Il lancio della prima agenzia musulmana di moda, nel distretto fashion di Tribeca a New York, offre un’interessante alternativa alle opzioni presentate alla settimana della moda di New York che dista solo pochi isolati. In una città cosmopolita, dove si notano tutti i diversi stili della comunità islamica, l’evento di apertura ha ospitato ogni genere di trend, da donne in abaya nera a donne con curiose acconciature all’ultimo grido.
La fondatrice dell’agenzia Underwraps, Nailah Lymus, è una musulmana nata e cresciuta a New York, con un amore per la moda e l’obiettivo di far comprendere il valore e la tolleranza dell’Islam in una città i cui abitanti sono rimasti, in molti casi, ancora emotivamente fragili e sospettosi, nonostante siano passati più di dieci anni dal tragico 9/11. “È contraddicendo gli stereotipi negativi e le incomprensioni riguardo ai musulmani, alla loro religione e alle donne, che si può cambiare rotta”. “Le donne” secondo Nailah “possono sfilare, indossare colori sgargianti ed essere indipendenti dai mariti; sfatando così le convenzioni relative alla propria nazionalità, l’Islam diventa una religione internazionale”.
In effetti la maggior parte della moda autunno/inverno 2012 che ha sfilato a New York sarebbe stata perfetta per modelli musulmani, con cappelli, colli alti e lunghe maniche come trend della stagione. Uno degli ospiti dell’evento, Ismail Sayeed, un blogger ed artista nato ad Harlem e noto con il soprannome di The Calligrafist, fa notare come molti dei trend musulmani siano di moda anche per gli occidentali e come la moda possa essere tale anche con modelli coperti che giocano con una contrapposizione stuzzicante di veli.
La proprietaria di Rare, Fatima Sheikh, ad esempio, sottolinea come al suo primo incontro con Nailah non abbia notato affatto il suo hijab. Sostenendo da sempre, nel suo salone di bellezza dai vetri scuri, le donne musulmane a godere della loro privacy – essendo lei stessa musulmana praticante – è stata da subito attratta dal progetto di Nailah, mettendo così a disposizione il suo salone di bellezza per l’evento. La sua idea di femminilità e mistero, non legata alla nudità, l’ha subito trovata in accordo, tanto da appoggiare pienamente l’iniziativa.
E, a giudicare dall’eclettica folla che si è radunata per l’evento di apertura, non è stata l’unica a sostenerla: curiosi, bloggers e appassionati di moda, musulmani e non, hanno riempito la sala. Mohammed Shariff, avvocato nel campo della moda e dello spettacolo nato a New York, musulmano, era lì per sostenere il proprio credo ma anche per un’interessante opportunità di affari. L’impiego di modelle e modelli che non siano costretti a denudarsi apre le porte del settore anche ai musulmani.
Le questioni religiose e dottrinali restano comunque una questione spinosa per Nailah, che inevitabilmente si trova ad essere “rappresentante” del mondo musulmano nella moda. Per questo, afferma, di aver consultato due imam che si sono mostrati comprensivi e benevoli nei confronti del suo progetto. Ma calcare le maggiori passerelle newyorkesi ha i suoi problemi logistici da risolvere, come la promiscuità nel backstage e nei camerini. Per questo l’agenzia ha predisposto contratti dettagliati, onde evitare incomprensioni con gli organizzatori, e attrezzando camerini individuali per consentire a tutti gli stilisti di utilizzare senza disagi i modelli della sua agenzia. Ma resta da vedere se la frenesia del backstage di una sfilata tradizionale sosterrà tali nuove misure.
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