Hiroshima: settantasette anni dopo l'incubo atomico è ancora vivo

Si riaffaccia nel cuore dell’Europa, sulla scia della guerra d’aggressione russa all’Ucraina, come nel sempre più esplosivo Indo-Pacifico

Hiroshima: settantasette anni dopo l'incubo atomico è ancora vivo
Hiroshima
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

6 Agosto 2022 - 19.00


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Settantasette anni dopo, l’incubo nucleare non è scomparso. Esso si riaffaccia nel cuore dell’Europa, sulla scia della guerra d’aggressione russa all’Ucraina, come nel sempre più esplosivo Indo-Pacifico. 

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Una memoria da non smarrire. Un impegno da rilanciare

A darne conto è la Rete Italiana Pace e Disarmo (Ripd).

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Con questa nota: “Centinaia di migliaia di vittime, due città completamente distrutte. E soprattutto la consapevolezza dell’esistenza di armi strutturalmente genocide ed inumane. Questi sono i motivi di base per cuiancora oggi, a 77 anni di distanza, è importante fermarsi a ricordare nel silenzio le tragedie dei bombardamenti atomici sul Giappone del 1945.

Importante è però sottolineare come ogni anno ci troviamo il 6 e il 9 agosto non solo per una memoria dell’atomica su Hiroshima e Nagasaki, ma anche per affrontare il fuoco più devastante e pericoloso: quello nucleare.Un fuoco distruttivo in mano a pochissime persone al mondo, usato politicamente come minaccia reale, mantenuto e perfezionato con enormi costi e sicuramente il pericolo permanente più grave per umanità e pianeta. Rimane il vulnus più pesante per la democrazia. Che senso ha votare i propri rappresentanti se i capi di Stato, di Governo e i Parlamenti sono totalmente succubi di scelte imposte dai potenti detentori delle armi nucleari e non possono accettare la volontà dei popoli, che dovunque si esprimono contro la proprietà e la presenza del nucleare militare? Sappiamo che da sempre ci sono troppe persone rassegnate ad accettare la situazione esistente, ma proprio per questo noi non ci rassegniamo. Continueremo come “Italia, ripensaci” a tenere desta l’attenzione e l’impegno della società civile, a partire dai nostri Enti Locali, per “costringere” i nostri rappresentanti politici ad avere il coraggio della democrazia per una scelta così importante e decisiva.
L’atomica non è solo memoria: è purtroppo terribile realtà. Amare l’umanità e amare il pianeta significa eliminarla.

Le celebrazioni di questo 2022 si svolgono in un contesto delicato e preoccupante, in particolare per la drammatica guerra in corso in Ucraina:Putin e il suo regime hanno potuto decidere una criminale invasione più facilmente grazie all’utilizzo della minaccia nucleare.Rivelando il vero volto di queste armi: non certo costruttrici di sicurezza ma strumenti di ricatto.In questo momento è anche in corso la Conferenza di Riesame del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (rimandata di due anni a causa della pandemia): un pilastro del percorso di eliminazione delle armi nucleari il cui auspicio di disarmo completo non è stato però ancora realizzato.La Conferenza di revisione del Tnp si svolge in un contesto di sicurezza internazionale in rapido deterioramento, con un aumento del rischio di utilizzo di armi nucleari.La direttrice esecutiva della campagnaIcan, Beatrice Fihn, ha sottolineato: “L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia,con la minaccia di usare armi nucleari,ha spaccato la comunità del Tnp, ha aumentato i rischi di utilizzo di armi nucleari e la probabilità di proliferazione nucleare. Allo stesso tempo, tutti e cinque gli Stati membri del Tnp dotati di armi nucleari stanno violando gli obblighi di disarmoprevisti dal trattato e aumentano il rischio di una guerra nucleare catastrofica”. L’uso di armi nucleari da parte di qualsiasi Stato avrebbe conseguenze umanitarie catastrofiche, che danneggerebbero le popolazioni di tutto il mondo.

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La strada per completare finalmente il percorso per un reale disarmo nucleare (e così rendere concreto quanto già prefigurato nel Trattato di Non Proliferazione Npt) è oggi il Trattato Tpnw di proibizione delle armi nucleari, che a giugno ha celebrato la sua prima Conferenza degli Stati parti. Una conferenza culminata con l’approvazione di documenti innovativi e importanti: la Dichiarazione e il Piano d’azione di Vienna. Documenti sono il modo in cui il mondo sta costruendo una potente norma contro le armi nucleari: non attraverso dichiarazioni altisonanti o vuote promesse, ma grazie ad un’azione concreta e mirata che coinvolge una comunità veramente globale di governi e società civile. A Vienna tutti sono stati ascoltati e tutti sono stati coinvolti nel disegnare il percorso per eliminare le armi più distruttive della storia umana, una vera e propria minaccia esistenziale.

La Dichiarazione di Vienna si è conclusa con un chiaro impegno da parte di questi Stati: “Di fronte ai rischi catastrofici posti dalle armi nucleari e nell’interesse della stessa sopravvivenza dell’umanità… Non ci fermeremo finché l’ultimo Stato non avrà aderito al Trattato, l’ultima testata non sarà stata smantellata e distrutta e le armi nucleari non saranno state totalmente eliminate dalla Terra”.

Leorganizzazioni che fanno parte della Rete Italiana Pace e Disarmo (in particolare i“Beati costruttori di pace”, da sempre in prima fila su questo tema) hanno organizzato in questi giorni diversi appuntamenti di ricordo dei bombardamenti atomici sul Giappone, a sostegno dei percorsi di disarmo nucleare in linea con quanto richiesto dalla campagna “Italia, ripensaci”. 

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Così Ripd.

Un manifesto che unisce idealità e concretezza.

E quello che viene licenziato dal meeting di Vienna. La prima riunione degli appartenenti al Tpnw dopo la sua entrata in vigore doveva affrontare vari passaggi anche procedurali ed organizzativi, per rendere il Trattato realmente operativo. Ma proprio perché non si tratta di un documento vuoto e retorico il confronto tra gli 83 Stati presenti (molti solo osservatori non Parti del Trattato, ma con l’assenza dell’Italia) ha portato ad altri risultati tangibili. Nei tre giorni di Vienna si è lavorato duramente, anche con il contributo degli attivisti di ‘Italia, ripensaci’la mobilitazione promossa da Senzatomica e Rete Pace Disarmo, per concordare una vasta gamma di azioni specifiche e pratiche per portare avanti ogni aspetto dell’attuazione di questo cruciale Trattato. “Dal 2017 abbiamo una norma legale che proibisce le armi nucleari, grazie agli sforzi della società civile internazionale – sottolinea Francesco Vignarca, coordinatore campagne di Rete Pace Disarmo – e da oggi esiste anche la strategia che ci porterà a quel risultato. L’innovativo Piano d’azione di Vienna, sviluppato in ben 50 punti, delinea infatti i passi concreti per impedire agli Stati dotati di armi nucleari di usarle e per progredire verso la loro eliminazione”.

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Gli Stati Parti hanno preso decisioni chiave sulla condanna delle recenti minacce nucleari, sull’avvio dei lavori per la creazione di un fondo fiduciario a sostegno delle persone danneggiate dall’impatto delle esplosioni nucleari, sull’istituzione di un comitato consultivo scientifico, sulla fissazione di una scadenza di 10 anni per la distruzione delle armi nucleari e sull’adesione di altri Paesi al Tpnw al fine di fermare le minacce, la guerra e la corsa agli armamenti nucleari. Queste decisioni si sono basate sulla testimonianza e sull’esperienza vissuta da coloro che conoscono in prima persona l’impatto delle armi nucleari. Il Piano d’azione sottolinea l’importante principio del ‘nessuna decisione che ci riguardi, senza ascoltare le nostre voci’e garantisce che le persone più colpite siano maggiormente coinvolte nei processi decisionali e di implementazione delle norme del Trattato. La Dichiarazione e il Piano d’azione di Vienna sono il modo in cui il mondo sta costruendo una potente norma contro le armi nucleari: non attraverso dichiarazioni altisonanti o vuote promesse, ma grazie ad un’azione concreta e mirata che coinvolge una comunità veramente globale di governi e società civile. A Vienna tutti sono stati ascoltati. 

“Le armi nucleari devono essere eliminate prima possibile. La Conferenza di Vienna ha sottolineato ancora una volta quanto lavorare insieme società civile, associazioni, attivisti scienziati e governi porti a risultati concreti – evidenzia Daniele Santi presidente di Senzatomica – Continueremo a impegnarci dimostrando quanto sia efficace e potente questo partenariato pubblico-privato. Sono certo che anche in Italia insieme riusciremo a far diventare il disarmo nucleare un tema pubblico e che, come successo per la messa al bando delle mine anti persona e delle munizioni a grappolo, sarà determinante per la loro eliminazione totale”.

L’allarme Sipri

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Una interessante sintesi è quella prodotta da Chiara Magneschi,avvocata, ricercatrice aggregata al Centro Interdisciplinare “Scienze per la Pace” e docente a contratto in Teorie giuridiche e politiche e diritti umani presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa

“Il 13 giugno scorso – scrive – l’Istituto Internazionale di Stoccolma di ricerca sulla pace(sipri) ) ha reso pubblici i risultati del Sipri Yearbook 2022 che, con cadenza annuale, documenta lo stato degli armamenti, del disarmo e della sicurezza internazionale.[….].

Il dato cruciale che emerge dall’ultimo rapporto è che, nonostante una diminuzione, sia pur lieve, del numero di testate nel 2021, per il prossimo decennio è dato prevedere un aumento degli arsenali nucleari da parte dei nove Stati dotati di armi atomiche, ovvero Stati Uniti, Federazione Russa, Regno Unito, Francia, Repubblica Popolare Cinese, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord. Il fenomeno pare riconducibile a un allentamento dell’effetto post-guerra fredda, che aveva aperto la strada a un progressivo rallentamento nelle dotazioni nucleari.

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In generale, dal documento emerge che le dotazioni nucleari complessive sono ancora elevatissime: circa 12.705 testate all’inizio del 2022, di cui circa 9.440 in scorte militari per un potenziale utilizzo e, di queste, circa 3.732 testate schierate con missili e aerei. 

La diminuzione constatata nel corso del 2021, del resto, è da ricondurre non già alla rinuncia al possesso di armamenti nucleari, quanto piuttosto allo smantellamento di testate già ritirate e “inattive” da parte di Stati Uniti e Russia (che insieme possiedono il 90% degli armamenti nucleari). 

Infatti, come si accennava, la tendenza globale è quella di un progressivo riarmo. Si tratta di un fenomeno già in atto. Qualche esempio: la Cina sta espandendo il proprio arsenale, con la costruzione di 300 nuovi silos missilistici; all’inizio del 2021 la Francia ha lanciato un programma per lo sviluppo di un sottomarino missilistico balistico a propulsione nucleare (SSBN) di terza generazione; l’India e il Pakistan stanno continuando a sviluppare nuovi sistemi nucleari nel 2021; si ritiene che anche Israele, che non riconosce pubblicamente di possedere armi nucleari, stia modernizzando il proprio arsenale; la Corea del Nord persegue un programma militare nucleare come elemento centrale della sua strategia di “sicurezza nazionale” e si stima che il paese abbia assemblato circa 20 testate e possieda materiale fissile sufficiente per un totale di 45-55 testate.

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Un altro dato rilevante è la difficoltà di reperire dati sul riarmo, stante il diffondersi di un atteggiamento di “non trasparenza nucleare” adottato da molti stati. Tra questi figura anche il Regno Unito che, nel 2021, dopo aver annunciato la sua decisione di aumentare il tetto delle sue scorte totali di testate, ha dichiarato che non rivelerà più pubblicamente il numero di queste ultime. Inoltre, anche laddove i dati siano dichiarati, non v’è certezza che le cifre non siano fornite al ribasso. 

D’altro canto, la “diplomazia nucleare” fornisce segnali contrastanti. Infatti, da un lato vanno ricordati i risultati ottenuti nella direzione del disarmo: l’entrata in vigore il 22 gennaio 2021 del Trattato sul divieto delle armi nucleari (Tpnw); la proroga di cinque anni fino al 2026 del nuovo Strategic Arms Reduction (New Start), l’accordo tra Stati Uniti e Russia che limita il possesso di armamenti strategici offensivi; la ripresa dei colloqui 

sul cosiddetto ‘nucleare iraniano’ sulla base del Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa). Inoltre, i membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, tutti dotati di armi nucleari, hanno dichiarato congiuntamente che “la guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta”. Gli stessi hanno anche riaffermato il loro impegno a rispettare gli accordi e le promesse di non proliferazione, disarmo e controllo degli armamenti, nonché i loro 

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obblighi ai sensi del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari del 1968, ribadendo l’obiettivo di un mondo senza armi nucleari. 

Allo stesso tempo, però, tutti i membri del Consiglio di Sicurezza continuano a espandere o modernizzare i loro arsenali nucleari. Recentemente, come sappiamo, la Russia ha persino minacciato apertamente il possibile uso di armi nucleari nel contesto della guerra in Ucraina, e i colloqui bilaterali sulla stabilità strategica Russia-Usa si sono bloccati a causa della guerra in corso. Una prospettiva senza dubbio preoccupante per la sicurezza e la stabilità globali”.

Hans M. Kristensen, funzionario del programma di distruzione di massa delle armi del Sipri, ha rimarcato che ci sono “chiare indicazioni” del fatto che la tendenza alla riduzione degli arsenali nucleari dopo la fine della Guerra Fredda sia finita. Il Sipri ha avvertito anche che gli Stati dotati di armi nucleari stanno aumentando o aggiornando i loro arsenali: “Tutti gli Stati dotati di armi nucleari stanno aumentando o potenziando i loro arsenali e la maggior parte sta affinando la retorica nucleare e il ruolo che le armi nucleari svolgono nelle loro strategie militari”, ha spiegato Wilfred Wan, direttore del programma di distruzione di massa delle armi del Sipri parlando di tendenza “molto preoccupante”.

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