A caccia di “collaborazionisti” e alla ricerca di alleanze. E’ il “doppio binario “dei talebani.
Pechino e Teheran si fanno avanti
“Crediamo che l’Iran e la Cina, sulla base di un piano strategico, possano cooperare in Afghanistan a diversi livelli”. Lo ha detto Hossein Amirabdollahian, ministro degli Esteri designato del nuovo governo iraniano guidato dal conservatore Ebrahim Raisi, incontrando a Teheran il Rappresentante speciale della Cina per l’Afghanistan, Yu Xiao Yong. “Il popolo dell’Afghanistan non tollererà mai un’occupazione e una dominazione straniera”, ha aggiunto.
Il Sultano ci prova
Sono 300mila i migranti afghani presenti oggi in Turchia e, “se necessario, siamo pronti a dialogare con i talebani”. E’ quanto afferma il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, smentendo le affermazioni dell’opposizione secondo cui sarebbero 1,5 milioni gli afghani arrivati in Turchia. “Né l’Occidente né i Paesi musulmani hanno accordato la dovuta importanza all’Afghanistan. Noi abbiamo fatto quanto serviva in termini di infrastrutture in Afghanistan e stiamo ancora lavorando”, ha rimarcato.
Caccia aperta
n documento delle Nazioni unite avverte che i talebani stanno intensificando la caccia a tutte le persone che hanno lavorato e collaborato con la Nato e le forze statunitensi. Il documento riservato, prodotto dal Norwegian Center for Global Analyses che fornisce all’Onu informazioni di intelligence, afferma: “I talebani stanno arrestando e/o minacciando di uccidere o arrestare i familiari di individui mirati, a meno che non si arrendano ai talebani”. Lo ha riferito la Bbc. Inoltre, il documento rileva che le persone particolarmente a rischio sono quelle con incarichi nell’esercito, nella polizia e nelle unità investigative. “I talebani hanno condotto una mappatura anticipata degli individui, prima di prendere il controllo di tutte le principali città”, si legge. I militanti, inoltre, secondo le informazioni stanno effettuando controlli alla ricerca di individui, mentre consentono l’evacuazione di personale straniero dall’aeroporto di Kabul, ma la situazione rimane “caotica”. Secondo il rapporto, i talebani stanno reclutando nuove reti di informatori per collaborare con il futuro regime.
Rapporto ignorato
Ventitré funzionari dell’ambasciata americana a Kabul avevano firmato un dispaccio inviato, lo scorso 13 luglio, al segretario di Stato Antony Blinken in cui segnalavano il rischio di un possibile collasso dello Stato afghano subito dopo il ritiro americano dall’Afghanistan. Lo hanno riportato due fonti riservate al Wall Street Journal. I diplomatici avevano messo in guardia Blinken sulla rapida avanzata dei talebani e avevano avvertito che le forze regolari afghane stavano cedendo. I documenti confermano che gli Stati Uniti erano a conoscenza della crisi a cui sarebbero andati incontro, ma nonostante questo non si sono fermati.
Emergency: 10mila persone all’aeroporto
“Abbiamo notizie ufficiose di talebani che entrano nelle case di ex attivisti, artisti e persone che si erano schierate in passato contro il regime talebano. I talebani entrerebbero nelle case di privati per cercare armi e documenti, che possono rovinare la loro reputazione in città”. Così in un briefing con la stampa Alberto Zanin, coordinatore medico del Centro per feriti di guerra di Emergency nella capitale afghana, il quale specifica che “su questo ci sono solo rumours, non abbiamo notizie dirette”. “Ieri sono arrivati nuovi feriti da arma da fuoco dall’aeroporto di Kabul, in tutto cinque o sei persone. Gli scontri in aeroporto – ha detto Zanin – sono una realtà ancora viva e presente: è l’unico posto in cui continua ad esserci caos e tensione. Si parla di diecimila persone che cercano di prendere voli di evacuazione”. “I pazienti feriti che arrivano dall’aeroporto nel nostro ospedale non hanno voglia di parlare in merito a quanto gli è accaduto”.
Nato: “La nostra priorità sono le evacuazioni”
“Quanto accade è una tragedia per gli afghani. La situazione in Afghanistan resta difficile ed imprevedibile. La priorità assoluta della Nato è trasferire la gente fuori dal Paese. La principale sfida che affrontiamo è ” fare in modo che “le persone possano raggiungere ed entrare nell’aeroporto di Kabul”. Ad affermarlo è il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, parlando alla riunione dei ministri degli Esteri dell’Alleanza. “Ci aspettiamo che i talebani permettano il passaggio sicuro per tutti gli stranieri e gli afghani che vogliono lasciare il Paese. Questo è il compito più urgente di oggi”.
Oltre 18 mila persone sono state evacuate da Kabul per via aerea dalla caduta della capitale afghana in mano ai talebani. Lo ha riferito a Reuters, riporta la stampa internazionale, un funzionario della Nato, che ha promesso di raddoppiare gli sforzi per le operazioni di evacuazione. Migliaia di persone stanno continuando ad affollare l’aeroporto nella speranza di lasciare il Paese caduto in mano agli islamisti, spiega il funzionario, sebbene i talebani abbiano esortato a tornare a casa le persone prive dei documenti richiesti.
“Ieri sono arrivati nuovi feriti da arma da fuoco dall’aeroporto di Kabul, in tutto cinque o sei persone. Gli scontri in aeroporto sono una realtà ancora viva e presente: è l’unico posto in cui continua ad esserci caos e tensione. Si parla di diecimila persone che cercano di prendere voli di evacuazione”. Così in un briefing con la stampa Alberto Zanin, coordinatore medico del Centro per feriti di guerra di Emergency nella capitale in Afghanistan, il quale aggiunge: “I pazienti feriti che arrivano dall’aeroporto nel nostro ospedale non hanno voglia di parlare in merito a quanto gli è accaduto”.
Talebani alla ricerca in Afghanistan di un giornalista che lavora per Deutsche Welle (Dw) hanno sparato uccidendo un membro della sua famiglia e ferendone gravemente un altro, rende noto la radio tedesca stamattina sul suo sito web. L’identità del giornalista in questione, che ora risiede in Germania, non è stata specificata. Diversi altri membri della sua famiglia sono riusciti a fuggire in extremis mentre i talebani andavano di porta in porta per cercarlo.
La denuncia di Amnesty
I talebani recentemente hanno fatto strage di componenti della minoranza hazara nella provincia di Ghazni e questo rappresenta un precedente che potrebbe indicare come sarà il ritorno al potere del gruppo fondamentalista. L’ha sostenuto Amnesty International. In base alle ricerche fatte sul campo e dai colloqui con testimoni, l’ong segnala che tra il 4 e il 6 luglio ci sono state una serie di uccisioni raccapriccianti da parte dei talebani.
I talebani: “un’ingiustizia” il blocco dei fondi della banca centrale afghana.
Hanno cominciato a fare pressione su di noi e a creare ostacoli”, ha dichiarato il portavoce dei talebani Suhail Shaheen in un’intervista a Cgtn Europe. “Mentre abbiamo bisogno della ricostruzione dell’Afghanistan, il popolo dell’Afghanistan ha bisogno dei fondi. La banca centrale ha bisogno dei fondi” ha aggiunto. Oltre al blocco dei circa 9 miliardi di dollari della banca centrale afghana detenuti dalle banche statunitensi, anche il Fondo Monetario Internazionale ha deciso di sospendere i finanziamenti per il Paese oggi retto dai talebani per la “mancanza di chiarezza” nella comunità internazionale sul riconoscimento del governo degli studenti coranici in Afghanistan. Nell’intervista alla Cgtn Europe, il portavoce degli studenti coranici tornati al potere, ha affermato che “la Cina è un grande Paese con un’enorme economia e capacità e penso che possa giocare un ruolo molto grande nella ricostruzione e nel recupero dell’Afghanistan. Possono avere quel ruolo”.
L’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, a sua volta, “esprime preoccupazione per i bisogni umanitari prevalenti all’interno dell’Afghanistan, e chiede sostegno affinché tutti coloro che necessitano di assistenza non siano dimenticati. La situazione sul campo, in tutto il Paese, continua a essere estremamente fluida. Sebbene i diffusi combattimenti siano diminuiti da quando, domenica, i Talebani hanno preso il potere, il pieno impatto di questa situazione in evoluzione non appare ancora chiara. Molti afghani sono profondamente preoccupati riguardo al futuro.
È necessario assicurare maggiore sostegno alla risposta umanitaria in corso all’interno dell’Afghanistan stesso affinché si possa prestare assistenza al popolo afghano, tra cui mezzo milione di persone costrette a fuggire solo quest’anno. La stragrande maggioranza degli afghani non è nelle condizioni di poter lasciare il Paese attraverso canali regolari. Le immagini della folla all’aeroporto, riprese pochi giorni fa, hanno scioccato il mondo, comunicando poderosamente i sentimenti di paura e incertezza che regnano tra molti afghani.
L’Unhcr accoglie con favore gli sforzi da parte di numerosi Stati per assicurare protezione ai cittadini afghani a rischio mediante programmi di evacuazione bilaterali. Tuttavia, tali programmi non dovrebbero far passare in secondo piano o sostituire una più ampia risposta umanitaria internazionale urgente.
Inoltre, le evacuazioni bilaterali non dovrebbero impedire o precludere agli afghani la possibilità di chiedere asilo in un altro paese. Tutti gli Stati – sia i Paesi della regione sia quelli al di fuori – devono preservare il diritto di asilo per tutti gli afghani, che arrivino mediante canali regolari o spontanei.
L’Unhcr, inoltre, esprime preoccupazione in merito al fatto che molti confondono questi programmi di evacuazione bilaterali dall’Afghanistan con quelli tradizionali di reinsediamento di rifugiati implementati dall’Unhcr, ai quali sono completamente estranei. L’Unhcr non effettua trasferimenti di cittadini dai loro Paesi verso altri Stati. La settimana scorsa, numerosi Stati hanno annunciato il l’avvio di programmi di reinsediamento o di evacuazione a beneficio degli afghani a rischio. I dettagli di queste iniziative non sono ancora stati annunciati. In tale contesto in evoluzione, l’Unhcr continua a manifestare apprensione in merito al rischio di violazioni di diritti umani ai danni dei civili, comprese donne e bambine. Ad oggi, le persone in pericolo non dispongono di una via di uscita sicura. Alla luce dell’evolversi della crisi, l’Unhcr si appella ai Paesi confinanti con l’Afghanistan affinché tengano aperte le frontiere. Ad oggi, sono circa 200 i membri dello staff nazionale e internazionale dell’Unhcr rimasti sul campo in Afghanistan. L’Agenzia continua a lavorare insieme a 18 partner locali non governativi che contano circa 900 membri del personale operativi in tutto il Paese. Attualmente, il personale può accedere a tutte le province e lavora in circa due terzi di tutti i distretti. Insieme al più ampio team nazionale Nazioni Unite, l’Agenzia è impegnata a restare per assicurare aiuti al popolo afghano fino a quando potrà avere accesso alle popolazioni in difficoltà e garantire l’incolumità del proprio personale. Dall’inizio di quest’anno, l’Unhcr ha assicurato aiuti di emergenza a 230.000 persone, tra cui assistenza in denaro, kit per gli alloggi, prodotti per l’igiene e altri beni di prima necessità. Le attività di monitoraggio e valutazione delle esigenze di protezione sono costantemente in corso a beneficio di circa mezzo milione di sfollati interni, l’80 per cento dei quali è composto da donne e bambini.
L’appello di Zahra
La sua fuga contro i talebani è finita e Zahra Ahmadi, che ora si trova su suolo italiano, ha tirato un sospiro di sollievo e riabbracciato suo fratello Ahmed. L’attivista 32enne è atterrata nel pomeriggio di ieri a Roma insieme a altri 200 cittadini afghani grazie al ponte umanitario allestito dalla Farnesina. “Zahra mi ha ripetuto mille volte grazie ed io lo rivolgo a quanti ci sono stati vicino”, ha dichiarato suo fratello. “Mi ha parlato delle sue amiche e mi ha supplicato di proteggerle”. Mentre i talebani marciavano sul Paese conquistando sempre più territori fino ad entrare nella capitale Kabul, Zahra è stata costretta a nascondersi: la ragazza aveva appoggiato una manifestazione contro i fondamentalisti islamici e temeva delle possibili ritorsioni. Zahra “è stanca ma molto felice”, prosegue suo fratello, “e alla fine mi ha pregato di dire a tutti che lei è solo una, che non conta nulla e che è qui per aiutare ad aiutare gli altri”. I due si sono incontrati in aeroporto. Sebbene Zahra dovrà sottoporsi a quarantena preventiva per le misure anti-contagio, non è riuscita a trattenere la volontà di abbracciare suo fratello. “La promessa era di non abbracciarci per via del Covid, ma ho guardato il colonnello che seguiva le operazioni il qualche si è emozionato e mi ha incoraggiato ad andare verso di lei”, ha concluso Ahmed Ahmadi. “Non riuscivamo a staccarci”.