Perché la Russia ha attaccato l'Ucraina?

Mosca non ha mai digerito l'indipendenza di Kiev. Ma da quando l'Ucraina ha cominciato a guardare più alla Ue che alla Russia Putin ha preparato la risposta

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27 Febbraio 2022 - 17.44


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Quali sono i motivi per cui la Russia ha invaso l’Ucraina e da cosa dipende l’ostilità di Mosca verso Kiev?

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I motivi sono storici perché la Russia considera l’Ucraina come parte naturale della sua sfera di influenza, storicamente Kiev è considerata la capitale della futura Russia e molti ucraini sono di madrelingua russa, nati quando il Paese faceva parte dell’Unione Sovietica prima di ottenere l’indipendenza nel 1991. 

La Russia non ha mai visto di buon occhio l’indipendenza ucraina ma negli anni Novanta Mosca era troppo debole per reagire e comunque la convivenza con Kiev era tranquilla visto che comunque lo stato indipendente era rimasto strettamente legato a Mosca.

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La crisi vera e propria che ha portato alla attuale guerra ha origine il 22 novembre 2013, quando migliaia di persone scesero in piazza per protestare contro la sospensione da parte del governo dell’accordo di associazione con l’Ue, una sorta di zona di libero scambio in direzione Occidente. 

Il presidente Yanukovich aveva firmato quell’accordo quando Putin (con le buone o forse con le cattive) glielo fece rimangiare. La protesta popolare fu violenza e culminò con l’attacco delle forze governative contro la folla che provoco cento vittime. Poco dopo ci fu la cosiddetta rivoluzione “arancione” ucraina del 2014  e la fuga da Kiev del presidente Viktor Yanukovich che si rifugiò in Russia.

Mosca, a quel punto, mandò un forte segnale e ordinò una prima esercitazione militare con 150 mila soldati ai confini con l’Ucraina. Nel frattempo la popolazione russofona dell’Ucraina cominciò a protestare perché contraria all’avvicinamento all’Unione Europea di Kiev e all’allontanamento da Mosca, preoccupata di diventare una minoranza discriminata.

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In ooccasione delle varie manifestazioni filo-russe, a Sebastopoli a fine febbraio 2014 entrarono nella penisola della Crimea truppe russe senza insegne (i cosiddetti “omini verdi”), le quali – dopo diverse sparatorie con le forze armate ucraine – occuparono il consiglio supremo della Crimea e presero il comando dei suoi principali siti strategici. 

Nella penisola fu insediato un governo filo-russo e il 18 marzo Sebastopoli e la Crimea vennero annessi nella Federazione russa dopo un eferendum farsa  organizzato in tempo record che si conclude con il 95% dei voti favorevoli.

Kiev, l’Unione Europea considerarono l’annessione fuori dalle regole internazionali e da lì partirono le prime sanzioni e il rifiuto di riconoscere la Prima come parte integrante della Russia.

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Ma non ci fu solo la Crimea: nell’aprile del 2014 gruppi di miliziani pro-russi iniziarono ad occupare gli edifici pubblici in diverse città dell’Ucraina orientale. E poco dopo le province di Donetsk e Lugansk vennero dichiarate” repubbliche popolari indipendenti.

 Donetsk e Lugansk, nella regione del Donbass riuscirono a conquistare pezzi di territorio grazie all’aiuto – sempre non ufficiale – dei russi. Da lì l’inizio del conflitto che ha portato Putin prima a riconoscere l’indipendenza delle due auto-proclamate repubbliche e poi a ordinare l’jnvasione.

Negli anni successivi circa 13 mila persone sono morte negli scontri tra le forze ucraine e i militanti delle auto-proclamate repubbliche popolari.

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Nel maggio l 25 dello stesso anno divenne presidente della repubblica  Petro Poroshenko, pro-europeo, che due giorni dopo il suo insediamento firmò l’accordo di associazione con l’Ue, al quale la Russia risponde minacciando “conseguenze molto gravi”.

Germania e Francia  lavorarono per una prima soluzione diplomatica che portò agli accordi di Minsk (che furono due).  Nell’intesa “Minsk 1”, del settembre del 2014, fu varato un protocollo di 12 punti, che prevedeva un immediato cessate il fuoco, lo scambio di prigionieri e una serie di aiuti umanitari. Ma il cessate il fuoco durò poco.

 Nel febbraio 2015 venne allora sottoscritto un nuovo protocollo (il “Minsk 2”, che prevedeva un’ulteriore tregua, la rinuncia alle armi pesanti e la creazione di “zone cuscinetto”, l’inizio di un dialogo per elezioni nelle zone controllate dalle forze pro-russe, il ritiro delle milizie straniere e dei mercenari, una riforma costituzionale del Paese per permettere una certa autonomia alla regione martoriata del Donbass.

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Accordi che sono sempre rimasti lettera morta.

Nell’aprile 2019 fu infine eletto presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky: un attore, comico e sceneggiatore diventato popolarissimo nel Paese per aver interpretato uno show televisivo dal titolo “Servitore del popolo”, in cui metteva in scena, per l’appunto, un capo di Stato astutissimo, capace di superare antagonisti e detrattori. 

 Volodymyr Zelensky è sempre stato visto malissimo da Mosca perché la sua presidenza era totalmente spostata a Occidente ed è stato un fautore dell’ingresso del paese della Nato. 

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L’ostilità della Russia di Putin è cresciuta giorno dopo giorno fino all’invasione del 24 motivata dal ‘genocidio’ che ci sarebbe stato nei confronti dei filo-russi del Dombass e dal fatto che Zelensky avrebbe riempito il paese di armi fornite dall’Occidente diventando una minaccia per la sicurezza della Russia.

Questa la storia di un braccio di ferro che va avanti dal 2013. Il resto è cronaca

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