“Una ‘violenza sottile ma non meno aggressiva’ di altre che si leggono ogni giorno sui giornali e sui social. Di cui nessuno parla, ma che condiziona pesantemente, e rischia sempre più di condizionare, non solo le famiglie ma la collettività nel nostro Paese. Si tratta della conciliazione tra lavoro e maternità, dei tempi della vita e della qualità dell’uno e dell’altro: che dimostrano il perdurare di una grande, colpevole rimozione da parte ancora di troppi contesti lavorativi e di troppi datori di lavoro, quella della maternità. Cosa che non fa porre mano a una seria, efficiente politica di sostegno alla conciliazione, che potrebbe passare in prima battuta per la creazione di nidi aziendali, merce rara nel Belpaese nell’anno 2018, quando cominciano a farsi sentire in maniera tangibile, non più soltanto sulle tabelle degli statistici, le ricadute del calo demografico”. Sono tanti i casi raccolti dallo Sportello disagio lavorativo e mobbing della Cisl Lazio, con delle costanti tra di essi e con l’inizio dei problemi, per le donne lavoratrici, proprio all’arrivo della prole. Spostamenti di mansioni, di sede, scrivanie sparite, posti occupati: con il loro strascico di denigrazioni tese a legittimare le – ufficialmente taciute – “sostituzioni per maternità”.
Michela (il suo, e i nomi che seguono, sono di fantasia) è rappresentante sindacale della Fisascat-Cisl e così sintetizza la sua esperienza: “Oggi essere mamma è più complicato: la liberalizzazione degli orari del lavoro e h24 rendono tutto più difficile, lavori la domenica, il giorno di festa, spesso torni a casa a tarda sera o esci la mattina all’alba, l’orario di lavoro per il giorno dopo spesso lo ricevi tramite un sms all’ultimo momento e poi ci domandiamo perché in Italia non si fanno figli o perché aumentano le dimissioni delle mamme. Ma quando veramente si cominceranno a creare le condizioni per rendere veramente possibile la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro? Spesso sul lavoro nascono dei problemi solo perché sei donna, in special modo se sei mamma, per questo motivo puoi diventare una indesiderata ti si fa capire a chiare note: “Perché non rinunci al lavoro?”. Risponderesti che lo faresti volentieri, ma il bilancio familiare è quello che è per cui resisti, anche se sei posta sotto pressione, sei invitata a dimetterti, sei indesiderata, sei esclusa tuo malgrado, sei umiliata, sei depersonalizzata, sei calpestata nella dignità; alla fine non resisti più ed esplodi: tachicardia, depressione e crisi di panico. Tutto questo accade nel nostro mondo, dove di facciata esiste la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e dove non deve esistere lo stress lavoro correlato. Carissime – conclude Michela – se è questo quello che volevamo quando lottavamo per i nostri diritti penso che abbiamo fallito”.
Paola ha 25 anni ed è impiegata in un ufficio di promozione finanziaria: “Sono stata assunta nel 2015 con regolare contratto di apprendista impiegata. Con il mio datore ho sempre avuto (o almeno credo) un rapporto di stima reciproca e fiducia. Quando entrai in maternità, ormai prossima il parto, nacque il bisogno per il mio datore di trovare una semplice ‘sostituzione maternità part time’. Al mio rientro, però, mi sentii dire che per me prevedeva “il rientro più tardi”. Io accettai anche perché mi faceva piacere rimanere con mio figlio ancora un po’. Ma quando finalmente sono rientrata ho avuto una brutta sorpresa: la “sostituzione maternità” e a me spettava un altro impiego e la riduzione dell’orario lavorativo”.
Erica al rientro dalla maternità previsto per dicembre, il 4 esattamente, non ha trovato computer, scrivania e sedia e “non si sapeva ancora in quale ufficio sarei dovuta stare; inoltre nessuno mi aveva ancora messo a conoscenza circa le mie nuove mansioni. Ho considerato che non sapevano dove posizionarmi fisicamente e neanche cosa farmi fare, ho pensato tanto vale che mi godo mio figlio, pur avendolo già iscritto al nido in previsione del rientro”. Sostanzialmente si trattava di una riduzione dell’orario di lavoro, motivo “scarso lavoro, la tua professionalità non serve più”, queste sono state le giustificazioni.
Questa la storia di Alessandra, anch’essa raccontata allo sportello Cisl: “Ho un bimbo piccolo che porto al nido, la notte non dormo quasi più…inoltre mi hanno negato di poter usufruire della pausa pranzo per proseguire il lavoro e fare le 6 ore di allattamento continuate 8.30-14.30 costringendomi ad andare a casa e a tornare poi le 2 ore pomeridiane per completare le 6 ore. Questo mi costringe a tenere il bimbo al nido fino alle 17.00 e a spendere molti soldi in più che non ho”.
Ilaria ha ripreso a lavorare a fine gennaio con part time post maternità (8.30-13.30) in un’azienda di 30 dipendenti del settore commercio. Ma “la direzione, fingendo di aver problemi ad accettare il part time nella mia postazione precedente, mi ha inviato una lettera per raccomandata con scritto che mi sposteranno al centralino a svolgere mansioni equivalenti a quelle svolte in precedenza (falso), perciò stanno mentendo sul lavoro da me svolto per ben 6 anni. Al centralino hanno sempre lavorato due persone a tempo pieno, e un part time creerebbe problemi a tutta l’azienda, mentre nel mio ufficio sarebbe più gestibile e limitato ad un ufficio. Altro dettaglio – prosegue Ilaria -, forse poco influente ai fini giuridici ma importantissimo per la mia vita, è che al centralino il mio unico collega sarebbe il mio compagno di vita, padre della mia bambina. Quindi ciò limiterebbe la nostra libertà personale per quanto riguarda le ferie e i permessi. Vorrei combattere per i miei diritti e quelli di tutte le madri, spero di averne la forza perché non intendo licenziarmi (chi assumerebbe una neomamma?)”. (ep)