In cinese Ucraina si legge “Taiwan”. Perché è questo il grande rovello di Pechino. E, sul fronte opposto, degli Stati Uniti. Perché, come Globalist ha documentato in più articoli, per Washington il grande nemico strategico non è l’”Orso russo” ma resta il “Dragone cinese”.
Occhio a Taiwan
Annota in proposito Tommaso Massa, in un documentato report per Rid (Rivista italiana difesa).
“La Repubblica Popolare – scrive Massa – guarda i con attenzione agli sviluppi del conflitto, ma lo fa con un obiettivo ben preciso: Taiwan. L’isola di Taipei è l’obiettivo principale della Cina, che non le riconosce alcuna sovranità e la considera parte integrante del proprio territorio. Come ha tenuto a precisare l’ambasciatore cinese a Washington, Qin Gang, l’Ucraina e Taiwan sono 2 cose “totalmente differenti”. Tuttavia si possono iniziare a trarre alcune lezioni riguardo le implicazioni che il conflitto ucraino potrebbe avere sulla strategia cinese per Taiwan. Da un punto di vista strategico è necessario in primis affrontare l’impatto della Guerra in Ucraina sull’ordine internazionale. L’attuale conflitto avrà probabilmente conseguenze sulla distribuzione relativa del potere e sull’equilibrio internazionale (con un ridimensionamento della Russia, un emergere di potenze regionali e una crescita della sfera d’influenza americana?), più difficile è interpretare come tale impatto verrà percepito da Pechino. La Cina considera se stessa come una potenza emergente, destinata a soppiantare la potenza americana, considerata in declino. La pronta risposta occidentale all’invasione russa dell’Ucraina è tuttavia probabile che abbia sollevato delle perplessità riguardo alla convinzione cinese sul declino dell’occidente e sulla crisi dell’impero americano e della sua influenza globale. Un secondo importante aspetto da considerare è quello dell’esposizione cinese sui mercati occidentali: l’effettività delle sanzioni alla Russia è direttamente proporzionale alla sua esposizione sui mercati occidentali e lo stesso principio varrebbe nel caso di sanzioni alla Cina. Sempre nell’ottica delle sanzioni risulta cruciale garantire la resilienza della catena di approvvigionamento dell’industria nazionale della Difesa di Pechino. […]. Nel caso di un’invasione cinese di Taiwan sarà fondamentale il raggiungimento della superiorità aerea nelle fasi iniziali del conflitto, anche in ottica di isolare Taipei da possibili aiuti militari…”.
Altro aspetto cruciale è quello dell’informazione e dell’info-wa. Rimarca ancora l’analista di Rid: “Come visto in Ucraina il controllo dello spazio informativo è di fondamentale importanza nella gestione delle moderne operazioni militari. Nel caso specifico di Taiwan la Cina, oltre ad utilizzare abilmente la propaganda, cercherà di monopolizzare lo spazio informativo, limitando fortemente le comunicazioni verso l’esterno. Ultima ma non meno importante è la lezione fornita dalla guerra in Ucraina sulla deterrenza nucleare, la quale permette di evitare il coinvolgimento diretto di altri attori. La Cina ha in questo senso aumentato il proprio stock di Icbm nucleari, prevedendo di possederne 1000 unità entro il 2030…”. Fin qui Massa.
Telefoni bollenti
Il capo del Pentagono Lloyd Austin ha telefonato per la prima volta dall’insediamento dell’amministrazione Biden al ministro della Difesa cinese Wei Fenghe. I due hanno avuto la conversazione, su richiesta di Washington, dopo uno stallo di mesi: una impasse di comunicazione vista dall’amministrazione Usa con crescente preoccupazione, a causa dell’alleanza tra Pechino e Mosca sullo sfondo della guerra in Ucraina. La conversazione è avvenuta dopo mesi di falliti tentativi da parte di Austin per parlare col generale Xu Qiliang, l’ufficiale più alto in grado nella struttura del partito comunista e come vicepresidente della commissione centrale militare del partito, più influente del generale Wei. Ma Pechino ha insistito per il rispetto del protocollo e quindi per un contatto tra pari grado. Nella sua telefonata al ministro della difesa cinese Wei Fenghe, durata 45 minuti, il capo del Pentagono ha sostanzialmente rilanciato il messaggio di Joe Biden nella video chiamata a Xi Jinping del 18 marzo, in cui il presidente americano aveva minacciato severe conseguenze se Pechino dovesse fornire assistenza militare o economica a Mosca nel conflitto in Ucraina. Austin ha inoltre ricordato l’importanza di gestire la competizione strategica Usa-Cina, anche nei campi nucleare, spaziale e cyber, migliorando i canali di comunicazione nelle crisi. Il ministro della difesa Usa, infine, ha ribadito le preoccupazioni di Washington per le provocazioni militari di Pechino contro Taiwan e per le attività nel mare cinese del sud e dell’est. Di contro la Cina ha sollecitato gli Stati Uniti a “non usare la questione ucraina per diffamare, incastrare o minacciare la Cina”, si legge nel resoconto del ministero cinese. Cina e Stati Uniti dovrebbero “attuare coscienziosamente il consenso raggiunto dai due capi di Stato”, Xi Jinping e Joe Biden, nel loro ultimo summit virtuale, “rispettandosi, convivendo pacificamente ed evitando il confronto”, ha detto Wei Fenghe. La Cina, si legge nel resoconto del ministero cinese, “spera di stabilire relazioni sane e stabili con gli Stati Uniti e difenderà anche i propri interessi e la dignità nazionali”, e Washington non dovrebbe sottovalutare “la determinazione e la capacità della Cina”. I due eserciti “dovrebbero rafforzare la fiducia reciproca militare, consolidare il dialogo e gli scambi, gestire e controllare i rischi e le crisi, e svolgere una cooperazione pratica per garantire lo sviluppo normale e stabile delle relazioni tra militari”.
Sulla questione di Taiwan il ministro Wei Fenghe ha ribadito che l’isola è parte della Cina e Pechino chiede agli Usa di gestire la vicenda in modo appropriato per evitare “impatti destabilizzanti” sulle relazioni bilaterali. “Taiwan è parte inalienabile della Cina: è un fatto che nessuno può cambiare”, ha detto Wei Fenghe. “Se la questione di Taiwan non sarà gestita adeguatamente, avrà un impatto destabilizzante sulle relazioni tra i due Paesi”, ha aggiunto Wei, secondo una nota di Pechino, assicurando che “l’esercito cinese salvaguarderà in modo risoluto sovranità, sicurezza e integrità territoriali”.
Il blocco di beni di altri Stati mina la stabilità economica mondiale e deve essere fermata quanto prima perché colpisce la sovranità: il rappresentante permanente cinese all’Onu, Zhang Jun, ha detto al Consiglio di sicurezza che “anche il congelamento arbitrario delle riserve valutarie di altri Paesi è una violazione della sovranità ed equivale ad armare l’interdipendenza economica”. Sono pratiche, ha aggiunto Zhang – con la Russia nel mirino delle sanzioni di Usa, Ue e alleati -, che “minano le fondamenta della stabilità economica mondiale e portano nuove incertezze e rischi alle relazioni internazionali”.
Gelo con Bruxelles
Di questo scrive Gian Luca Atzori su fanpage.it: “Gli analisti cinesi – annota tra l’altro l’autore – hanno espresso scetticismo sulle relazioni Cina-Ue intrappolate dalla crisi ucraina. L’Europa – continua il quotidiano cinese, – non deve più essere ostaggio della politica estera americana, perché ciò finirà per ostacolare enormemente i suoi stessi interessi, complicando la ripresa economica, il benessere delle persone e la ricerca dell’indipendenza strategica”.
Una questione che, come ribadito da Zhao Lijian, portavoce del Ministero degli esteri, per i cinesi è attualmente un approccio “amici o nemici” da Guerra Fredda. Gli europei parlano di rispettare gli accordi e, per gli analisti cinesi, non c’è nulla di male nel commercio tra due partner che si sono accordati, anche qualora si trattasse di armi. “Il cosiddetto ‘aiuto armato’ è disinformazione”, è considerato un’imposizione unilaterale all’economia cinese. Anche qualora la Cina mandasse armi alla Russia non sarebbe considerato da Pechino come un aiuto, ma come un normale scambio commerciale. […].
Secondo Amanda Hsiao, analista dell’International Crisis Group,”ciò che la Cina vuole dal Summit è che l’Europa capisca che la sua posizione sulla crisi ucraina non deve influenzare il futuro delle relazioni tra i due Paesi”. Il fatto è che finora la crisi ucraina non ha allontanato Cina e Ue, anzi, le ha fatte avvicinare maggiormente rispetto alla piega intrapresa negli ultimi anni. In breve, negli ultimi decenni, la Cina ha sempre voluto un’Europa forte in grado di essere più autonoma da Usa e Nato. Per questo, per Pechino, se l’Ue vuole che la Cina sia più indipendente dalla Russia e faccia pressioni su Putin per ridurre la sua espansione militare, allora l’Europa deve essere in grado di essere più indipendente dagli Usa, e fare pressioni per ridurre l’espansione Nato. Come riportato anche dal Financial Times, gli stessi governi ucraini e russi, nelle ultime negoziazioni, si sono mostrati aperti alla possibilità di non progredire con l’integrazione Nato di Kiev, ma solo con quella europea.
La chiave per il futuro delle relazioni sino-europee e per il conflitto ucraino, sembra risiedere dunque in questo dilemma. Non serve tanto rinnegare l’alleanza atlantica, ma uscire dalla narrazione atlantista quanto basta per comprendere che questa non è solo una sfida occidentale, ma prima di tutto europea. L’Europa rischia di rimanere schiacciata dalle decisioni di altri colossi, mentre dev’essere protagonista nella salvaguardia del proprio interesse vitale, che per quanto vicino agli Usa, ha delle differenze importanti. La principale: per l’Ue e la Russia, la crisi ucraina è una sfida esistenziale, per gli Usa e la Cina non lo è. Per loro la contesa è nel Pacifico, un luogo tanto lontano e sconosciuto da un italiano in questo momento, quanto l’Ucraina lo è per un cinese o un americano”. Così Atzori.
L’asse non si scolla
“Non importa come la situazione cambierà, la Cina rafforzerà la cooperazione strategica con la Russia per promuovere un nuovo modello di relazioni internazionali e una comunità con un futuro condiviso per il genere umano”. E’ quanto ha detto il vice ministro degli Esteri cinese Le Yucheng, ricevendo a Pechino l’ambasciatore russo Andrey Denisov.
Laboratorio cinese
L’invasione dell’Ucraina da parte di Putin è un laboratorio per studiare le reazioni occidentali, un modo per capire cosa dovrà aspettarsi la Cina quando deciderà di invadere Taiwan. A sostenerlo, in un’intervista al Corriere della Sera, è Ai Weiwei. artista e attivista per i diritti umani cinese.
Pechino continua a non definire quanto sta succedendo in Ucraina con le parole “guerra” o “invasione”.
“Ua logica c’è ed è legata alla questione di Hong Kong e alla sovranità di Taiwan, che per Pechino resta una questione irrisolta. Una visione che la Cina proietta sulle rivendicazioni della Russia su pezzi di Ucraina, proprio come Pechino rivendica sia Taiwan sia il diritto di usare la forza quando necessario. Taiwan, da settant’anni di fatto un Paese indipendente, rischia una guerra mossa dalla Cina che Pechino non considererebbe un’invasione”… “L’invasione ucraina è un preludio e un’esercitazione di quanto la Cina farà a Taiwan. Pechino può valutare la consistenza militare delle due parti, le possibilità in campo, come funziona il quadro politico internazionale, come reagiscono Europa e Stati Uniti. Tutto questo aiuta parecchio a capire che cos’aspettarsi una volta scoppiata una guerra con Taiwan”. Per quanto riguarda i rapporti tra Cina e Russia, Weiwei ricorda che hanno dichiarato di aver stretto un’amicizia strategica “senza limiti”. “Cina e Russia sono davvero partner contro l’ordine politico costituito. Europa e America devono capire che Pechino non farà mai nulla per danneggiare la Russia e viceversa. Non si può comunque negare che in certi momenti la Cina possa fare da negoziatrice o intermediaria per proteggere gli interessi suoi e di Mosca”.
Ai Weiwei osserva invece i limiti dell’Occidente. E lo fa con accenti fortemente critici.
“L’Unione Europea esiste a parole e basta. E la Nato sembra avere un problema ancora più grande. È un’alleanza militare creata per la Guerra fredda. Di fronte all’invasione della Russia, sembra impotente. Non può fermare la guerra, ne è piuttosto un catalizzatore. Quanto alla Russia, vuole l’Ucraina orientale e ci sta riuscendo”. E le sanzioni occidentali sono “inutili. Cina, India e altri hanno dichiarato apertamente che non sono nel loro interesse e non boicotterebbero la Russia. Questo mondo è ancora una volta diviso in due. La parte guidata da Stati Uniti, Unione Europea e Nato è indebolita. E Pechino sta beneficiando della guerra in Ucraina”.
“È arrivato il momento di svegliare il mondo. I leader europei dovrebbero rivedere i rapporti con le dittature come quella russa e cinese se vogliono preservare i valori della democrazia e della libertà”, gli fa eco Nathan Law, uno dei leader della protesta degli ombrelli di Hong Kong diventato, a soli 23 anni, il più giovane parlamentare della storia del suo Paese. Oggi vive a Londra in esilio. “È questo il prezzo che ho pagato per la lotta per la libertà” racconta a ilFattoQuotidiano.it a margine dell’evento organizzato dal gruppo Radicali+Europa in Regione Lombardia. “Dovremmo smettere di considerare la Cina come una terza parte in questo conflitto – spiega Law – perché ha avuto un ruolo in tutto quello che la Russia fa. Dobbiamo fare di più per ridurre la loro influenza e per difendere la democrazia”.
In cinese, Ucraina si legge Taiwan. E anche Hong Kong.