Siamo tutti zona rossa. Nessuno si sentirà meglio, tutti sulla stessa barca. Se dobbiamo vogliamo essere un Paese unito e solidale questo è. Da Nord a Sud.
Le regole sono le stesse per tutti: si può uscire, fare la spesa, comprare le sigarette, andare in farmacia, a lavoro per chi lo possiede rispettando le distanze, mani lavate, pulire, correttezza, nessuno indietro, attenzione per i fragili: anziani, malati, immunodepressi, trapiantati, detenuti. Non sono la nostra carne da cannone, l’esperimento sbagliato, l’anello debole da sacrificare. Siamo noi. Tutti noi. E’ una limitazione di libertà? Sì lo è, ma al netto dei saperi della scienza non abbiamo altro modello che le misure draconiane della Cina, unico esempio che possediamo al momento. Meno chiacchiere, meno cazzari, attenersi. Da stasera remiamo tutti dalla stessa parte: ridurre il contagio, rallentarlo ove possibile, dare modo al Sistema Sanitario nazionale di riorganizzarsi per curarci, tutti curarci tutti, moltiplicare i presidi, allargare i reparti di rianimazione, ingressi di nuovi infermieri e medici, recupero di esperienze di dottori pensionati di nuovo sul fronte, ragionare bene, subito sull’indulto.
Noi, che non lavoriamo negli ospedali, nelle prigioni, nei presidi, nelle aree a margine possiamo solo migliorare la nostra esperienza, il nostro approccio: nessuno sgarro, nessuna festicciola, stare a casa. E semmai aiutare i vecchi del condominio, leggere libri anche per gli altri, postare musica, regalare un pochino di bellezza, strappare un sorriso ai bambini, fare la spesa per chi ha bisogno, portare un cane a spasso per chi non può.
Questo ci rende un Paese. A ognuno la sua parte.
Forza e coraggio. Questa partita va vinta tutti insieme.
Mai soli.
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