Bruxelles, novità dalle indagini: Pierantonio Panzeri, all’epoca presidente della delegazione del Parlamento Europeo per i rapporti con il Maghreb, sarebbe andato in Marocco nel 2011 programmando una tappa a Tindouf, nel Sahara algerino, con il placet delle autorità marocchine.
La visita nella `capitale´ del popolo Saharawi avrebbe ricevuto via libera del Regno del Marocco, al fine di preservare la credibilità dell’amico italiano, già accusato di essere filomarocchino dal Fronte Polisario, che ha storici rapporti con la sinistra italiana.
Lo riporta oggi Le Soir, il quotidiano francofono belga che, insieme al fiammingo Knack, ha fin da venerdì scorso le informazioni migliori sull’inchiesta per sospetta corruzione ad opera di Stati extra Ue, tra cui Qatar e Marocco, al fine di influenzare i processi decisionali Ue.
Le Soir cita fonti giudiziarie belghe e fonti aperte, in particolare fa riferimento a documenti confidenziali diffusi tra il 2014 e il 2015 da un hacker che si faceva chiamare Chris Coleman, dietro il quale, secondo la stampa marocchina, si celava un agente dell’intelligence algerina (l’account è stato sospeso da Twitter).
Secondo una nota urgente inviata a Rabat nell’ottobre 2011 dalla Missione marocchina presso l’Ue, a margine di una plenaria a Strasburgo, un rappresentante della Missione, ha avuto un «colloquio informale» con un collaboratore di Panzeri, recando un «messaggio» delle autorità del Regno.
Oggetto della nota è la preparazione della visita di Panzeri, che era presidente della Delegazione Maghreb del Parlamento, da effettuare due settimane dopo. La tappa a Tindouf, dove sono ubicati diversi campi di rifugiati del popolo Saharawi, ha ricevuto l’esplicito avallo di Rabat, la cui ossessione per il Sahara Occidentale è ben nota: «La visita a Tindouf è indispensabile per rafforzare la credibilità di Panzeri presso l’Algeria e il Fronte Polisario, dopo che quest’ultimo lo ha accusato di essere pro-marocchino».
Secondo il rapporto, «non è nell’interesse del Marocco» che Panzeri possa essere percepito come pro-Rabat, dato che l’ex segretario della Camera del Lavoro di Milano «può essere un alleato di peso o un avversario temibile».
Nel 2019, secondo quello che Francesco Giorgi, ex assistente di Panzeri, avrebbe confessato agli inquirenti belgi, l’ex sindacalista si trovava in difficoltà perché, dopo tre legislature di fila a Bruxelles, non era stato rieletto.
E’ allora, secondo Le Soir che riporta il succo delle parole di Giorgi, che Panzeri avrebbe stretto un patto con la Dged, i servizi di intelligence per l’estero del Marocco, attraverso l’intermediazione dell’ambasciatore marocchino in Polonia, Abderrahim Atmoun (già citato nel mandato di arresto europeo nei confronti della moglie e della figlia di Panzeri, trasmesso alle autorità italiane).
Atmoun che a sua volta agirebbe agli ordini di un agente della Dged, Mohammed B., che una fonte vicina al dossier citata da Le Soir definisce «un tipo pericoloso». E di stanza a Rabat, il cui ruolo nell’affaire forse frettolosamente ribattezzato Qatargate (ma non da Le Soir né da Knack) potrebbe riservare altre sorprese.