Da decenni ormai la pubblicità delle sigarette non passa più sulle televisioni americare. Tanto che l’immagine del macho che interpretava Marlboro man, il cow boy tutto cuoio, sudore, barba appena accennata e immancabile sigaretta tra le labbra, è ormai sfocata nel ricordo dei giovani di tanti anni fa che, affascinati dal personaggio, fumavano forse nella speranza di somigliargli.
Ora le sigarette torneranno a comparire sui video, ma non certo per volontà o felicità dei produttori. Perchè le grandi compagnie dovranno sostenere economicamente – perché obbligate da sentenze di tribunali, non certo perché lo volessero – delle campagne che denuncino, soprattutto ai più giovani, i pericoli del fumo. Anche se alcuni esperti non sono molto ottimisti che il target delle campagne sarà veramente raggiunto. La fascia oraria in cui andranno in onda gli spot è stata identificata in quella della domenica sera, non necessariamente tra quelle di massimo audience. Essi dovranno fornire informazioni secche, precise e dal contenuto inequivocabile sui danni del fumo che – sarà questo il tema conduttore della campagna – ogni anno fa negli Stati Uniti più vittime di crimini violenti, Aids, incidenti stradali, droga.
Il fumo, quindi, è ancora la principale causa di morte in America ed il numero delle vittime che fa ogni anno viene stimato in 480 mila persone, anche se si tratta di un numero in lento, ma costante regresso. La presa di consapevolezza dei danni del fumo sta infatti inducendo un sempre maggior numero di persone a smettere e, parallelamente, chi non fuma a non cadere nel vizio. Nel 2016 il numero degli americani adulti dipendenti dalle sigarette era del 15 per cento, il più basso mai rilevato dalle agenzie che si occupano di problemi legati alla salute pubblica. L’importanza di tale dato è messo ancora di più in evidenza dal fatto che, a metà degli anni ’60, la percentule degli adulti che fumavano era del 42 pr cento del totale.
Un effetto della campagne contro il fumo che, negli anni, si sono fatte sempre più intense, ma anche del fatto che ormai la sigaretta è un vizio costoso, visto il lievitare del prezzo di ogni pacchetto, con l’aumento della tasse che gravano sulle compagnie produttrici.
Gli annunci cui i produttori sono stati costretti sono conseguenza di una causa intentata nel 1999 dal Dipartimento di giustizia dell’amministrazione Bill Clinton, mirata a recuperare alcuni dei miliardi di dollari spesi dal Governo per curare le vittime del fumo di sigaretta. In questo braccio di ferro, l’offensiva del Governo (quello di Clinton e di quelli successivi) ha avuto l’avallo della magistratura. Come accaduto nel 2006 quando un giudice federale sostenne che le compagnie produttrici ”hanno mentito, travisato e ingannato il pubblico americano” per quasi 50 anni circa gli effetti del fumo.
Ma, in base alla normativa vigente, i produttori non potevano essere obbligati a pagare per le cure prestate dal servizio sanitario nazionale, ma potevano certamente essere condannati a correggere i loro errori, sotto forma di pubblicità, sui loro siti web, sui pacchetti di sigarette e sugli scaffali dei negozi.
La campagna sarà sponsorizzata dalla casa madre di Philip Morris USA, il gruppo Altria, e da R.J. Reynolds Tobacco, una sussidiaria di British American Tobacco.
“Rimaniamo impegnati ad allineare le nostre pratiche commerciali con ciò che la società si aspetta da un’azienda responsabile. Ciò include la comunicazione trasparente degli effetti sulla salute dei nostri prodotti “, ha detto una dichiarazione rilasciata da Altria, che produce sigarette Marlboro.
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