Largo a una nuova moda: la bellezza etica

È andata in scena ieri a Treviso una serata caratterizzata da imprenditorialità e sensibilità sociale. A sfilare gioielli, accessori e abiti disegnati da una serie di cooperative che operano nell'ambito del disagio

Foto dalla sfilata
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12 Giugno 2016 - 18.21


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Largo alla “bellezza etica”. È quella che è sfilata in passarella ieri sera. Una “serata particolare di moda”, mista a imprenditorialità e sensibilità sociale, nella suggestiva cornice di Villa Emo di Fanzolo in provincia di Treviso. Nel gioiello architettonico di Andrea Palladio è andata in scena “Altro modo, Altra moda”, una manifestazione di “eleganza e imprenditoria sociale” che ha visto sfilare gioielli, accessori e abiti disegnati da una serie di cooperative che operano nell’ambito del disagio, del reinserimento femminile e della disabilità.
La serata, configurata come creazione di un “network della bellezza etica”, è nata all’interno di un progetto sviluppato e sostenuto dalla Regione Veneto e da Unioncamere, per “permettere la creazione di rapporti di attenzione e di business, tra mondo delle cooperative sociali e imprese dal brand affermato nel settore della bellezza e dell’eleganza”, spiegano i promotori.

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L’iniziativa a Villa Emo si è aperta con un dibattito tra esponenti del mondo della moda, del tessile e della cooperazione, delle istituzioni (era presente Silvia Rizzotto, consigliere regionale e capogruppo della Lista Zaia in Regione), tutti concordi nel sottolineare come oggi più che mai le relazioni tra profit e no-profit possono essere di profondo e sostanziale interscambio. “Il dualismo tra profit e no profit ormai non è più attuale ed è superato nei fatti”, ha sottolineato Chiara Mio, docente di management all’Universita’ Ca Foscari di Venezia e presidente della Banca popolare Friul-Adria.

“Sono proprio i valori di riferimento ad essere ormai interconnessi: le cooperative hanno ormai il dovere di pensarsi come aziende, mentre le imprese profit sanno di doversi relazionare al mondo esprimendo valori etici riconosciuti e condivisibili da tutti i consumatori”, ha aggiunto Mio. Un’analisi confermata anche da Sara Bellini (direttore marketing gruppo moda Belmonte) e dagli operatori delle cooperative, come hanno confermato Paola Salmaso (della coop Esfaira che integra il profit nel non profit) e il veronese Matteo Zamboni, della cooperativa Quid, dove donne che vivono con vari tipi di fragilità operano e realizzano capi con tessuti di alta qualità: “Noi abbiamo deciso di affrontare i temi del design e della moda alzando al massimo il profilo della nostra produzione, coinvolgendo i migliori giovani creativi italiani ed europei per puntare ad un prodotto che sappia rimanere sul mercato fuoriuscendo dalla logica della pura solidarietà sociale”.

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Discorsi confermati dal defile’e che ha fatto vedere e toccare con mano l’alta qualità produttiva delle cooperative: 15 modelle hanno portato sulla scalinata palladiana le creazione delle coop sociali; ovvero: abiti classici, con profusione di seta per le occasioni da sera; tessuti freschi per il casual-chic; velluti e lino per le occasioni più spigliate; accessori indossabili di pelle e di legno, oppure di gioielleria alternativa o a telaio. E il pubblico ha applaudito, in modo “forte e partecipato”, sottolineano gli organizzatori dell’evento.

Soddisfazione forte anche per i protagonisti. Eloquenti in questo senso le partole di Annalisa Chiaranda, responsabile della cooperativa “Il Cerchio” dove operano donne della casa circondariale della Giudecca a Venezia, emozionatissima ha infatti affermato: “Quando noi portiamo i migliori tessuti in carcere, vediamo come si risveglia il senso della bellezza nelle donne che vivono in quella dimensione. Il bello crea positività. Stasera è un po’ triste non poter avere avuto qui tra noi le nostre ‘sarte’, ma è bellissimo vedere come il loro lavoro sia stato apprezzato e applaudito”.

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