Ucraina, il consigliere di Putin: "Speravamo che l'esercito di Kiev si schierasse con noi ma ci eravamo sbagliati"

Serghej Markov, direttore dell'Istituto di Ricerche politiche di Mosca, già deputato e uomo di fiducia di Vladimir Putin dal 2011 al 2018. Ora Mosca punta a prendersi parte del paese.

Ucraina, il consigliere di Putin: "Speravamo che l'esercito di Kiev si schierasse con noi ma ci eravamo sbagliati"
Serghej Markov, direttore dell'Istituto di Ricerche politiche di Mosca, vicino a Putin
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9 Aprile 2022 - 17.13


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Il consigliere di Putin spiega che Mosca pensava di poter liquidare in pochi giorni la partita ucraina ma ha preso una cantonata: “Bisogna liberare la gente dal terrore nazista. Significa che tutte le organizzazioni naziste devono essere disarmate, sciolte e vietate” e sui tempi “si sperava presto, ma abbiamo sottostimato la propaganda”. Parla così Serghej Markov, direttore dell’Istituto di Ricerche politiche di Mosca, già deputato e uomo di fiducia di Vladimir Putin dal 2011 al 2018. A una domanda sull’obiettivo risponde che “dipende da come andrà la manovra nel Donbass” perché “i piani sono saltati”. “Ci si era spinti fino a Kiev perché si pensava che l’esecutivo sarebbe fuggito. Si presupponeva anche che l’esercito ucraino si sarebbe schierato con noi e non è successo – afferma – Abbiamo sottostimato il grado di nazificazione dell’esercito ucraino operato dagli addestratori americani”.

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“Anche nei territori occupati è cambiata strategia. Si puntava a conservare le strutture di potere, ora si insediano nuove amministrazioni sotto bandiera russa”, dice, parlando di “un casino” sulla gestione delle nomine perché “se ne occupano in troppi, il vicecapo dello staff del Cremlino Dmitrij Kozak, Difesa, Fsb Consiglio di sicurezza, le autorità di Donetsk, Lugansk e Crimea“.

Secondo Markov, “il piano iniziale era uno Stato neutrale nella forma di una Repubblica ucraina federale associata all’Unione Russia-Bielorussia, ora è annettere le regioni più russofone” e “resterà un territorio ucraino, ma ridotto”, con Zelensky che “potrebbe restare a capo di questo pezzetto di Ucraina filoamericana, ma – afferma – credo che verrà ucciso prima”. Da chi? “Da un parente delle vittime dei suoi crimini – sostiene – o dagli stessi nazisti di Azov”.

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Alla domanda sul perché il presidente russo si sia lanciato nell’offensiva, risponde che “con la diplomazia non si otteneva nulla”, che “Kiev approvava leggi contro la lingua russa e arrestava i filorussi, ma l’Occidente non vedeva” e “gli Usa volevano armare gli ucraini e lanciare un’offensiva nel Donbass e in Crimea per provocare un bagno di sangue e incolpare Putin” perché “Joe Biden odia Putin” e “farebbe di tutto per sabotare la sua rielezione”. “L’offensiva era inevitabile. La decisione è stata resa nota a molti già in settembre”, afferma, convinto che in Ucraina ci siano “i nazisti al soldo degli Usa per seminare il terrore tramite strutture statali e non governative” e che “l’obiettivo degli americani era fare dell’Ucraina un’anti-Russia, ma la maggior parte degli ucraini è russofona e russofila”. “La propaganda non bastava. E hanno investito sui nazisti – sostiene – Un presidente ebreo serve a dire che noi russi diciamo bugie”.

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