Tra bluff e azzardo: la roulette nucleare di Vladimir Putin

Tra la fronda interna dei “falchi” nazionalisti e la minaccia nucleare. La roulette russa di Vladimir Putin.

Tra bluff e azzardo: la roulette nucleare di Vladimir Putin
Vladimir Putin
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

8 Ottobre 2022 - 22.39


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Tra la fronda interna dei “falchi” nazionalisti e la minaccia nucleare. La roulette russa di Vladimir Putin.

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Accuse atomiche

“Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, chiede alle potenze che hanno l’atomica di compiere un attacco nucleare preventivo alla Russia”: è l’idea del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Zelensky nega di aver invocato, parlando ieri con un think-tank australiano, un attacco nucleare preventivo contro la Russia: ha spiegato di aver parlato in ucraino e di esser stato frainteso. “Dopo quella traduzione, i russi hanno fatto a modo loro, come è utile per loro e hanno cominciato a ritradurre in un’altra direzione”. “Non abbiamo motivo di modificare la nostra posizione strategica nucleare, né abbiamo alcuna indicazione che la Russia si stia preparando all’utilizzo imminente di armi nucleari”. Lo ha dichiarato la portavoce alla Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, a proposito delle parole del presidente Usa, Joe Biden, sul rischio di un “Armageddon” nucleare. “Le affermazioni di Biden mostrano quanto gli Usa prendano seriamente le minacce di Putin”, ha aggiunto la portavoce, “gli Stati Uniti non hanno nuove informazioni di intelligence che abbiano innescato le affermazioni di Biden su un Armageddon nucleare”. “Stiamo prendendo le minacce del presidente Putin sul serio, così come prendiamo sul serio ogni sua affermazione, ma allo stesso tempo non ci faremo ricattare dalle sue parole, così come abbiamo un’idea molto chiara su come vogliamo procedere”. Così la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nella conferenza stampa al termine del Consiglio europeo informale di Praga, rispondendo a una domanda sulle parole di Biden di un Armageddon nucleare. Parole su cui frena anche il presidente francese Macron: “Serve prudenza”

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La Russia resta impegnata nella sua posizione secondo la quale una guerra nucleare è “inammissibile”: lo ha affermato oggi il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, citato dalla Ria Novosti. 

“La Russia mantiene il suo impegno per la dichiarazione delle cinque potenze nucleari del 3 gennaio, che conferma il postulato dell’inammissibilità di qualsiasi guerra nucleare. Sulla base di questo documento, approvato al massimo livello, si deve evitare qualsiasi conflitto armato tra i paesi dotati di armi nucleari” ha detto in un’intervista al settimanale Argumenty i Fakty, con sede a Mosca. 

Gli scenari in cui la Russia potrebbe teoricamente utilizzare le sue armi nucleari sono stabiliti nella dottrina militare russa e nei Fondamenti della politica di deterrenza nucleare dello Stato. Secondo questi documenti, il ricorso alle armi nucleari sarebbe possibile in caso di aggressione contro la Russia o i suoi alleati con armi di distruzione di massa, o nell’eventualità di aggressione con armi convenzionali quando l’esistenza dello Stato stesso è messa in pericolo. 

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“Va precisato che la dottrina nucleare russa è stata aggiornata a giugno 2020, e ufficialmente esclude l’uso di armi nucleari a scopo offensivo. Le armi nucleari vengono realizzate esclusivamente come deterrente, come armi difensive. Ne è previsto l’uso solo in quattro casi specifici”, afferma Héloïse Fayet, ricercatrice presso il Centro per gli studi di sicurezza dell’Istituto francese di relazioni internazionali (Ifri).

In un documento ufficiale disponibile in rete, la Russia si è impegnata a rispettare “i principi fondamentali della politica statale della Federazione Russa sulla deterrenza nucleare”. Il testo del documento sottoscritto da Vladimir Putin (articoli 17 e 19) descrive i quattro casi specifici in cui il Paese si riserva il diritto di usare armi nucleari. Il primo caso è quello di un attacco con missili balistici, il secondo l’attacco nucleare o con armi di distruzione di massa. Il terzo caso è un attacco ai siti nucleari russi e infine il quarto, che è quello che preoccupa gli esperti, data l’attuale situazione, è il caso di un attacco “convenzionale” “che potrebbe mettere in pericolo l’esistenza stessa dello Stato” russo.

La Russia possiede anche un arsenale completo di armi cosiddette “non strategiche” a corto raggio, a scopo militare e difensivo. Per il lancio di queste armi “tattiche” vengono usati aerei, cannoni, razzi e obici. “Prima venivano chiamate armi nucleari tattiche, anche se al termine ‘tattico’ ora si preferisce il concetto di ‘non strategico’. Il termine ‘tattico’può implicare che l’arma può facilmente essere usata sul campo, mentre in realtà rimane un’arma nucleare, con il relativo potenziale distruttivo e inquinante che conosciamo”, sottolinea Héloïse Fayet.

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Hans Kristensen, Direttore del Progetto di informazione nucleare della Federazione di scienziati americani (FAS), specifica che “la maggior parte di questi vettori e dispositivi di lancio – se non tutti – ovvero aerei, navi, lanciarazzi, possono essere adattati: possono lanciare armi convenzionali e armi nucleari, possono essere usati per entrambi i tipi di armi”.

I russi dispongono di circa 6.400 testate; “’testata’ è un termine generico con cui si indica la testata nucleare che viene messa sul missile”, afferma Fayet. Di queste, 1.500 sono in fase di trattamento per essere rese inutilizzabili, “sono in decadimento”. Di quelle restanti, solo 1.500 sono armi strategiche in grado di raggiungere obiettivi intercontinentali. “1.500 è il numero massimo di testate nucleari consentito in base all’ultimo trattato ancora in vigore, che è il New Start treaty, che limita il numero di testate nucleari strategiche”.

Kristensen fa una panoramica dell’armamento nucleare russo: “Nella Marina (…) hanno mine nucleari, con cui possono attaccare navi e sottomarini. Hanno bombe per gli attacchi aerei. Anche le squadre sulle navi possono usare armi nucleari per attaccare altre navi. Nell’Aeronautica hanno bombe a gravità che possono essere lanciate da jet da combattimento o cacciabombardieri a medio raggio. Nell’Esercito hanno missili balistici a corto raggio”.

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Questo arsenale è preoccupante, ma è l’effetto deterrente delle armi nucleari a preoccupare maggiormente Hans Kristensen. “Perché saranno probabilmente le prime a essere usate, se la Russia decide di passare all’uso del nucleare. Ma lo ritengo improbabile. Non credo che verranno realmente utilizzate armi nucleari. Credo che sia solo una minaccia per dire all’Occidente “statene fuori”. Passare fattivamente al nucleare sarebbe davvero pericoloso. Se hai veramente un motivo per usarlo, devi assicurarti che il tuo nemico capisca che la minaccia è reale. Ma se usi la minaccia nucleare quando la minaccia non è reale, come puoi essere sicuro che il nemico la interpreti correttamente?”.

Héloïse Fayet attenua i toni assicurando che per il momento, dall’annuncio del Presidente Putin sullo stato di allerta delle forze deterrenti, “c’è stato solo un aumento del personale presente nei centri di gestione delle componenti del deterrente russo, ma attualmente non sembra ci siano nuovi sottomarini o dispiegamenti di missili a terra”.

Hans Kristensen conclude con quella che chiama una “buona notizia”, nonostante la minaccia incombente: “Per ora, non ci sono indicazioni o segnali del fatto che le forze militari russe abbiano cambiato il loro utilizzo delle armi nucleari”.

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Tre scenari 

A delinearli, in un approfondito report su Domani è Davide Maria De Luca: “Se Putin non ha davvero intenzione scatenare un conflitto nucleare su vasta scala e dovesse decidere di ricorrere alla più piccola delle armi a sua disposizione, come potrebbe impiegarla? 

Il primo scenario che viene ipotizzato è quello di un utilizzo per lo scopo per cui queste armi sono state originariamente pensata: ottenere un vantaggio sul campo di battaglia. Durante la guerra fredda, gli Stati Uniti pianificavano di utilizzare piccole bombe atomiche per distruggere le grandi colonne di carri armati sovietici e pareggiare così l’enorme superiorità numerica dei loro avversari. Anche un piccolo ordigno da dieci chilotoni, infatti, è in grado di distruggere qualsiasi cosa nel raggio di un chilometro dall’esplosione, con conseguenze minime dal punto di vista del fallout radioattivo.  

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Il problema di questo scenario è che, nonostante il conflitto in Ucraina sia il più vasto in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale, non coinvolge masse di truppe e mezzi così vaste da rendere particolarmente efficace questo tipo di attacco. L’esercito ucraino attacca in piccoli gruppi, è sempre in movimento e difficile da individuare. Per ottenere un risultato concreto, i russi dovrebbero utilizzare numerose bombe nucleari tattiche in varie parti del fronte e se usare anche solo una bomba atomica è considerato improbabile, usarne una dozzina in pochi giorni per, ad esempio, fermare l’assalto ucraino su Kherson, appare al momento quasi impensabile. 

In alternativa, Putin potrebbe tentare di utilizzare una bomba tattica con scopo “strategico”: non per vincere una battaglia, ma per cercare di alterare il corso della guerra lontano dal fronte. Ad esempio, potrebbe decidere di colpire Kiev, nella speranza di decapitare la leadership ucraina e demoralizzarne la popolazione. Secondo il sito Nukemap, che permette di simulare gli effetti di un’esplosione nucleare su una qualsiasi città del mondo, un attacco   con un ordigno nucleare tattico da dieci chilotoni sul centro di Kiev causerebbe 20mila morti e circa 40mila feriti. Sembra difficile, però, che un simile attacco da solo possa essere sufficiente a piegare il morale ucraino e, tra le tre opzioni, è certamente quella che causerebbe il più forte contraccolpo internazionale. 

Il terzo scenario è quello di un attacco puramente “dimostrativo” con lo scopo di spaventare gli ucraini e i loro alleati e magari dissuaderli dall’inviare altre armi o aiuti. In questo scenario, la detonazione potrebbe avvenire in aria, ad altezza sufficiente da non causare danni. Oppure in un luogo simbolico, come l’Isola dei Serpenti, il piccolo scoglio a largo del porto di Odessa, duramente contestato tra ucraini e russi fino a pochi mesi fa. 

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La reazione  

Uno qualunque di questi tre scenari rappresenterebbe un’escalation senza precedenti e una rottura del tabù nucleare rimasto in vigore dal 1945. La reazione sarebbe mondiale e la Russia si ritroverebbe con pochi alleati. Il presidente indiano Narendra Modi ha già avvertito Putin a metà settembre che questo «non è il tempo della guerra» e, se anche l’atteggiamento indiano al momento rimane ambiguo, un’escalation nucleare potrebbe portare a un rapido cambio delle relazioni tra i due paesi. 

Lo stesso discorso vale per la Cina. L’Asia Times, uno dei principali media in lingua inglese della regione, ha recentemente pubblicato una raccolta di commenti di specialisti cinesi, alcuni molto vicini al Partito comunista, tutti scettici o comunque critici nei confronti dell’opzione nucleare russa. Uno di loro, il commentatore di affari militari Zhou Ming, ha scritto che l’uso di armi nucleari da parte della Russia «non sarebbe giustificato». 

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Ma come reagirebbe la Nato? Il 18 settembre Joe Biden ha detto che la risposta americana sarebbe «consequenziale» e, in un’intervista alla Cbs, ha ripetuto tre volte: «Non farlo, non farlo, non farlo». La settimana successiva, il suo consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha parlato di «conseguenze catastrofiche». La Casa Bianca ha detto che di aver privatamente avvertito Putin delle gravi conseguenze che avrebbe l’uso di armi atomiche in ucraina. 

Questa ambiguità è voluta ed è una parte importante del meccanismo di dissuasione. La risposta più probabile, però, rimane un attacco con armi convenzionali. «Guideremmo un attacco dei nostri alleati che spazzerebbe via tutte le truppe russe in Ucraina che possiamo identificare e affonderemmo l’intera flotta russa nel Mar Nero», è lo scenario ipotetico descritto dall’ex generale e capo della Cia David Petraeus è stato è uno dei molti che hanno”.

Così De Luca.

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L’apocalisse in Terra.

 E’ questo lo scenario prospettato da una ricerca internazionale della Rutgers University di New Brunswick, pubblicata sulla rivista Nature Food, dove si immagina cosa potrebbe succedere in caso di guerra nucleare tra super potenze. Un conflitto su vasta scala tra gli Stati Uniti, e i suoi alleati, e la Russia, per esempio, arriverebbe a produrre fino a 150 milioni di tonnellate di fuliggine e un inverno nucleare su scala globale. Uno scenario che porterebbe alla morte di oltre 5 miliardi di persone, osserva lo studio. Non meno inquietante sarebbe anche lo scenario di un conflitto tra India e Pakistan, dove le tensioni sono accese da decenni. Qui le detonazioni di ordigni nucleari potrebbero rilasciare nell’atmosfera tra i 5 e i 47 milioni di tonnellate di fuliggine, a seconda delle testate dispiegate e delle città distrutte, causando la morte di un quantitativo di persone tra i 255 milioni e i 926 milioni. Le scorte di cibo di oltre un miliardo di persone sarebbero devastate per via della drastica riduzione dei raccolti dovute alla quantità di fumi che si solleverebbe dal suolo a causa delle esplosioni. “Le conseguenze sarebbero una grave minaccia per la sicurezza alimentare”, hanno dichiarato i ricercatori. L’analisi dei ricercatori si è anche concentrata sulle perdite della produzione calorica in ciascuno scenario: in caso di un conflitto limitato India-Pakistan andrebbe in fumo il 7% del cibo nei primi 5 anni di guerra. Uno scenario che arriverebbe fino al 50% delle scorte, in caso di rilascio di 47 milioni di fuliggine, e fino al 90% in caso di conflitto tra superpotenze.

Ma le bombe influirebbero drasticamente anche e soprattutto nel clima del pianeta. “Eventi straordinari come grandi eruzioni vulcaniche o guerre nucleari potrebbero causare improvvise perturbazioni climatiche globali e influire sulla sicurezza alimentare”, hanno scritto i ricercatori.

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Secondo gli scienziati, qualsiasi scenario di guerra atomica immetterebbe diverse quantità di fuliggine nell’atmosfera e abbasserebbe le temperature superficiali tra gli 1 e i 16 °C. Gli effetti potrebbero persistere per un decennio o anche di più.

“In conclusione, la luce ridotta, il raffreddamento globale e le probabili restrizioni commerciali dopo le guerre nucleari sarebbero una catastrofe globale per la sicurezza alimentare. Una guerra nucleare non può perciò essere vinta e non deve mai essere combattuta”, hanno dichiarato i ricercatori.

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