto di terrorismo di stato”, conclude il ministro degli Esteri.
In passato, riferiscono media iraniani, lo scienziato era già scampato a un tentativo di assassinio attribuito al Mossad. Considerato da molti il più esperto tra i tecnici nucleari del ministro della Difesa di Teheran, Fakhrizadeh-Mahabadi era stato anche responsabile del Centro di ricerca di fisica (Phrc) della Repubblica islamica e ufficiale delle Guardie della Rivoluzione iraniana. Fakhrizadeh aveva guidato il programma Amad (speranza in persiano). Israele e i Paesi occidentali avevano sostenuto che si trattasse di un’operazione militare, ma Teheran ha sempre negato definendo il suo programma nucleare esclusivamente pacifico. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), il programma Amad si è concluso all’inizio degli anni 2000.
I precedenti
Israele è stata sospettata in passato di aver condotto uccisioni mirate di scienziati nucleari: per ora ha rifiutato di commentare l’uccisione. Il premier Netanyahu nominò lo scienziato nel 2018 quando annunciò che i servizi d’intelligence del Mossad avevano trafugato da un deposito a Teheran un vasto archivio sul programma nucleare iraniano. “Ricordate questo nome, Fakhrizadeh“, disse il primo ministro israeliano. Secondo la sua denuncia, Teheran aveva portato avanti un programma segreto, chiamato appunto Amad (speranza in persiano), fra il 1999 e il 2003 per sviluppare armi nucleari. Dopo il 2003 tale programma fu diviso: secondo Netanyahu una parte fu portata avanti alla luce del sole e l’altra, con scopi bellici, rimase segreta. Teheran aveva negato l’esistenza di Amad quando fu firmato l’accordo sul nucleare iraniano nel 2015. Ma Netanyahu dichiarò nel 2018 che il progetto veniva portato ancora avanti sotto diverse coperture, fra cui il programma Spnd del ministero della Difesa, che era guidato proprio da Fakhrizadeh.
“Nel 2014 – ricorda Camille Eid su Avvenire – un diplomatico occidentale aveva confidato a Reuters che «se l’Iran deciderà di militarizzarsi, Fakhrizadeh sarà ricordato come il padre della bomba nucleare». Anche per questo, secondo fonti israeliane, sarebbe sopravvissuto in passato a un tentativo di omicidio compiuto dal Mossad. Forse quello denunciato nel 2015 dalle autorità iraniane senza rivelare l’identità dell’illustre bersaglio designato. Altri attentati – tutti addebitati al Mossad israeliano o ai “terroristi” di Mojahedin-e Khalq (Mko), un gruppo di opposizione in esilio – hanno centrato l’obiettivo. Nel maggio 2012, Teheran ha annunciato l’esecuzione di una condanna a morte contro Majid Fashi, presentato come agente del Mossad, poi annunciò l’arresto di altri 14 iraniani (otto uomini e sei donne) coinvolti in una serie di attentati contro scienziati nucleari e descritti come una cellula addestrata dai servizi israeliani, presentando successivamente le loro «confessioni» in un documentario televisivo dal titolo “il club del terrore”.
Senza parlare delle misteriose esplosioni in impianti strategici avvenute quest’estate. Nelle ultime settimane – riportava tre giorni fa il sito di news Axios – i militari israeliani hanno ricevuto ordine di prepararsi alla possibilità che Donald Trump ordini un attacco contro l’Iran. Le ultime settimane del tycoon alla Casa Bianca, scriveva Barak Ravid da Tel Aviv, saranno un «periodo molto delicato». Secondo il New York Times, il presidente Usa sarebbe stato dissuaso dall’intraprendere una simile iniziativa. Probabilmente, qualcuno non rinuncia all’escalation. Solo due giorni fa il presidente iraniano Hassan Rohani aveva parlato di un possibile ritorno alle relazioni con gli Usa «alle condizioni del 20 gennaio 2017». Sempre se Joe Biden mostrerà la volontà di “ricucire”.
Il piromane della Casa Bianca
“Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha più di un mese di tempo prima di lasciare la Casa Bianca e, uscendo, potrebbe dare fuoco al mondo. All’inizio di questa conflagrazione, sembra che abbia in mente di usare tutti i fiammiferi della scatola. Al suo fianco, il primo ministro Benjamin Netanyahu sarebbe più che felice di prestargli un accendino”, rimarca Noa Landau, firma di punta di Haaretz.
“L’assassinio di venerdì del padre del programma nucleare iraniano, Mohsen Fakhrizadeh, proietta un senso di panico di fine stagione a Washington, ma questa volta le vendite di fuoco dell’ultimo minuto assumono un significato completamente diverso. Chiunque sia stato a premere il grilletto, i frenetici tweet di Trump non lasciano dubbi sul fatto che la sua amministrazione abbia dato la sua benedizione. Questo può anche aiutare a spiegare perché l’Arabia Saudita è stata così rapida a negare le notizie di un incontro a tre di domenica tra il principe ereditario Mohammed bin Salman, il segretario di Stato americano Mike Pompeo e il capo del Mossad e di Netanyahu, Yossi Cohen, nella città costiera di Neom, o perché la prevista visita di Netanyahu in Bahrain e negli Emirati Arabi Uniti, prevista per questa settimana, è stata bruscamente rimandata. Ma le smentite ufficiali o il silenzio non cambieranno nulla. L’Iran ha già chiarito chi vede come i diretti responsabili, e a chi sarà rivolta la vendetta: Israele. Negli Stati Uniti, intanto, a parte i tweet non così sottili del presidente piromane uscente, i funzionari dei servizi segreti hanno confermato al New York Times che c’è Israele dietro l’attentato fuori Teheran. Tutto questo, senza nemmeno entrare nel merito della questione del livello di coordinamento, o della sua mancanza, tra il primo ministro israeliano e il suo ministro della difesa, Benny Gantz, sull’operazione, che arriva in un momento in cui le tensioni tra i due sono al culmine. Si è persino affermato che Gantz non era a conoscenza dell’avventura saudita segnalata da Netanyahu. È difficile concepire uno scenario così folle, in cui un ministro della difesa viene tenuto all’oscuro del presunto coinvolgimento israeliano in una tale operazione. Ma questa non sarà certo l’unica cosa folle accaduta durante la presidenza di Trump. Mentre la questione dell’Iran spinge un enorme cuneo tra Democratici e Repubblicani, e il coinvolgimento degli Stati Uniti in un assassinio come questo sarebbe visto come un modo per mettere il presidente entrante in un angolo, in Israele è improbabile che qualcuno osi condannare l’operazione. In realtà, non c’è nessuna questione di politica di sicurezza che raccolga in Israele un consenso così ampio come quella che riguarda l’Iran Nessun politico, se non quelli della Joint List, oserebbe dire ad alta voce che gli assassini non portano altro che escalation regionali e la sostituzione del bersaglio con il prossimo. Nessuno oserebbe sollevare la questione di come Israele reagirebbe, Dio ce ne scampi e liberi, se l’Iran assassinasse una figura israeliana di così alto rango nel proprio territorio. Questo è il più grande risultato di Netanyahu e la sua eredità per i secoli: Nessuno in Israele oserebbe presentare un’alternativa alla sua politica iraniana. E quando nessuno lo sfiderà, come ha giustamente detto una volta John Stewart Mill, non sapremo mai se ha davvero ragione. Israele e l’Iran hanno entrambi pienamente compreso la tesi di Satana, grande o piccola che sia. Continuano ad armarsi, e con l’aiuto americano anche i vicini Stati del Golfo si stanno armando massicciamente, il tutto in un ciclo infinito di escalation. Ora non resta che sperare in due scenari: o che gli iraniani preferiscano aspettare l’imminente giuramento di Joe Biden invece di esigere la loro vendetta, o che Trump finisca la partita. Un’escalation significativa con l’Iran, al culmine di una pandemia e di un’economia sofferente, con un primo ministro sotto processo e incline ad escludere i ministri della Difesa e degli Esteri, è uno scenario troppo terrificante – conclude Landau – Come lo stesso Netanyahu, in qualità di leader dell’opposizione nel 2008, ha detto dell’allora primo ministro Ehud Olmert, un primo ministro fino al collo in questioni legali non ha alcun mandato morale o pubblico per determinare tali cose fatali per lo Stato di Israele, e le persone della sua cerchia, sicofanti nominati personalmente, non sono in grado di temperare il pericolo”.
Dietro l’eliminazione del “padre” dell’atomica sciita c’è dunque il patto scellerato tra Trump e Netanyahu. La coppia di piromani che potrebbe far esplodere la polveriera mediorientale. Biden è avvertito.
Eliminazioni mirate, terrorismo di stato, minacce, rappresaglie. In questo scenario da guerra di bassa intensità, per il momento, si staglia il silenzio dell’Europa. Come se ciò che accade e può accadere in Medio Oriente non interessino il Vecchio continente, come se un conflitto generalizzato in quella cruciale area del mondo non avrebbe immediatamente effetti destabilizzanti, economici, geopolitici, di sicurezza per l’Europa. Un tempo si diceva che in Medio Oriente l’Europa era un gigante economico e un nano politico. Adesso è un nano e basta.
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