Ieri in Siria, oggi in Ucraina: trasformare un popolo in una moltitudine di profughi. Il doppio ricatto di Putin

In più, nella guerra d’aggressione in corso dal 24 febbraio, c’è l’obiettivo di “deucrainizzare” l’Ucraina. Una pulizia etnica a tutti gli effetti. 

Ieri in Siria, oggi in Ucraina: trasformare un popolo in una moltitudine di profughi. Il doppio ricatto di Putin
Profughi in fuga dall'Ucraina
Preroll AMP

Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

11 Aprile 2022 - 19.40


ATF AMP

Il “modello siriano” replicato in Ucraina: trasformare un popolo in una moltitudine di sfollati. Cambiano i Paesi, ma la mano è sempre la stessa: quella della Russia di Vladimir Vladimirovich Putin. In più, nella guerra d’aggressione in corso dal 24 febbraio, c’è l’obiettivo di “deucrainizzare” l’Ucraina. Una pulizia etnica a tutti gli effetti. 

Top Right AMP

Un popolo di sfollati.

 Sono oltre 7,1 milioni le persone sfollate a causa della guerra in Ucraina, e circa la metà sono bambini e bambine: lo fa sapere Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef Italia.    “A quasi due mesi dall’inizio della guerra in Ucraina, la situazione dei bambini è sempre più grave. Più della metà dei bambini ucraini sono ora sfollati all’interno del Paese o sono fuggiti nei Paesi vicini. I bambini e le bambine – aggiunge Iacomini – continuano a essere uccisi, feriti e profondamente traumatizzati dalla violenza devastante che li circonda, sono terrorizzati, sotto shock e alla disperata ricerca di sicurezza.    I bambini in tutta l’Ucraina hanno urgente bisogno di stabilità, protezione e cure. Gli attacchi con armi esplosive continuano nelle aree urbane popolate colpendo sempre di più le loro case, le scuole, gli ospedali, i sistemi idrici, le centrali elettriche e i luoghi in cui i civili cercano riparo”.  “Migliaia di bambini e bambine – prosegue – continuano a essere costretti a proteggersi nei rifugi sotterranei e nelle stazioni della metropolitana, dove le condizioni sono disastrose”. “La guerra e lo sfollamento di massa” – conclude – “stanno danneggiando i mezzi di sussistenza delle famiglie lasciando molte persone senza un reddito sufficiente per soddisfare i loro bisogni primari e incapaci di fornire un sostegno adeguato ai propri figli”. L’Ucraina sta esaurendo le forniture essenziali, ed è per questo “sempre più urgente – sottolinea – un pacchetto di forniture e servizi per donne e bambini”.

Dynamic 1 AMP

Nei primi 40 giorni di guerra sono fuggite più di 4 milioni di persone dall’Ucraina, circa il 10% della popolazione. Grazie a una norma pensata per i conflitti nell’ex Jugoslavia, i profughi possono muoversi liberamente nell’Unione europea. Si tratta di fatto di un nuovo approccio – seppur temporaneo – all’accoglienza degli sfollati di guerra in Europa.

Radiografia di un esodo biblico

Di grande interesse è il report di Openpolis

Dynamic 1 AMP

In media sono stati 116mila ogni giorno le profughe e i profughi ucraini fuggiti dal Paese dal 24 febbraio, primo giorno dell’invasione da parte della Russia, fino allo scorso 4 aprile.

Si tratta per lo più di donne e minori, perché in virtù di una legge d’emergenza del governo ucraino è proibito agli uomini tra 16 e 60 anni di uscire dal paese, tranne che per alcune eccezioni.

Essendo lo spazio aereo ucraino chiuso ormai da settimane, l’unico modo per espatriare è via terra, in direzione delle nazioni confinanti.

Dynamic 1 AMP

L’Ucraina confina con 7 Paesi. Gran parte dei rifugiati attraversa il paese in direzione nord-ovest, e attraverso l’importante stazione ferroviaria di Lviv (Leopoli) raggiunge la Polonia, in Unione europea. Questo è stato il doloroso percorso affrontato, finora, da 2,47 milioni di persone, pari al 58,1% del totale.

Dopo la Polonia, il Paese dove sono entrati più profughi è la Romania, che accoglie il 15,3% degli sfollati. Seguono poi Moldavia, Ungheria, Federazione Russa e Slovacchia, dove l’agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) ha registrato ingressi simili (tra il 7% e il 9% del totale). La Bielorussia, invece, ha visto il passaggio di poco più di 16mila persone, pari allo 0,4%.

Infine occorre segnalare che gli ingressi in Moldavia conteggiati dalle Nazioni unite non comprendono quelli che attraversano la frontiera tra l’Ucraina e la Transnistria, regione separatista che però per la comunità internazionale fa parte della stessa Moldavia, anche se dotata di governo autonomo dal 1992. Qui, secondo il governo trannistriano sarebbero ospitate 25mila persone, mentre per l’esecutivo moldavo sarebbero entrati in Transnistria 15mila ucraini. Tuttavia questi dati sono privi di riscontri da parte di organizzazioni internazionali.

Dynamic 1 AMP

Le famiglie che fuggono dall’Ucraina invasa seguono più o meno coerentemente l’andamento delle operazioni militari nel corso di questa drammatica guerra.

L’Ucraina è una nazione molto estesa, per questo anche la provenienza territoriale dei profughi è decisiva per le tendenze e il tracciamento dei flussi migratori. Per esempio, nei giorni peggiori dei bombardamenti nella capitale Kiev e in altre metropoli del nord (come Kharkiv), si sono registrati maggiori ingressi in paesi più raggiungibili dalle zone settentrionali attraverso lo snodo di Leopoli, come la Polonia e la Romania.

Al contrario, dovessero intensificarsi i bombardamenti nella città più importante del sud – Odessa, finora solo lambita dalle operazioni belliche più violente – probabilmente si assisterebbe a maggiori flussi in entrata verso la Moldavia, la cui frontiera sud dista poco più di 50 km da Odessa.

Dynamic 1 AMP

A fuggire sono stati soprattutto donne e bambini: alla maggior parte degli uomini ucraini in età militare con meno di tre figli era stato vietato di lasciare il Paese all’inizio della guerra. Ai confini con la Polonia, alla guida di praticamente tutte le auto che attraversano il confine, ci sono donne, e anche alle stazioni dei treni e degli autobus si vedono solo donne e bambini.

Fin qui il report di Openpolis

Il New York Times riferisce che, sabato scorso, 18 mila ucraini hanno lasciato il Paese, e al contempo 9 mila sono tornati. Alcuni erano commercianti che trasportavano merci, ma molte altre erano famiglie ucraine che stavano cercando di tornare a casa, come confermano anche i dati della guardia di frontiera ucraina.

Dynamic 1 AMP

Cambio di destinazione

A darne conto, in un articolo su Rai News  è Fabiana Cofini. 

 Scrive Cofini: “Secondo i dati del Ministero degli Interni Ucraino, mezzo milione di persone è già rientrato nel proprio Paese. Alla stazione dei bus di Varsavia le file di ucraini che aspettano di prendere il pullman che li riporti a casa si allungano. Quattro settimane fa, per molti cittadini in fuga dalla guerra, Varsavia era la destinazione finale dove arrivare per mettersi al sicuro. Adesso la capitale della Polonia si è trasformata nel luogo di partenza per ritornare in Ucraina.

Dynamic 1 AMP

Le ragioni di chi compie questa scelta sono diverse. Alcuni decidono di rientrare in patria perché nelle zone da dove provengono la situazione è più sicura, i Russi sono andati via. Altri non sono riusciti a trovare una sistemazione adeguata in Polonia e non hanno altra soluzione se non quella di tornare. In tutti coloro che fanno questa scelta la nostalgia combatte con la paura, nessuno si sente totalmente al sicuro nel tornare a casa.

“Siamo stati accolti bene in Polonia -dice una donna- ma ora vogliamo tornare dalla nostra famiglia, dai nostri genitori e parenti che sono rimasti in Ucraina. Dopo un mese e mezzo abbiamo bisogno di tornare nelle nostre case”.

Una bella storia

Dynamic 1 AMP

A raccontarla su Vita è Anna Spena. “Io voglio ballare”, ha raccontato F, 13 anni. “Io prima di scappare giocavo a pallavolo, datemi un campo e un pallone”, queste invece sono le parole di S. Minori scappati dalle zone dell’Ucraina sotto le bombe che una volta arrivati in Italia hanno chiesto una sola cosa: normalità.

Le loro testimonianze le ha raccolte Viktoriya Husak, una giovane ragazza di origine ucraine di 23 anni. Vive a Roma e studia lingue e traduzione all’Università la Sapienza. «Sono arrivata in Italia con la mia famiglia quando avevo 5 anni», racconta. «Siamo di Ternopil e lì vivono le famiglie dei miei genitori. Prima dello scoppio della guerra ci tornavamo spesso: ogni estate, ogni festa. Adesso quando squilla il mio telefono o quello dei miei genitori abbiamo paura che arrivi una notizia terribile».

Viktoriya è una delle volontarie che ha risposto all’appello lanciato da Save the Children   per il progetto Druzi, che in ucraino significa amici. L’iniziativa prevede l’affiancamento personalizzato e continuativo da parte di volontari, in prevalenza appartenenti alla comunità ucraina in Italia, ai bambini e agli adolescenti tra i 9 e i 18 anni in fuga dal conflitto. Attraverso un tablet con connessione internet, questi potranno fruire, con regolarità, di incontri on line con giovani volontari che parlano la loro lingua.

Dynamic 1 AMP

«Abbiamo lanciato un appello ai giovani ucraini che vivono in Italia», ci aveva raccontato Raffaela Milano Direttrice Italia-Europa di Save the Children. «E già raccolto 300 adesioni. Questa esperienza è nata dal progetto “volontari per l’educazione”, partito durante la pandemia, che ha avuto davvero una risposta importante. Con “Druzi” non ci concentriamo sull’aspetto didattico, ma mettiamo i minori in relazione con giovani che parlano la loro lingua, e che li accompagneranno nella conoscenza dell’Italia e delle città dove sono ospitati».

Viktoriya conosceva Save the Children da diverso tempo, era stata anche lei volontaria per l’educazione quando è scoppiata l’emergenza sanitaria nel Paese. «Per Druzi», spiega, «sono team leader, coordino i volontari e sono il punto id legame tra loro e i minori che prenderanno parte all’iniziativa. Prima di essere attivati, i volontari che hanno aderito al progetto, seguono dei corsi di formazione sotto la supervisione di una equipe di educatori e di psicologi. La formazione riguarda principalmente le regole di base che devono essere seguite quando ci si relaziona con un minore, ancora di più in un contesto di emergenza. «La formazione importante», spiega Viktoriya, «perché tutti i volontari, che parlano ucraino, sono direttamente o indirettamente coinvolti dalla guerra. E a volte questo coinvolgimento può rappresentare un danno per i minori ma anche per se stessi».

È stata Viktoriya a seguire gli incontri conoscitivi con i primi 49 minori che parteciperanno all’iniziativa: «Facevano tante domande sull’Italia, sul tempo, chiedevano perché facesse già così caldo. Si sentono catapultati in un mondo che non conoscono ma sono curiosi di scoprire il Paese. Negli incontri si risponderà a tutte le loro curiosità. L’obiettivo del progetto è di sostenerli nel mantenimento delle competenze di base ma anche promuovere attività di lettura e di gioco». Sono minori che arrivano con una sola figura di riferimento, spesso la mamma o la nonna, e avere qualcuno oltre quel nucleo con cui confrontarsi è fondamentale.

Dynamic 1 AMP

E Viktoriya ha capito che: «non è vero che una volta scappati si è al sicuro. C’è bisogno di grandissimo aiuto anche qui. I minori arrivano traumatizzati. Quando è scoppiata la guerra è come se non avessi potuto fare niente per la mia comunità, e invece aiutare concretamente chi arriva ha tamponato quella sensazione di immobilità». I ragazzi che partecipano al progetto Druzi sono al momento quelli presenti all’interno degli hotel e dei centri destinati all’accoglienza collettiva dei profughi ucraini. Accedono al servizio dopo un breve colloquio informativo che coinvolge anche il genitore o il loro tutore”.

Una bella storia di solidarietà. L’altra faccia della guerra. 

FloorAD AMP
Exit mobile version